“Voler fare passare l’M5S come l’unico movimento democratico in Italia è solo una balla per gli allocchi. Nel movimento comanda solo ‘Casaleggio’, e se lui agisca da solo o se sia il factotum e il delegato di qualche altro potere è un grande mistero”. E’ la denuncia di Valentino Tavolazzi, il primo politico del Movimento 5 Stelle a essere cacciato da Grillo e uno dei fondatori di Democrazia in Movimento, un gruppo di fuoriusciti delusi dall’impostazione verticistica dell’M5S. Nei giorni scorsi alcuni quotidiani hanno pubblicato delle intercettazioni telefoniche che facevano nascere il sospetto che Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto (Napoli) ed esponente dell’M5S, fosse stata eletta grazie ai voti della Camorra. Ieri Grillo ha scritto un post sul suo blog per respingere ogni accusa.
Tavolazzi, che cosa ci dice la vicenda di Quarto sulla capacità dell’M5S di amministrare le realtà locali?
La capacità di gestione delle istituzioni da parte dei Cinque Stelle è pessima. La prova che hanno dato finora non è certamente all’altezza delle aspettative e soprattutto della dimensione di voto che hanno raccolto. Se devo dare un giudizio generale su come si sono dimostrati nell’amministrazione delle situazioni locali, tranne pochissime eccezioni, devo dire che i Cinque Stelle sono un fallimento.
Da dove si origina questo fallimento?
Nasce soprattutto dall’inesperienza e dalla scarsa capacità di essere operativi in tempi brevi. Per capire come funziona una macchina pubblica ci vogliono degli anni, e tutto questo tempo deve passare a danno dei cittadini, in modo che gli eletti possano essere in grado di svolgere un minimo di funzione collettiva e di bene pubblico. Gli altri partiti hanno avuto tempo, nei decenni scorsi, di fare una loro esperienza in trincea. L’M5S è arrivato comunque a dei livelli elettorali di consenso tali da permettergli l’accesso all’interno delle istituzioni, ma poi quando amministra dimostra tutta la sua impreparazione.
Se gli diamo tempo, i Cinque Stelle diventeranno preparati?
Può essere che ciò avvenga, a questo punto però si pone un problema di democrazia interna. Se i meccanismi di selezione nell’M5S non sono sufficientemente democratici, aperti alle capacità e alle competenze, mentre si avanza per appartenenza, per fedeltà e per sostegno alla “coda” del capo, è evidente che a quel punto anche con il tempo noi non avremo mai dei buoni amministratori.
Eppure Grillo si è sempre posto come l’unico difensore della democrazia. E’ veramente così?
No, sono tutte balle per gli allocchi, che servono a portare a casa voti e a convincere la gente, soprattutto i giovani, a votare M5S. Nell’esperienza che abbiamo fatto noi ma non solo, il movimento a tutt’oggi non ha fatto nessun passo avanti nella direzione della democrazia interna e della trasparenza. Rimane un movimento padronale, con due capi che comandano e decidono chi deve andare avanti e chi deve stare fermo.
Per molti italiani è arrivato il momento di una svolta radicale …
E’ pur vero che i partiti storici affiancano a una maggiore competenza anche molta corruzione. Però non mi sento di dire che la soluzione sia quella di mandare allo sbaraglio un movimento che poi non sa muovere le leve, e che avrà bisogno di anni per incominciare a comportarsi in modo positivo per il Paese. Si può quindi passare di male in peggio. Non è detto che un cambiamento radicale porti necessariamente a un miglioramento. L’esperienza cui abbiamo assistito a livello locale dimostra che ciò può anche non avvenire.
Per Grillo l’M5S è l’unico partito degli onesti. Come valuta questa narrazione?
E’ una visione manichea, o bianco o nero, ma nella realtà non può essere così. Non è vero che tutti gli altri sono corrotti, anche se molti lo sono, e non è vero che l’M5S sia onesto per principi e per cromosomi. Anche i Cinque Stelle possono essere intaccati dalla corruzione, che in quanto tale riguarda i singoli individui, e quindi ci possono essere mele marce ovunque. Dire che loro sono sani e gli altri sono marci non è un modo serio di fare politica. I Cinque Stelle sono sani fino a quando non viene fuori un episodio in cui si dimostra che sono marci.
E’ vero che chi teme di più una vittoria dell’M5S nel Comune di Roma è lo stesso Grillo?
E’ sicuramente vero che i capi dell’M5S hanno paura di vincere. Lo hanno dimostrato in tante occasioni, non vogliono fare i conti con la realtà amministrativa locale che è molto dura, molto impegnativa, e al cui interno è facile pestare delle cose maleodoranti. E’ evidente che più i Cinque Stelle stanno lontani da questi problemi, e più a lungo possono rimanere all’interno del tempio degli intoccabili. Se invece cominciano a misurarsi con i problemi quotidiani, sono necessarie competenza, studio, capacità di lavoro e soprattutto umiltà.
Il nome di Grillo è stato tolto dal simbolo dei Cinque Stelle. Il movimento si sta trasformando?
Più che togliere il nome dal simbolo, bisognerebbe togliere Beppe Grillo dal movimento. Nell’M5S oggi non esistono organismi interni. C’è “Casaloggia” che comanda e che agisce come si fa all’interno di una monarchia, non all’interno di una Repubblica democratica.
Chi c’è veramente dietro a Casaleggio?
Questo è un mistero. Se lui agisca da solo o se sia il factotum e il delegato di qualche potere è impossibile dirlo. Le mosse che ha fatto Casaleggio hanno certamente avuto successo sul piano elettorale. E’ riuscito ad aggregare una forte consistenza dell’elettorato italiano. Che cosa ne stia facendo di quella quota messa in frigorifero è un mistero.
In che senso parla di una quota messa in frigorifero?
L’M5S non aiuta a cambiare il Paese, perché all’interno delle istituzioni non assume grandi responsabilità. Governa qualche Comune, ma i Comuni sono poca cosa sul piano dei grandi poteri, e quindi a Casaleggio interessano poco. L’unica cosa certa è che il successo elettorale dell’M5S ha portato in dote a Casaleggio delle vagonate di milioni di euro. Grazie alla visibilità nazionale dell’M5S, attraverso il blog di Grillo passano milioni e milioni di click che sono milioni e milioni di euro.
(Pietro Vernizzi)