Nella puntata di questa mattina Studio24 su RaiNews il referendum costituzionale è stato il teatro, ovviamente, delle discussioni: il giorno dopo la Direzione Pd, lo scontro nella maggioranza riflette un problema politico generale. Da oltre 6 mesi non sembra di andare oltre, nel panorama politico, alle discussioni sul voto del 4 dicembre 2016: il Paese ha bisogno di andare avanti, si è detto anche questa mattina nel dibattito tra Pippo Civati e il viceministro delle Infrastrutture, Riccardo Nencini. Ma è un punto quello discusso che più di tutti sta ancora ingolfando il Parlamento: è l’Italicum, dalla minoranza dem posta come “ricatto” per il No al referendum 4 dicembre. Dunque, si cambia o rimane come tale? Dopo l’apertura di Renzi alla minoranza, non presa esattamente come positiva dagli stessi Speranza e Bersani, Nencini interviene (nonostante sia del Psi ma comunque nella maggioranza di governo): «le discussioni sulle modifiche alla legge elettorale hanno senso farle e bisognerà farle prima del voto referendario. Ma le modifiche non si ha il tempo ne l’opportunità ora di farle prima del 4 dicembre, dunque andranno fatte nel 2017». Discussioni prima e modifiche poi: Renzi porta avanti questa proposta, la minoranza l’accetta o strappa definitivamente?
Non pare per nulla risolta la frattura intera al Pd rispetto al Referendum Costituzionale del prossimo 4 dicembre 2016: il voto sulla riforma collegata alla presenza dell’Italicum come legge vigente e approvata sta generando ancora guai interni al centrosinistra. La direzione di ieri ha visto il voto finale con il dileguarsi della minoranza che non ha voluto votare la proposta di Renzi di cambiare le carte della legge elettorale, considerate troppo insufficienti per un accordo. La minoranza però questa mattina prova a ricucire un minimo lo strappo, con Roberto Speranza che rilancia “qualsiasi sia l’esito del referendum, lavorerò con tutte le mie energie per tenere unito il Pd”, sono le parole dette a Omnibus, La7, questa mattina. Non tace neanche PierLuigi Bersani che in Parlamento afferma come il Pd sia casa sua e che non esiste alcuna scissione: «Non è mai esistito e non esiste e non può esistere alcun vincolo di partito sulle riforme costituzionali». La commissione Guerini per discutere di modifiche sull’Italicum resta però “un’illusione, difficile che cambi qualcosa, anche se una commissione non si nega a nessuno”. E Renzi in tutto questo? «Minoranza Pd? Parliamo di cose serie suvvia…». Ecco, lo strappo non è per nulla ricucito.
Matteo Renzi e il Partito Democratico: giornata campale ieri sul referendum costituzionale che ha tenuto banco per tutta la Direzione Pd fumante per gli scontri e le possibili aperture tra la segreteria e la minoranza di Bersani e Speranza. Spinta verso la scissione? Non questa volta: «Provo a offrire una soluzione, nel rispetto di tutti. Io ho il compito politico di affrontare il tema del cosiddetto combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale. Essendo così importante la riforma costituzionale mio compito è cercare ulteriormente le ragioni di un punto di accordo. Se ognuno immagina di usare la legge elettorale come alibi, lo smontiamo, per non perdere l’occasione della riforma costituzionale». Parole importanti del Premier-segretario che apre dunque un piccolo spiraglio verso la minoranza del partito: ma la minoranza come ha reagito? Cuperlo si è detto disposto a cambiare l’Italicum secondo la disponibilità di Renzi, ma va fatto con primaria importanza e in tempi stretti, altrimenti “voto No al referendum e mi dimetto da deputato il giorno stesso”.
Clima dunque non esattamente dei più semplici in casa dem: ma a livello pratico, quali sono quei punti che la minoranza intende cambiare dall’impianto di riforme del prossimo referendum? «Svolta nelle priorità sociali del governo e un atto concreto sulle regole: elezione diretta dei senatori e nuova legge elettorale che garantisca rappresentanza, collegi e un premio per la governabilità tale da non farci uscire da una repubblica parlamentare», ha ribadito ancora ieri Gianni Cuperlo. Ecco la risposta di Renzi, che prova ad aprire su tre punti cardine: «Noi pensiamo che il Pd possa discutere sui tre punti fondamentali che sono: ballottaggio sì o no, premio alla lista o coalizione, modo in cui si scelgono i deputati ovvero, collegi, liste bloccate o preferenze. Propongo che vi siano tempi certi: non possiamo farlo in campagna referendaria ma l’impegno è iscriverlo in discussione nelle commissioni competenti nelle due settimane immediatamente successive». Traduciamo? Renzi vuole cambiare a referendum fatto, la minoranza prima del 4 dicembre: l’accordo non si prospetta esattamente dei più semplici… (Niccolò Magnani)