Che l’ipocrisia sia lo sport preferito in un paese come l’Italia di questi anni è cosa abbastanza nota. La7, intesa come rete televisiva, ha cominciato a mandare in onda 1992, cioè uno sceneggiato a puntate, cupissimo e torvo, non proprio fatto bene, che dovrebbe ricostruire la storia della fine della cosiddetta “prima repubblica”, mentre si aspetta sempre la nascita della seconda.



A presentare la serie che, probabilmente diventerà storia (cose da pazzi), c’era il “camaleontico” Enrico Mentana, con Vittorio Feltri, che fu amico del pool di Mani pulite, ma che divenne poi critico; Bobo Craxi, il figlio di Bettino, e niente meno che il grande playmaker dell’epoca, Antonio Di Pietro, il famoso “Tonino nazionale”, che qualcuno aveva scambiato per “L’uomo della Provvidenza”. Non mancava in collegamento da Bergamo il sindaco, Giorgio Gori, ex “big” delle televisioni di Mediaset, non proprio cresciuto secondo canoni politici.



Perché parliamo di ipocrisia italiana? Perché riassumere in una serie di sceneggiati televisivi quello che è stato un cambiamento epocale, che ha riguardato l’Italia in particolare ma che ha coinvolto gran parte del mondo, senza neppure inquadrarlo in un contesto storico complessivo è un tipico esempio di storia “fatta tant al tòc”, dove la verità resta e resterà sempre una chimera.

Strano ad esempio che nessuno si sia ricordato che si era usciti da una guerra fredda durata un quarantennio, dove l’Italia svolgeva una cerniera decisiva contro l’espansione dell’imperialismo sovietico. Dal loro “cielo”, Breznev, Andropov e Cernenko, per ricordare solo i tardobolscevici, ringrazieranno La7: loro lo dicevano che la classe politica occidentale, quella italiana poi, era sempre stata corrotta. Perbacco!



Strano, ad esempio che si sia appena sfiorato il fatto (nello sceneggiato non compare nemmeno) che la famosa inchiesta di Mani pulite e l’apertura della stagione di Tangentopoli ha cancellato tutta l’area democratica dell’Italia: cioè i partiti riformisti dalla Dc al Psi, al Psdi, al Pri, al Pli, mentre ha salvato (non c’erano prove?) i postcomunisti che ancora “odoravano” di rubli cambiati in dollari e l’estrema destra missina, che si approvvigionava, secondo alcuni da qualche altra parte, seppure in modo modesto. Così la politica è stata messa in soffitta e i grandi interessi, nazionali e internazionali, potevano avare gioco facile.

Infatti l’ipocrisia sorvola su alcuni fatti cosiddetti “secondari”, come la voglia di alcuni “dilettanti allo sbaraglio” italiani, pieni di soldi, che vogliono unificare il governo economico finanziario con quello politico. Ci furono tentativi che non andarono in porto e il vincitore finale della partita, per un tempo limitato, fu talmente preso a curare i suoi affari che si dimenticò completamente della politica.

Strano, infine, che nell’ipocrisia dilagante si sia completamente dimenticato il contesto: ossia che l’Italia, da un punto di vista geopolitico, cominciava a contare poco e quindi si poteva passare alla sua liquidazione progressiva di grande potenza industriale ed economica. 

Che coincidenza! Proprio nel 1992 parte il nuovo regolamento della banca che fa tutto! Che coincidenza che sempre nel 1992 cominci la svendita progressiva dell’industria pubblica italiana, a prezzi di realizzo, e con una larga percentuale (per il “lavoro fatto”) alle banche anglosassoni!

E mentre l’Italia correva, con i postcomunisti e i postfascisti, verso il neoliberismo classico, ancora più classico della “scuola classica”, mentre la finanza dilagava, anche in Italia attraverso la nuova tecnocrazia sorretta dai “panchinari” della vecchia politica, i numeri italiani cominciavano tutti a volgere al peggio.

Tutto questo interessa poco, evidentemente.

Il fatto vero è che il sistema politico italiano, fondato sui partiti (che ora non esistono più), si alimentava in un modo che tutti sapevano illegale e che doveva essere riformato. Ma giudicare questo sistema come un sistema basato sul crimine è solo una bufala che può essere venduta appunto al mercato degli ipocriti e dei cretini.

Il sistema doveva essere riformato e con la necessaria accortezza. Con la scomparsa del comunismo mondiale, si poteva fare con passi ben misurati. Il problema è che una riforma dell’Italia dei partiti, in modo più riformista e democratico, avrebbe reso ancora minore il peso dei grandi gruppi industriali privati e delle corporazioni che l’Italia dei partiti aveva per lo meno contenuto nel momento delicato della guerra fredda.

Si arrivò invece, per eliminare una classe politica, a unirsi insieme alla grande destabilizzazione dell’Italia che si voleva all’estero, in diverse centrali estere, e che si creava in Italia con tutti i poteri anarchici che cercavano spazio e potere, come in una nuova società feudale.

Il fatto strano è che quello che si percepiva allora non è stato neppure indagato sufficientemente, non si è fatta neppure una commissione d’inchiesta. E nello stesso tempo si mettevano in galera persone che poi sarebbero state assolte, si assisteva a disgrazie personali, a suicidi e anche a riabilitazioni, naturalmente postume.

Uno scempio che alla fine ha rovinato l’Italia, lasciando il Paese in mano a “seconde file”, a sprovveduti, a improvvisatori, alimentando una cultura del sospetto e un giustizialismo che oggi è cultura vincente.

Il colmo di tutto è che i due imputati maggiori di quella stagione siano stati Craxi e Andreotti. Il primo è morto da “latitante” per l’ordine giudiziario, ma con l’offerta di un funerale di Stato da parte della presidenza del Consiglio. Il secondo è morto nel suo letto, dopo essere uscito da una serie di processi lunghissimi che lo hanno dichiarato innocente, ma lo hanno tolto dalla politica.

La verità di tutta quella storia un giorno salterà fuori, come al solito tardi e purtroppo l’Italia conterà ancora di meno, anche per questo storici da bar sport. Nel frattempo, l’ipocrisia continua a dilagare e Di Pietro non ha ancora imparato l’analisi logica.