Il referendum costituzionale 2016 resta in cima all’agenda politica italiana: lo ribadisce Matteo Renzi questa mattina nell’intervista ormai divenuta quasi settimanale a Radio Rtl 102.5. Il premier di ritorno dall’Europa è scatenato e sulla riforma elettorale non può non commentare l’esito della sentenza che ieri ha visto il ricorso contro il quesito del voto 4 dicembre 2016 respinto, seppur per difetto di giurisdizione. «I grandi professori hanno fatto ricorso e hanno perso anche al Tar del Lazio, adesso per favore parliamo di merito. Perché la consultazione non è su di me, né sul governo ma sul futuro di questo Paese con una novità di costituzione». Renzi dunque rilancia anche sui contenuti, contestando non tanto lo schieramento del No, ma il fatto di venir attaccato per aver condotto una campagna da “poteri forti che scelgono il Sì”; secondo Renzi infatti, «trovo più facilmente rappresentate le ragioni del No. Vado da Semprini e la settimana dopo a Politics è andato un deputato M5s, domenica sarò dalla Annunziata perchè la settimana prima c’era D’Alema e le trasmissioni sono iniziate con Di Maio e Di Battista. Facciamo una lista e vediamo chi partecipa a cosa. C’è un blocco che dice sempre no che va da Berlusconi a D’Alema, Fini, Pomicino,  Lamberto Dini e Grillo».



Se per Renzi il referendum costituzionale durante la giornata di ieri ha fatto tirare un sospiro di sollievo per l’uscita indenne dalla sentenza Tar Lazio sulla legittimità o meno del quesito per il voto 4 dicembre 2016, non si può dire altrettanto e fine in fondo per l’intera legittimità del voto referendario. il Tar infatti ha semplicemente detto che vi è un inammissibile difetto di giurisdizione per i giudici amministrativi nel pronunciarsi su una materia del genere. Che non vuol dire che il testo in sé sia “perfetto”: «L’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il Referendum istituito presso la Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato». Mattarella e Cassazione, sono questi due organi che secondo il Tar del Lazio garantiscono la legittimità di tale quesito referendario, e si sono già espressi nelle scorse settimane: «sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale». È tutto ancora in dubbio dunque, con i tribunali di Milano e il ricorso del Codacons che potrebbero ancora in teoria bloccare il voto del prossimo 4 dicembre. Su questo punto insiste ancora Massimo D’Alema che contro la riforma di Renzi attacca ieri in un incontro a Napoli: «Me l’aspettavo d’altronde il Tar ha dichiarato la propria incompetenza, non è entrato nel merito, non ha rigettato le ragioni del ricorso. Il tribunale amministrativo non è competente sulla materia. Potrà, eventualmente, dire la sua la Corte Costituzionale». Cosa succederà oggi dunque? Forse, una volta passata la sentenza, ci si potrebbe concentrare sui contenuti della riforma, quelli sì ancora troppo confusi e con un bisogno estremo per i cittadini che intendono impegnarsi seriamente a capire i motivi per votare un Sì o un No…

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