Stepchild adoption, cos’è? Unioni civili. Dopo anni, e governi, di discussione improduttiva in tema dei diritti civili, con i fallimentari tentativi di normare giuridicamente le unioni civili con istituti conosciuti come PACS e DICO, il Parlamento italiano potrebbe ora arrivare a una legislazione ampia della questione, che ricomprende appunto anche il tema scottante della stepchild adoption e non si limiti alla normazione delle unioni nate fuori dal matrimonio. Matteo Renzi vuole una regolamentazione a 360 gradi e proprio per questa ragione non è disponibile a cedere alle pressioni della corrente cattolica del Partito democratico che chiede a gran voce lo stralcio della parte del testo che riguarda l’istituto delle adozioni. Il rischio di rottura nella maggioranza c’è, anche se il premier è stato chiaro: il governo non rientra in questa discussione. Il Parlamento farà la sua strada. Il voto è segreto e l’esito dell’iter parlamentare incerto. Ma cosa si intende con il termine stepchild adoption? La traduzione letterale del concetto è adozione del figliastro. Con questo termine ci si riferisce al meccanismo giuridico con la quale un membro di una coppia può essere riconosciuto a livello giuridico come genitore del figlio, sia esso adottivo oppure naturale, dell’altro membro. Il punto di scontro tra le diverse posizioni nasce dalla norma del ddl Cirinnà che permette questo meccanismo di riconoscimento non solo alle coppie eterosessuali, ma anche a quelle omosessuali. Mai l’Italia era stata così vicina ad una regolamentazione della questione in maniera così ampia. Questo nonostante la stepchild adoption non sia una particolare novità per gli ordinamenti giuridici occidentali: infatti anche in Italia questo istituto esiste dal 1983 (legge 184 del 1983) e da la possibilità di adottare il figlio del coniuge con il consenso del genitore naturale e solo nel caso in cui questo corrisponda all’interesse effettivo del figlio, che è tenuto a dare o negare il proprio consenso o esprimere comunque un’opinione a riguardo (vale il discrimine del compimento del quattordicesimo anno di età) . Quello che rappresenta una novità, per molti inaccettabile, è la previsione di tale istituto anche per le coppie omosessuali. Ad oggi la possibilità è infatti prevista solo per le coppie eterosessuali, che dal 2007 non devono essere obbligatoriamente sposate per poter accedere alla stepchild adoption. In ogni caso, il Tribunale dei minori è tenuto, a titolo di garanzia, ad effettuare un attento screening della situazione affettiva, educativa e dell’ambiente familiare (anche a livello sociale ed economico) per dare il via libera allo stepchild adoption. La normativa in discussione in Parlamento recepirebbe un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sia a livello europeo che a livello nazionale: già nel 2014 il Tribunale per i minorenni della capitale sancì infatti il divieto di utilizzare l’orientamento sessuale dei due membri della coppia come elemento ostativo all’avvio della pratica di adozione. All’estero le coppie omosessuali possono accedere all’istituto della stepchild adoption, così come regolamentato nei rispettivi ordinamenti, nei seguenti paesi: Argentina, Belgio, Brasile, Canada, Nuova Zelanda, Olanda, UK, Spagna, Sudafrica, Svezia, Stati Uniti (non in tutti gli stati dell’unione), Colombia. Altri paesi prevedono istituti simili, con alcune differenze. Dovesse passare il progetto Cirinnà, un membro di una coppia avrebbe la facoltà di accedere all’istituto dell’adozione del figlio biologico del partner, previo consenso del minore e previo via libera del tribunale, tramite la procedura sopracitata. La novità sostanziale, combattuta dai comitati per la famiglia tradizionale e dalla maggioranza delle opposizioni di centro-destra, sarebbe quindi quella di evitare il divieto di fruire di tale istituto da parte delle coppie same-sex. Proprio di questo tratta il dibattuto articolo 5 del disegno di legge. Il testo dovrebbe approdare nell’aula parlamentare il 28 gennaio. Già convocato dalle opposizioni un Family Day di protesta il 30 gennaio che però non sembra far desistere il primo ministro dalla sua intenzione di tirare dritto per la propria strada. Nel frattempo però la diplomazia parlamentare è freneticamente al lavoro per trovare un’intesa di massima che scongiuri uno scontro totale su un tema si delicato ma che non rappresenta certo una priorità per l’attuale maggioranza. Da più parti si ventila la proposta di sostituire l’istituto dello stepchild adoption, così come previsto attualmente, con un più leggero affido speciale che produca i suoi effetti solo ed esclusivamente fino al compimento dei 18 anni da parte del figlio interessato. Con l’attuale previsione il figlio che viene adottato diventa figlio del membro sociale della coppia (ad esempio la compagna della mamma che l’ha partorito o adottato previamente) ma non viene a far parte della linea familiare: questo comporta che a livello giuridico non vengono riconosciuti all’adottato i legami di parentela con nonni o zii del genitore acquisito tramite l’istituto dello stepchild. Lo scontro è particolarmente acceso non solo tra i banchi parlamentari, ma anche all’interno della società civile, con attori impegnati in entrambi gli schieramenti. Particolarmente attivo è il fronte gay, che vive come una vera e propria discriminazione l’attuale situazione in tema di diritti civili esistente in Italia. Sul fronte opposto, il mondo cattolico vuole invece evitare istituti che, a loro avviso, minino la cellula fondamentale della società rappresentata dalla famiglia tradizionale, intesa come frutto del matrimonio uomo-donna.