“Ciò che manca al governo Renzi è la capacità di affrontare il vero tema che è all’ordine del giorno in Europa, cioè la revisione dei trattati dell’Unione Europea. La questione è un po’ più importante che non il rispetto o meno del Fiscal Compact”. E’ l’osservazione di Rino Formica, ex ministro del Lavoro e per due volte ministro delle Finanze. Mentre a proposito della cena di Renzi alla Casa Bianca prevista per martedì, Formica osserva: “L’invito è un’indennità di consolazione data a Renzi in quanto l’Italia è rimasta l’unico Paese dell’Unione Europea che ha sostenuto le tesi americane per quanto riguarda il Ttip”.
Con la legge di bilancio 2017 Renzi non rispetterà le indicazioni dell’Unione Europea. Il motivo è che non può o non vuole?
Questo lo dovrebbe chiedere a lui, e la ragione è semplice. Noi ci troviamo di fronte a dei personaggi che non sono sinceri, e che quindi dall’oggi al domani cambiano le carte in tavola. Prevedere il loro comportamento è un po’ come indovinare i numeri che usciranno al lotto. Quando parlo di debolezza e di scarsa serietà del governo, non sollevo obiezioni sul rispetto o meno delle regole di bilancio dell’Unione Europea.
Qual è allora il vero problema?
Ciò che manca a questo governo è la capacità di affrontare il tema che è all’ordine del giorno dell’Ue, cioè la revisione dei trattati. Ogni Paese deve arrivarci preparato su quello che vuole, cioè sul punto di sintesi tra le proprie esigenze e quelle degli altri Paesi, in modo da giungere a una più alta unità rispetto alla precarietà attuale. A mancare è una discussione su questo tema. La revisione dei trattati è urgente per definire come risolvere i problemi creati dalla Brexit.
Mattarella sembra molto preoccupato per la legge di bilancio. Secondo lei perché?
La linea governativa è fortemente rischiosa. Una parte essenziale della copertura per le nuove spese di tenuta sociale e per alzare il tasso di gradimento del governo è garantita da un’ipotetica maggiore entrata dal recupero delle evasioni fiscali pari a 8,5 miliardi. Questo è un punto di debolezza, di precarietà e di incertezza assoluto. Le maggiori entrate non sono legate a un parametro di sviluppo o di crescita, bensì al fatto di poter rastrellare 8,5 miliardi da quanto non è emerso in passato: si tratta di un punto interrogativo enorme.
Altri 15,5 miliardi servono per bloccare l’aumento dell’Iva. E le misure per la crescita?
Anche in questo caso il vero problema è che il rinvio dell’aumento dell’Iva non è coperto da entrate strutturali bensì contingenti. Siccome il biennio in questione è quello 2017-2018, spostare l’intervento di carattere strutturale al 2018 è indice del fatto che c’è una difficoltà nel trovare le risorse. Chi salirà al potere nel 2018, sia l’attuale governo o un altro esecutivo, si troverà a dover fronteggiare di nuovo la mancata applicazione dell’aumento delle aliquote Iva.
Anche per il 2017 però le risorse non sono ancora chiare.
Proprio così. Lo sforamento del rapporto deficit/Pil dal 2,2% al 2,4% implica il fatto che mancano 3 miliardi. Per coprirli si pensa di tagliare almeno un miliardo di euro sulla sanità, attraverso la reintroduzione di nuovi ticket e la sospensione dell’assunzione di nuovo personale medico. Nessuno dirà nulla perché ci sono interventi sulle pensioni, sia pure marginali, nonché misure a favore della tenuta sociale o per incentivare la crescita. Si tratta però di capire quale sia la strategia generale che ha il governo nello stabilire le priorità.
In che senso?
Il punto è se la priorità è il fatto che abbiamo il referendum, oppure una valutazione degli interventi sulla base di bisogni della società così da dare risposte alle aree più deboli.
Martedì Renzi sarà a cena alla Casa Bianca. Barack Obama gli vuole tirare la volata in vista del referendum?
No. La cena alla Casa Bianca è un’indennità di consolazione data a Renzi in quanto l’Italia è rimasta l’unico Paese dell’Unione Europea che ha sostenuto le tesi americane per quanto riguarda il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip). Francia e Germania hanno detto no, la Gran Bretagna è rimasta fuori, mentre l’Italia è stato l’unico Paese a essersi opposto alla rottura delle trattative.
(Pietro Vernizzi)