Ma insomma a che gioco sta giocando Silvio Berlusconi? Se Grillo in questi giorni è stato apostrofato come “la stampella di Renzi”, cosa si dovrebbe dire del capo di Forza Italia che, smarrito tra le beghe di corte e apparentemente prono alle pressioni del partito di Mediaset, appare quasi il contraente di un nuovo Nazareno all’insegna del “non disturbare il manovratore”? 



Eppure la serie di errori inanellata da Renzi si presta e non poco ad una ripresa di iniziativa politica da parte del centrodestra. Dalle banche alle riforme istituzionali le azioni del governo risultano sbagliate o finte e meglio dei partiti di opposizione sembra averlo capito Luca Medici, in arte Checco Zalone. Zalone non sarà mai premier ma il suo Quo vado? è un vero e proprio manifesto politico per l’Italia liberale.



Basterebbe che il centrodestra lo esaminasse per bene e avrebbe bello e pronto il nuovo programma elettorale per i prossimi appuntamenti politici. Neanche Renato Brunetta avrebbe saputo descrivere in modo così elegante e dissacrante le inefficienze della pubblica amministrazione e il problema del “postofissismo”. Quo vado? non è un film “renziano”, che guarda con favore al Jobs Act, ma svela la bugia di una finta riforma, quella sugli enti locali voluta anche da Graziano Delrio, quando Checco, dopo un pellegrinare, torna nel suo ufficietto e rispondendo al telefono dice: “No, signora. Non è la provincia, questa è l’area vasta. — Che cambia? — Signora non cambia un c…”.



Quo vado? è un film profondamente di destra, una destra liberale e nazionale. Anzi nazional-popolare ma anche provinciale e quindi federalista. È nazional-popolare per quella nostalgia italica che si esprime nel vedere Albano e Romina in tivù cantare insieme a Sanremo. È nazionale quando Zalone difende con orgoglio il Made in Italy togliendo la scritta “cucina italiana” dal ristorante gestito dal norvegese che gli presenta la pasta scotta oppure quando vede il tricolore italiano nell’aurora boreale. È provinciale e federalista perché Zalone traduce il norvegese con il “me” tipicamente pugliese; ma Quo vado? ha anche due punte di “salvinismo”. La prima si può notare quando Zalone va a lavorare al centro d’accoglienza di Lampedusa e lascia entrare solo i profughi che sanno giocare a pallone. Un po’ come dire: “Tu hai una competenza, ci servi e quindi entri, gli altri restano fuori”. E poi, ovviamente, alla fine del film Zalone aiuta i più sfortunati “a casa loro” comprando il vaccino per tutti i bambini. Cosa c’è di più salviniano dell'”aiutiamoli a casa loro”?

Ma di tutto ciò a cui dà rappresentanza Checco non c’è traccia nelle azioni dei leader del centrodestra, che pur potendo contare ancora su consensi significativi evita di affrontare i nodi di un programma e di una leadership condivisa. Salvini stesso ostinandosi a tenere i centristi fuori dalla porta dell’alleanza agevola la strategia del Pd e del suo capo e, nonostante il prodigarsi di Toti ed altri dirigenti di Forza Italia, l’unità a destra appare ancora un miraggio. Senza parlare di tutti coloro che vorrebbero sostituire il marchio di FI con qualcosa di più competitivo.

Berlusconi tace. E il suo silenzio appare ormai complice. Meloni e Salvini strepitano. Ma con poco costrutto.

Resta solo Checco. Nazionale e popolare. Liberale e solidale. Straordinariamente umano.

Ecco, forse, all’elettore di centrodestra, per tornare a votare, basterebbe la promessa dell’attuazione di un programma liberale normale che renda il nostro Paese straordinario.