“Noi dobbiamo ragionare sapendo che molto probabilmente Matteo Renzi perderà il referendum. Il tema dell’instabilità in cui potrebbe cadere l’Italia se vincerà il No non è una speculazione terroristica, ma un’analisi oggettiva della situazione di fatto”. E’ quanto afferma Peppino Caldarola, analista politico, ex direttore dell’Unità ed ex parlamentare dei Ds, nel momento in cui il presidente del Consiglio, Renzi, dopo avere incassato l’endorsement di Barack Obama sta proseguendo la sua visita negli Stati Uniti. Un endorsement che per Caldarola non produrrà nessun effetto sugli elettori italiani: “Gli appoggi stranieri in Italia non hanno nessun peso né lo hanno avuto in passato. Non vedo traccia di questa fascinazione dell’elettorato italiano per le scelte del capo della Casa Bianca”.



Renzi dopo l’incontro con Obama non perde occasione per attaccare l’Unione Europea. E’ la Casa Bianca che gli ha dato il mandato per farlo?

Un presidente uscente non può dare nessun mandato, anche se è molto probabile che dopo di lui ci sia la democratica Hillary Clinton. Sicuramente tra Renzi e la Casa Bianca c’è stata una convergenza. L’America di Obama, e probabilmente anche quella della Clinton, non ama le politiche di austerità dell’Ue a guida tedesca. Lo stesso Renzi non ama queste scelte, e più o meno ha cercato di contrastarle. Avendo l’alleato Usa che ha fatto un endorsement di quel tipo, è probabile che si senta meno solo.



E lo è davvero?

E’ abbastanza un’illusione perché il dominio tedesco è indiscutibile, e a ciò si aggiunge una Francia con una leadership molto debole. Il controllo della Germania sull’Europa non può essere messo in discussione dal presidente del Consiglio italiano, chiunque esso sia. Però ci sono margini di manovra che un uomo abile come Renzi può cercare di allargare. Il nostro premier non può scalzare la Germania, ma può ricavarsi uno spazio che gli consenta di svolgere il ruolo di chi punta sulla spesa anziché sul risparmio.

Quali effetti avrà sull’elettorato italiano l’endorsement di Obama per il Sì al referendum?



Nessuno; gli endorsement stranieri non hanno nessun peso in Italia né lo hanno avuto in passato. Non vedo traccia di questa fascinazione dell’elettorato italiano per le scelte del capo della Casa Bianca. C’è però un altro problema. Il messaggio lanciato da Obama è quello di dire: “Noi vogliamo la stabilità dell’Italia”. Di fronte all’incognita del No la stabilità dell’Italia è garantita da Renzi. Questo è un tema di discussione che può interessare una fetta degli elettori italiani, ma più per valutazione propria che per il contributo di Obama.

Secondo lei i rischi di instabilità sono reali?

Noi dobbiamo ragionare sapendo che molto probabilmente Renzi perderà il referendum. Se la sconfitta è di misura potrebbe non accadere granché, se invece è piuttosto ampia Renzi sarà costretto a lasciare il governo. Le Camere diventerebbero un vero Vietnam, e Renzi non è il tipo da saper navigare in un parlamento pieno di marosi. Il premier è l’uomo dei blitz, delle maggioranze con fiducia, ma non ha quella sapienza democristiana di chi cerca di muoversi nei meandri della battaglia parlamentare. Dopo la molto probabile vittoria dei No, nell’arco di 20-30 giorni Renzi darà le dimissioni.

A quel punto che cosa accadrà?

A quel punto i vincitori saranno Massimo D’Alema, Beppe Grillo, Matteo Salvini e forse Silvio Berlusconi. Il governo di scopo cui Sergio Mattarella darà l’incarico potrebbe essere guidato anche da una personalità non del Pd. Il problema fondamentale avverrà nel Pd stesso, perché la maggioranza degli elettori del partito avranno votato Sì. Quindi si sentiranno sconfitti e considereranno l’altra parte come nemica. Renzi però, pur lasciando il governo, non si dimetterà da segretario del partito. Quindi il tema dell’instabilità se vince il No non è una speculazione terroristica, ma un’analisi oggettiva della situazione di fatto.

 

E se Mattarella si inventasse un governo di coalizione?

L’idea che si continui con governi che non sono passati dal suffragio elettorale mi pare bislacca. Non credo che Mattarella possa dare incarico a un governo che duri un anno e mezzo. Ciò che può fare è un governo di cinque o sei mesi che approvi una legge elettorale, si preoccupi dell’ordinaria amministrazione e poi decideranno gli elettori chi governerà l’Italia.

 

Lei come legge la posizione di Berlusconi, quella di un No attendista, assai poco barricadero?

C’è un pezzo dell’establishment berlusconiano che fa capo a Mediaset e che preferisce dialogare con Renzi piuttosto che con il mondo del No. Di D’Alema infatti non si fida, e soprattutto non vuole mettere lo scettro nelle mani di Salvini. Questa parte sta frenando Berlusconi, che peraltro ha anche i suoi problemi di salute.

 

Allora che cosa farà Berlusconi?

Quello che ha sempre fatto. Di fronte alle sue battaglie elettorali, qualche settimane prima ha consultato la sondaggista Alessandra Ghisleri per sapere qual era l’andamento probabile del voto e a quel punto ha cavalcato la battaglia. Se la Ghisleri gli dirà che il voto in generale, e quello del centrodestra in particolare, si sta predisponendo verso il No, Berlusconi farà gli ultimi dieci giorni di campagna elettorale con collegamenti telefonici, comparsate televisive e convegni per sedersi al tavolo dei vincitori.

 

(Pietro Vernizzi)