Non solo la politica è impegnata sul referendum costituzionale del 4 dicembre (a meno di novità dalla sentenza Tar sul ricorso al quesito, che tarda ancora ad arrivare) ma l’intera società si accorgendo dell’appuntamento di dicembre e la spaccatura tra i No e i Sì sembra sempre più decisa. Non solo la politica dunque, con anche la cultura, lo sport e l’imprenditoria ad entrare nel dibattito pro-contro la riforma Renzi-Boschi: ha parlato di questo e di tanto altro ancora Flavio Briatore, in una intervista odierna a Radio Capital al Tg Zero. Il ritorno dopo le polemiche sulla parole contro il turismo ancora troppo “arretrato” in Puglia va diretto al punto del voto, facendo ancora infuriare la sinistra dem che vede “nei poteri forti ed economici l’ago della bilancia verso il Sì”: «referendum? In questo momento non vedo alternative a Matteo Renzi, per cui se il Sì aiutasse Renzi a restare primo ministro io voterei Sì. In caso contrario si andrebbe di nuovo nel caos: si perderebbe altro tempo e nessuno ha tempo da perdere. Il sì è la cosa più logica. Il problema è che la politica è questa: se uno dice sì, gli altri dicono no. Cosa può succedere al paese interessa poco».
A volte un No fa ritrovare l’unità: succede al centrodestra per il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Oggi dopo mesi si sono ritrovati insieme Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, dopo la malattia del Cavaliere che lo ha costretto lontano dalla vita politica e dalla campagna elettorale per il referendum, quantomeno finora. «Ribadiamo a ferma opposizione di tutto il centrodestra a un progetto di riforma che non risolverebbe nessuno dei problemi del Paese, né in termini di efficienza né di contenimento dei costi, mentre produrrebbe un preoccupante deficit di democrazia limitando la possibilità di espressione di voto degli italiani e determinando il serio rischio di consegnare ad una ristretta minoranza di sinistra il controllo dell’esecutivo e degli organi di garanzia», afferma la nota dei tre leader del centrodestra che in questa occasione ritrova compattezza dopo mesi di divisioni interne. Il voto secondo i tre ha «un indubbio valore politico, poiché attraverso di essa il presidente del Consiglio, il terzo premier consecutivo non eletto dagli italiani, cerca una legittimazione che non merita, visti i fallimenti del suo governo in ogni settore, dall’economia all’occupazione, dalla politica internazionale alla sicurezza dei cittadini, al contrasto all’immigrazione clandestina». Scattano ora iniziative coordinate dal centrodestra per mostrare le ragioni del No e i passi da portare avanti dopo l’eventuale vittoria del No e all’alternativa da proporre alle riforme renziano.
Ancora non arriva la sentenza del Tar sul quesito del referendum costituzionale in programma per il prossimo 4 dicembre: il ritardo, dopo due giorni di udienza in conclave, è ormai piuttosto ingente e questo certifica anche notifiche interessanti sul fronte delle competenze territoriali, il vero rebus di questo e degli altri ricorsi sul testo referendario. Territoriale, amministrativo, politico: su questi tre tipi di competenze si gioca ora il ricorso del Tar del Lazio sul quesito posto da Renzi e Boschi sulla riforma costituzionale . Va detto che il fatto che l’udienza duri da così tanti giorni significa che la competenza amministrativa è stata accolta inizialmente e si sta effettivamente discutendo sul contenuto del contenzioso, nel quale si richiede «in via principale, l’annullamento del decreto di indizione del referendum (perché nel quesito non sono indicati i singoli articoli sottoposti a revisione costituzionale) e, in via subordinata, la rimessione degli atti alla Corte costituzionale» come riporta il Sole 24Ore. Le ipotesi sono ancora tutte in cantiere, dal nulla di fatto fino alla sospensiva o addirittura allo spacchettamento in diverse parti della riforma, il che creerebbe un effetto a catena politico praticamente inimmaginabile.
Il Sì su tutti i fronti al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre pronunciato ieri e anche oggi da Barack Obama durante la visita di Matteo Renzi non ha avuto ripercussioni molto positive all’interno dei nostri confini: le opposizioni al Governo hanno giudicato eccessiva l’intromissione negli affari nazionali di un presidente, seppur quello americano, di un altro Paese. Ma son anche le opposizioni interne alla maggioranza che non hanno particolarmente gradito l’endorsement di Obama: mente si attende ancora il fatidico risultato della sentenza Tar sul quesito del referendum, ecco come invece ha reagito Pier Luigi Bersani alle notizie dagli Usa. «Gli americani hanno diritto di esprimere una loro opinione, ma ci vuole misura, ci vuole garbo quando si parla di Costituzione. Bisogna non urtare sensibilità ben radicate», commenta un infastidito ex segretario Pd. E la rivendicazione al passato segue poi il commento davanti a Montecitorio, «Dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale, noi la Costituzione l’abbiamo fatta da soli, perchè c’era stata la Resistenza, c’erano i comunisti, i democristiani e le altre forze politiche. In Italia c’era qualcosa sotto, non c’era il deserto. E sarebbe bene ricordarselo quando si parla di Costituzione». Gelosie? Probabilmente, di certo la casa di risonanza di Obama ha fatto bene a Renzi e molto meno alla minoranza dem, e questo ovviamente non piace ad una delle due parti…
Il referendum costituzionale corre sull’asse Roma-Washington-Roma, con il ritorno verso il Tar del Lazio che entro oggi deve decidere sul ricorso presentato da M5s e Sinistra Italia contro il quesito del voto referendario in programma il prossimo 4 dicembre. È una corsa unica per arrivare pronti alla campagna elettorale perfetta e trainare verso il voto con tutte le forze: le due novità più grandi di ieri hanno visto due leader che non si sono mai particolarmente sopportati, come Barack Obama e Silvio Berlusconi. Un Sì e un No ingombranti che hanno avuto il peso di inflazionare ancora di più un referendum costituzionale ormai ago della bilancia italiana per i prossimi mesi, almeno. Berlusconi è tornato in campo proprio nel giorno in cui il nemico-amico Renzi viene ricoperto di lodi e con un endorsement grosso come una Casa… Bianca come quella da cui si è tenuto il vertice Italia-Usa. «Un forte, deciso e responsabile ‘No’ a questa riforma che favorirebbe una deriva autoritaria davvero con il rischio di un uomo solo al comando. Il contrario della democrazia», afferma Berlusconi nel suo ritorno in campo al Tg5 nell’intervista esclusiva. Addirittura, «Il referendum è pericoloso perché potrebbe consegnare a un solo uomo e a un solo partito l’Italia e gli italiani» arriva a dire Berlusconi che lancia così la sfida del No anche in area centrodestra dopo giorni di silenzi e confusioni. Intanto dall’altra parte dell’Oceano, il presidente uscente degli States arriva a “votare un Sì” convinto per la riforma costituzionale del governo Renzi: «Matteo sta facendo le riforme in Italia, a volte incontra resistenze e inerzie ma l’economia ha mostrato segni di crescita, anche se ha ancora tanta strada da fare». Va poi sul concreto Obama e senza dubbi punta tutto sul collega fiorentino, «un referendum per ammodernare le istituzioni italiane necessario per aiutare l’Italia verso un’economia più vibrante. Io tifo per Matteo Renzi, secondo me deve restare in politica comunque vada». Ora resta da capire un piccolo dettaglio: ma il popolo italiano, dirà Sì o No? Dirà Obama o Berlusconi? Ai posteri l’ardua sentenza… (Niccolò Magnani)