“Punta tutto sul referendum perché sa che le amministrative hanno molte probabilità di andare male. Ma sottovaluta il quadro economico e le aree di sofferenza sociale diffuse nel paese. E su Repubblica potrebbe aver commesso un errore”. Il 2016 di Renzi non promette bene secondo Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità e deputato Ds. 



Facciamo il giro delle città principali. Roma?
E’ persa.

Napoli?
Il centrosinistra è molto diviso. Sia de Magistris che Lettieri sembrano meglio posizionati dell’eventuale Bassolino o rivale di Bassolino. 

Torino?
La situazione è insidiosa. L’ex sindacalista Fiom Giorgio Airaudo è in grado di sottrarre a Fassino il 5 o 6% dei voti mandandolo al ballottaggio con Chiara Appendino (M5s, ndr). La grillina è un’avversaria di tutto rispetto, tanto che l’unica cosa negativa che Fassino è riuscito a dire di lei è che è una secchiona. Per un politico, è un complimento. 



Cosa farà Airaudo?
Troverà una motivazione torinese per criticare Fassino, in realtà la ragione fondamentale della sua candidatura è solo di bandiera e sta nella scelta ultra-radicale dell’ex partito di Sel e del gruppo ex Pd, che invece di accogliere l’appello di Pisapia, Zedda e Doria hanno scelto la strada della contrapposizione totale. Una via che li condurrà o in M5s o nella solitudine.

Milano?
La Balzani si presenta bene: donna di carattere, capace, colta, espressione del ceto medio-alto milanese, con ottime capacità di relazioni. Non me ne voglia, ma è un profilo un po’ morattiano — nel senso di Letizia Moratti, s’intende. Sala è sicuramente più forte, ma appare come un acquisto. 



Sarà per questo che dice continuamente di essere di sinistra?
Sì e sta commettendo un errore. Essere di sinistra, se lo dice chi è di sinistra, in generale non giova in elezioni in cui devi espandere i voti. Ma non giova soprattutto a uno che di sinistra non è… (ride, ndr). Risulta poco convincente per chi è di sinistra e irritante per quelli che non lo sono e penserebbero di votarti.

Forza Italia è allo sbando e Berlusconi manda segnali contraddittori. Strano è che Salvini non ne approfitti, per esempio sulla scelta del candidato. Perché?
Salvini ha raschiato il fondo del barile. Io non lo amo per nulla, ma gli do atto di aver preso un partito morente e di essere riuscito a raddoppiarne i voti, togliendogli il dato etnico e collocandolo limpidamente sulla posizione più di destra che c’è. In questo modo però è diventato un capo-partito e non il perno di un’alleanza. Il punto è che FI comprende un’area centrista e moderata che non intende votarlo. Dunque il vero dramma di FI riguarda oggi più lui che Berlusconi.

Paolo Becchi ha lasciato ufficialmente M5s perché — ha detto — è una stampella di Renzi. Il voto sulla Consulta e l’ampliamento dei diritti proposta da Renzi, cui M5s è favorevole, direbbero che ha ragione. Cosa sta succedendo?

Un fenomeno che dopo tutto è naturale: la parlamentarizzazione di M5s. La vera novità del movimento di Grillo, la fusione di rete e piazza, è sparita. Gli eletti stanno crescendo, vanno in tv preparati, ma sul territorio M5s sta diventando come gli altri, cioè una somma di partitini personali. E poi c’è l’appannamento della leadership. Grillo si è stancato, Casaleggio regge se ha davanti un leader altrimenti è solo un Richelieu piccolo piccolo piccolo, che a differenza di quello vero non può fare a meno del re. 

I sondaggi però danno M5s in crescita.
Io non lo credo. Secondo me M5s è arrivato al culmine del suo potenziale e di fronte alla scelta se essere una forza di governo è come l’asino di Buridano, che muore di fame perché non sa da quale secchio mangiare. Ho sempre avuto il sospetto che M5s non abbia alcuna voglia di governare. Anche quando dichiara future prese del potere, teme come non mai teme questa prospettiva perché ne conosce la durezza. 

Dunque alle amministrative non esporrà mai un Di Maio o un Di Battista.
No, perché in un anno il palloncino potrebbe sgonfiarsi. Per valutare un sindaco, lo sa il povero Marino, non ci vogliono 5 anni, bastano 5 giorni. E andare alla politiche con un flop a Roma e Napoli sarebbe mortale. Le dirò di più, io insisto nel pensare che i grillini non vogliano neppure vincere le politiche. Un’eventualità che si può verificare solo in caso di crollo strutturale del renzismo. 

A proposito di Renzi. Il ritorno in campo sui nuovi diritti non è un segno di difficoltà politica, soprattutto davanti alla ripresa economica che manca?
Premetto che come uomo di sinistra sono d’accordo con i diritti che Renzi vuole ampliare. Il problema però è che di solito la sinistra in difficoltà svolta verso i diritti individuali quando non riesce ad affermare i diritti sociali. Vedo una grave difficoltà sociale dovuta alla ripresa debole. Il paese ha la percezione di non essere più come la Grecia, ma non ha la percezione del successo, nonostante Renzi dica ogni giorno che l’Italia è ripartita. Le aree di sofferenza sono ancora troppo estese. 

In questo contesto, le adozioni gay…
…consentono a Renzi di dire agli oppositori del suo campo: come potete dire che sono di destra? Il premier dovrebbe però ricordarsi di Zapatero, che costruì la sua notorietà più sui diritti civili che su quelli sociali. E ora dov’è?

Nella grave difficolta sociale non metterebbe anche il tema del risparmio?
Certo. Il crac delle quattro banche è stato un inciampo molto brutto che scaverà nel profondo. L’errore di Renzi non è stato nell’evento in sé, che non è addebitabile a lui, ma che nei primi giorni lui e la Boschi abbiano pensato di difendere più l’onorabilità dei rispettivi padri che parlare al cittadino offeso. Non si è visto l’uomo di Stato, quello che sa parlare al popolo anche a costo di apparire cinico con la propria famiglia.

Tutto questo cosa prepara?

Un anno complesso, in cui l’orientamento politico sarà un’alchimia assai difficile da decifrare. Vedo molto facilismo e sottovalutazione, sia da parte di Renzi che da parte dei suoi oppositori. Entrambi potrebbero essere indotti a credere che si combatta su alternative più immaginarie che reali. 

Renzi cosa deve temere di più?
La protesta sociale, non nelle vecchie forme ormai sepolte, ma in quella nuova di un malcontento diffuso, profondo, che può diventare fondamentalmente non voto e ingannare facilmente i sondaggi. 

Ci saranno sorprese, da qui al referendum di ottobre 2016?
Sa, in un anno può succedere di tutto, può perfino nascere un nuovo movimento politico. 

A cosa pensa?
A una versione 2016 della marcia dei 40mila, stavolta del ceto medio. Stanco della crisi e del populismo diffuso.

Le amministrative hanno buone probabilità di andare male per Renzi, lei dice. Ma avere dalla propria parte Repubblica con Calabresi alla direzione è un asso nella manica, no?
Diciamo che Mauro e Scalfari erano ossi duri, mentre Calabresi mi pare più duttile… Repubblica può dare un grosso vantaggio a Renzi se lo appoggia, ma ci sono due problemi. Uno riguarda Renzi: ogni volta che Repubblica ha tifato per un leader, questo ha perso.

E il secondo?
Il secondo riguarda Calabresi. Repubblica ha una sua caratteristica propria, che non consente a chi lo dirige di essere totalmente filo-renziano, né altro. Repubblica è sempre stata un partito a sé.

E questo “partito” non può essere il nuovo partito di Renzi?
Mi parrebbe un po’ ingiusto verso Repubblica, che è stata il Pci della fase di Berlinguer, è stata molto Achille Occhetto, molto Walter Veltroni, ma non è stata D’Alema. Il maggiore partito della sinistra ha avuto sempre in Repubblica un non-partito che costituiva in fondo la sua corazzata, con missili e fanteria, ma sempre dentro un quadro di libertà d’azione. E poteva capitare che come Repubblica portava in alto un leader, così lo affondava.

(Federico Ferraù)