In un’intervista a Radio Campus, sul referendum costituzionale interviene anche un esponente politico che ha fatto la storia della Repubblica negli ultimi 40 anni, creando una spaccatura interna alla sinistra con la sua Rifondazione Comunista che ha portato fino alla nascita del Pd, data la crisi di Margherita e Ds. Fausto Bertinotti, attento osservatore, ha voluto dire la sua sul voto del 4 dicembre 2016, e non è certo andati giù leggero: «la costituzione negli ultimi 25 anni è stata affossata e questa riforma sarebbe il compimento di un ciclo. Con questo referendum si vorrebbe concentrare nelle mani di un nuovo principe il potere decisionale, smontando definitivamente la democrazia». Secondo Bertinotti ci vorrebbe una sorta di contro-riforma, «io penso che ci sarebbe bisogno di ricostruire l’antico principe, che è il popolo, che ormai non conta quasi più niente. La riforma è una tessera del mosaico degli ultimi anni, per questo sono contrario», conclude l’ex leader di Rifondazione Comunista.



Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 è in una sorta di nuvola assai oscura: la battaglia tra Sì e No ormai sta diventando a livelli di “stallo” politico assimilabile al periodo in Inghilterra pre-Brexit. I cittadini si stancheranno del continuo discutere e dibattere del referendum prima delle urne? Questa domanda la lasciamo a voi, ma proviamo ad approfondirne un’altra, più politica e tecnica: il caso del giorno è certamente la riunione per ribadire e rilanciare la campagna elettorale per il No tenuta da Massimo D’Alema. Distensione verso Renzi e verso l’unità del Pd? Manco per l’idea, con il compianto disposto referendum-Italicum che viene bocciato da ”Massimino” in maniera assai poco distensiva… «C’è un clima di paura e intimidazione” avvertito da chi vuole votare ‘No. Per il ‘Sì’ c’è uno schieramento abbastanza vasto, minaccioso, che lancia insulti che non dovrebbero appartenere al confronto cui siamo chiamati, alimentando un clima di paura e intimidazione da far sentire in colpa chi è per il ‘No’ come se portasse il Paese verso il baratro». Secondo D’Alema c’è addirittura un blocco di potere che comprende buona parte del sistema di informazione: con lui ieri anche uno schieramento assai vasto, da Forza Italia fino a Gaetano Quagliariello, dalla Lega Nord fino a Stefano Rodotà, per arrivare anche Gianfranco Fini e Pippo Civati. Insomma, l’intero arco politico, esclusi l’M5s – assai contro Renzi e anche loro per il No – e la maggioranza del Pd renziana. L’attacco di D’Alema ha fatto breccia, con il Premier che ha raccolto il guanto della sfida e medita la “vendetta” nei prossimi appuntamenti elettorali. Sempre più solo e accerchiato, il premier si vede ora “costretto”, come ha fatto lui stesso per mesi, a rilanciare il voto con una forma di contrasto alle accuse ricevute. Risultato? Si rischia ancora di non andare a parlare dei contenuti, assai vari, della riforma Boschi. Mentre i sostenitori del No fanno leva sulla bocciatura del testo alle urne, rifare l’Italicum e andare al voto, Renzi spinge ovviamente per il contrario, e intanto il Parlamento si ferma. Ad essere onesti, “quel blocco di potere intimidatorio” del Sì non sembra primeggiare in maniera così netta come viene affermato dalla “gioiosa macchina da guerra” ieri a Roma: la guerra è sul bicameralismo perfetto, a livello ufficiale, ma a livello ufficioso forse “lo spettro” presente si chiama elezione… (Niccolò Magnani)

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