Sostituzione dei capilista bloccati con collegi uninominali o preferenze. Abolizione della possibilità di candidarsi contemporaneamente in più collegi. Introduzione dell’apparentamento tra più liste in caso di ballottaggio. Sono le tre modifiche all’Italicum richieste da Vannino Chiti, senatore del Pd, ex ministro per le Riforme costituzionali ed ex presidente della Regione Toscana. Per il senatore Chiti, “le strade per sostituire i capilista bloccati sono due. Si possono fare 630 collegi uninominali, e chi supera il 3% partecipa all’attribuzione dei seggi. In alternativa tutti, inclusi i capilista, si devono poter sottoporre al voto di preferenza. In questo secondo caso bisogna fare delle circoscrizioni elettorali più numerose e più piccole”.



Partiamo dalla commissione esplorativa sull’Italicum voluta da Matteo Renzi. Lei la promuove?

Ritengo che la commissione proposta da Renzi e accolta dalla direzione nazionale del Pd sia un’opportunità. Va quindi verificata la possibilità di costruire un’intesa nel Pd e nelle forze che sostengono il governo, nonché mi auguro in una parte di quelle di opposizione, per alcuni cambiamenti alla legge elettorale. I punti che Renzi ha indicato come suscettibili di modifiche sono quelli che noi abbiamo sostenuto alcuni mesi fa quando la legge è stata discussa in aula. Insieme ad altri 23 senatori del Pd non ho votato l’Italicum indicando tre punti deboli: i capilista bloccati, le pluricandidature e l’impossibilità di formare coalizioni in caso di ballottaggio.



E se Renzi non modificasse questi tre punti?

Io sono convinto che li modificherà. Se si afferma che questi punti sono da cambiare questo avverrà. Anche Alleanza Popolare ha posto questi temi come punti da cambiare. Io quindi non mi chiedo che cosa succederà se non cambieranno, bensì mi pongo l’obiettivo di modificarli. E’ utile cambiarli per fare funzionare meglio i rapporti tra cittadini e istituzioni.

Come si superano i capilista bloccati?

Le strade sono due. Si possono fare 630 collegi uninominali, e chi prende almeno il 3% partecipa all’attribuzione dei seggi. Se un partito in una regione ha diritto a dieci seggi alla Camera, i candidati nei dieci collegi in cui quel partito ha un consenso più alto diventano deputati. In alternativa tutti, inclusi i capilista, si devono poter sottoporre al voto di preferenza. In questo caso bisogna fare delle circoscrizioni elettorali più numerose e più piccole. Ciò farebbe bene alla trasparenza e ridurrebbe le spese per la campagna elettorale.



Lei quale delle due opzioni preferisce?

Tra le due opzioni di modifica dei capilista bloccati preferisco quella dei collegi uninominali anziché le preferenze. Entrambe le alternative sono valide, ma la mia preferenza va ai collegi.

Intanto, con la proposta della commissione, Renzi ha spaccato la minoranza Pd. Che cosa accadrà?

La vita di un partito non può perennemente svolgersi sulla base delle vicende congressuali che ci sono state. Il mio sogno è che nel Pd accada ciò cui abbiamo assistito nel Partito socialista francese. In un congresso François Mitterrand e Michel Rocard erano stati in competizione, quindi quando il primo è diventato presidente della Repubblica ha scelto il secondo come primo ministro.

Erano altri tempi …

E’ quello che può avvenire anche oggi. Qualsiasi congresso mette al centro alcuni punti, ma dal quel momento in poi non ci si deve ossificare in una corrente. Questo irrigidimento non è l’idea che io ho di un partito. Se si interpreta il referendum come un capitolo del congresso del Pd è la fine: i cittadini devono decidere se il progetto di riforma è positivo o meno, e ciò non riguarda solo gli iscritti al Pd.

 

Secondo alcune fonti la Corte costituzionale boccerà comunque l’Italicum. Ha senso che Renzi proponga di modificarlo in cambio del vostro Sì al referendum?

Io non ho votato il primo disegno di legge della riforma perché non condividevo passaggi relativi all’elezione del presidente della Repubblica, alla nomina dei giudici costituzionali e all’elezione dei senatori. Su questi punti si è trovata un’intesa e a quel punto abbiamo votato Sì. Gli unici nel Pd che non hanno votato la riforma in aula sono stati Walter Tocci e Claudio Micheloni.

 

E quindi?

Quindi la vera domanda è un’altra: un parlamentare che ha votato Sì alla riforma in aula può poi votare No al referendum? Noi inoltre non dobbiamo attendere che la Corte costituzionale si pronunci sull’Italicum, bensì iniziare a fare delle proposte come commissione per modificare la legge elettorale.

 

Mario Monti ha annunciato il suo No al referendum perché Renzi compra il consenso a suon di mancette. Come valuta la sua posizione?

Non sono d’accordo con Monti, perché non si può confondere il piano della riforma con le scelte politiche del programma di governo. La sua posizione è come quella di Matteo Salvini che diceva di votare No alla riforma per opporsi alla legge Fornero. Se Monti non è d’accordo su scelte di merito che riguardano la costituzione è normale che voti No, ma non può farlo perché non è d’accordo sulla legge di bilancio.

 

(Pietro Vernizzi)

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