Il ritorno in campo (ovvero) in video per Silvio Berlusconi: sul referendum costituzionale interviene il leader di Forza Italia che in questo modo tornata in pubblico dopo la lunga assenza post intervento al cuore. Un intervento deciso che verrà fatto con una lunga intervista tra pochi minuti al Tg5 (con anticipazioni di Adnkronos): davanti al direttore Clemente J. Mimun, il referendum del 4 dicembre diviene il terreno di nuova battaglia per il Cavaliere, durissimo contro Renzi e la riforma che in parte ha anche contribuito a scrivere. «Un forte, deciso e responsabile ‘No’ a questa riforma che favorirebbe una deriva autoritaria davvero con il rischio di un uomo solo al comando. Il contrario della democrazia». Mal scritta, pericolosa e autoritaria: i termini usati da Berlusconi contro la riforma costituzionale sono durissimi e puntano a destabilizzare un flebile e possibile accorso tra moderati e Pd. «Il referendum è pericoloso perché potrebbe consegnare a un solo uomo e a un solo partito l’Italia e gli italiani». Il ritorno in campo è servito…



Che entrambi vogliano il No al referendum costituzionale ormai è detto e stradetto da mesi: in attesa del quesito sotto ricorso del Tar, con la sentenza che ancora tarda ad arrivare, la politica italiana vive oggi un importante passaggio strategico tra le opposizioni e la maggioranza. Matteo Salvini, in collegamento e video intervista su Repubblica, ha lanciato un braccio verso i colleghi di opposizione di lato opposto del Movimento 5 stelle. «Ho chiesto più confronto, in passato anche con Grillo. Il 12 novembre siamo in piazza a Firenze per il No al referendum sulla riforma, scendano in piazza con noi», è l’invito fatto da leader della Lega Nord ai grillini. Come noto, i Cinque Stelle non sono facili a convincere specie su battagli politiche di importanza nazionale come il referendum costituzionale, eppure resta da sottolineare come pur di andare contro Renzi e la riforma che rivoluzionerebbe il Senato, Salvini è pronto ad un asse con Grillo e Di Maio. L’invito verrà accolto o rispedito completamente al mittente?



La sentenza del Tar Lazio sul quesito del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre 2016 non è l’unica che dovrà arrivare in questi giorni: i ricorsi fatti contro la riforma Renzi-Boschi sono infatti non risolvibili solo in quello di M5s e Sinistra Italiana che tra oggi e domani vedrà il risultato finale. I grillini chiedono di cambiare il testo del referendum mentre sono presenti anche quello dall’associazione dei consumatori e del presidente emerito della Consulta, Valerio Onida, contro l’unicità di un voto su articoli della riforma molto diversi tra loro. Il Codacons ha chiesto ieri di poter riunire tutti i ricorsi presentati, almeno quelli sul quesito referendario ma non sembra che il Tar abbia accolto l’invito. «Non è vero che la formulazione del quesito non consente la formazione della volontà dell’elettore, perché il testo richiama la legge di riforma e dunque consente a ogni cittadino di potersi informare andando a leggere la norma varata in Parlamento», ha spiegato l’avvocato Salvatore Menditto, in rappresentanza del Comitato per il Sì in merito alla difesa delle ragioni referendario presso l’avvocatura di Stato. Tra qualche ora sapremo chi “ha vinto” e forse sarà finalmente il tempo di andare a discutere di contenuti e non più di ricorsi e contro-ricorsi.



Non è un azzardo quando si dice che il Congresso del Pd è legato strettamente al risultato del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre 2016: mentre si decide a Roma sul ricorso al quesito con la sentenza del Tar attesa entro sera, massimo domani, il Pd si sfilaccia ancora di più. Oggi ha parlato l’unico al momento candidato alla segreteria Pd, Enrico Rossi, oltre all’attuale premier Matteo Renzi: la sua indicazione è prossima al lancio personale verso il Congresso sempre più vicino e le fratture interne con Bersani e D’Alema non fanno che aumentare questa possibilità. «Al referendum costituzionale voterò sì malgrado Renzi perchè ha sicuramente sbagliato il modo di presentare il lavoro fatto in questi due anni», attacca il presidente della Regione Toscana in diretta a Radio Popolare. Dunque un Sì condizionato: ok il voto finale ma la riforma è “scritta male, pasticciata in molte parti e con assalto alle regioni che non mi piacciono affatto”. I toni da populismo, secondo Rossi, sono da evitare ma «Renzi sta sbagliando in tutto nel fare la Campagna Elettorale: «assume toni populistici che poi alla fine si pagano, lo vediamo anche con Di Maio: chi di populismo ferisce di populismo perisce». Se non è questo un lancio verso il cambio ai vertici del Pd… il 5 dicembre mattina probabilmente si saprà molto di più di come e quando sarà questo Congresso dem.

Un caso è scoppiato quest’oggi, segnalato da Il Fatto Quotidiano, sul referendum costituzionale: mentre ancora non solo si attende il voto del 4 dicembre, ma addirittura si aspetta il risultato della sentenza Tar sul ricorso contro il quesito alle urne che potrebbe addirittura stravolgere l’intero voto, per alcuni libri di scuola per ragazzi il Senato è già nominato e non più eletto. Nel testo “Imparo Facile” della casa editrice Cetem si assiste ad un clamoroso errore inserito nella parte sull’ordinamento legislativo e costituzionale. Le denuncia del Fatto afferma che nel testo scolastico parlando del Senato italiano si dica, «I suoi componenti sono indicati dalle diverse Regioni in cui è suddiviso il territorio Italiano», ovvero è come se fosse già avvenuta la vittoria del Sì che attesta la rivoluzione del Senato. Ricercata dai colleghi per una spiegazione, la casa editrice non avrebbe fornito alcuna spiegazione mentre per alcuni esperti è evidente che la scelta è andata verso una volontà di estremo aggiornamento con la realtà circostante, con un azzardo nel vedere la vittoria del Sì. Polemiche forse eccessive ma che raccontano di un clima attorno al referendum assai caldo e non solo nelle aule della politica.

Al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, mentre si attende ancora il risultato della sentenza del Tar del Lazio sul ricorso contro il quesito referendario, si aggiunge un altro importante e ingombrante No: arriva dopo aver votato inizialmente Sì in Parlamento, con l’inversione di rotta spiegata questa mattina in una intervista a Mario Monti sul Corriere della Sera. Già, proprio l’ex premier e senatore a vita ora si scaglia definitivamente contro Renzi e la sua riforma costituzionale: «Ci possono essere risparmi nel costo della politica in senso stretto, ma il vero costo della politica non è quello dei senatori. È nel combinato disposto fra la Costituzione, attuale o futura, e metodo di governo con il quale si è lubrificata da tre anni l’opinione pubblica con bonus fiscali, elargizioni mirate o altra spesa pubblica perché accettasse questo». Secondo Mario Monti votare Sì significherebbe tenere il popolo legato alla “provvidenza” dello Stato e non in un rapporto maturo con la politica: ok per abolizione Cnel, risettaggio Stato-Regioni e fine del bicameralismo perfetto, ma non basta per un Sì convinto e dunque arriva un No, a sorpresa anche molto duro. «a me risulta impossibile dare il mio voto a una Costituzione che contiene alcune cose positive e altre negative, ma che — per essere varata — sembra avere richiesto una ripresa in grande stile di quel metodo di governo che a mio giudizio è il vero responsabile dei mali più gravi dell’Italia: evasione fiscale, corruzione, altissimo debito pubblico».

Si fa più lunga l’attesa della sentenza Tar del Lazio sul referendum costituzionale, in particolare sul ricorso del quesito referendario proposto da M5s e Sinistra Italiana: sembrava che il Consiglio dovesse chiudere la pratica ieri in serata e invece secondo fonti di Askanews potrebbero essere decisive le giornate di oggi o addirittura domani per vedere il risultato della sentenza a favore o contro il quesito del Referendum 4 dicembre 2016. Il testo messo sotto accusa dai grillini e dalle opposizioni viene definito “troppo spinto verso il Sì e del tutto truffaldino”, ma ora il Tribunale del Lazio cosa potrà decidere? La sentenza od ordinanza dovrà essere presa dai giudici della II sezione bis del tribunale amministrativo e potrebbero delinearsi tre possibili ipotesi che proponevamo anche ieri: confermare il provvedimento di indizione del referendum, annullarlo potendo dare però indicazioni su eventuali cambiamenti nel quesito, oppure ancora dichiararsi incompetente sulla materia. Da ultimo si potrebbe delineare anche una possibile remissione alla Corte Costituzionale per una decisione ultima, delegittimando il Tar come organo competente a sostenere un giudizio del genere. Insomma, è ancora caos sul referendum e Renzi vede rabbuiarsi un altro aspetto, oltre ai tanti attacchi interni ed esterni alla sua maggioranza. L’ultimo in ordine cronologico arriva ancora una volta da Pierluigi Bersani, a cui proprio non va giù la formulazione della legge elettorale come approvata dal Parlamento (tra l’altro votata anche da lui stesso). «O si rottama l’Italicum o si ferma la riforma costituzionale. Se non si cambia l’Italicum bisogna fermare la riforma costituzionale, questo è un problema di democrazia, l’ho sempre pensata così». Secondo Bersani avere impostato così la Legge Elettorale «comunque finisca è un guaio perchè viene diviso il paese, si divide il centrosinistra, il partito, si divide il Paese». La minoranza si allontana sempre di più da Renzi, e il premier è pronto al contrattacco, in tour per l’Italia tra impegni istituzionali e campagna elettorale… (Niccolò Magnani)