Solo il 13% degli italiani è convinto di conoscere bene i contenuti del referendum che si terrà il 4 dicembre. E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato da Tecnè, l’istituto di ricerca presieduto da Carlo Buttaroni. Il 47% degli intervistati spiega di conoscere qualcosa ma in maniera superficiale, mentre il restante 40% non conosce nulla. I No continuano a essere in testa con il 52% contro il 48% dei Sì, anche se un mese fa erano rispettivamente il 53% e il 47%. L’affluenza cresce dal 45% al 49% e gli indecisi calano dal 19 al 18%. Tra chi vota Sì, il 79% lo fa basandosi sui temi del referendum e il 15% sull’operato del governo. Tra chi vota No invece il 50% si basa sulla riforma e il 46% sul governo. Infine analizzando i consensi dei singoli partiti troviamo il Pd al 31,5% (+0,5%), M5s al 26,5% (-0,5%), Forza Italia al 14%, la Lega Nord al 13,5%, Fratelli d’Italia al 5% (+0,5%) e la Sinistra Italiana al 3,5% (-0,5%).



Buttaroni, che cosa determina l’aumento dei Sì e il calo dei No?

Sono cresciuti quanti dicono che andranno a votare, e l’aumento dei Sì dipende prevalentemente dall’ingresso nelle urne virtuali dei nuovi elettori che sono in prevalenza a favore della riforma.

Man mano che ci avvicineremo al 4 dicembre questa tendenza continuerà?



E’ difficile dirlo perché questo referendum ha un connotato molto politico e ancora poco di merito. Dipende da che cosa succederà. Se il merito della riforma acquisirà un peso specifico dal punto di vista delle motivazioni di voto, allora i Sì continueranno a crescere. Se al contrario ci si manterrà sullo stesso livello di adesso, è probabile che la distanza rimanga la stessa o che addirittura si ampli la forbice a favore dei No.

Quali eventi possono risultare decisivi?

Molto dipenderà dalla campagna di comunicazione. In questo momento ci sono Renzi e il Pd contro tutti gli altri. Ciò facilita l’identificazione di una parte degli elettori, ma favorisce anche l’espressione di un voto che è a favore o contro il governo. Se associazioni ed esponenti della società civile si pronunceranno per il Sì, quest’ultimo potrebbe rafforzarsi. Se al contrario dovesse accentuarsi il fatto che il referendum è pro o contro Renzi, i No avranno maggiori probabilità di crescere nelle prossime settimane.



Andiamo verso una guerra di movimento o di posizione?

A breve sarà sicuramente una guerra di movimento, nel senso che i Sì e i No devono conquistare spazi. Questo referendum è molto importante ma anche molto tecnico. Molti si stanno costruendo un’opinione adesso, e c’è bisogno quindi che i Sì e i No facciano valere le loro ragioni proprio verso quegli elettori che sono scarsamente informati.

Il 56% degli elettori di Forza Italia non andrà a votare e il 17% sono indecisi. Perché non seguono Silvio Berlusconi sulla linea del No?

Una buona quota di elettori non va a votare. Il problema è che non c’è più un aggancio diretto con la linea di Berlusconi, perché oggi l’elettore è molto più svincolato dagli indirizzi di partito. Questo referendum del resto non è ancora entrato nelle corde della gente. La discussione è molto ai livelli alti di persone molto informate, ma nella popolazione più ampia sono pochissimi quelli che sanno bene quale sia il merito della riforma. Siamo parlando del 13% delle persone, quindi sono molto poche.

 

Quanto incidono i bonus in legge di bilancio?

In parte possono anche influire, ma in questa legge di bilancio i bonus non sono poi così tanti e in ogni caso non incidono tantissimo. Avranno un peso sicuramente più rilevante gli elettori che via via sceglieranno sulla base del quesito referendario.

 

Nonostante il Jobs Act i licenziamenti aumentano. La crisi economica è sempre lo spettro da cui Renzi non riesce a liberarsi?

Sicuramente sì. Dal punto di vista sia geografico sia del posizionamento socio-economico, c’è una parte d’Italia che è uscita dalla crisi molto prima di quanto abbia fatto la nazione nel suo complesso. C’è una parte che sta andando bene e che cresce economicamente. Ma c’è un’altra parte dell’Italia, maggioritaria, che invece non ha ancora incrociato la ripresa e in cui anzi la crisi è ancora viva. Tanto è vero che noi non abbiamo assorbito i livelli occupazionali persi con la crisi né recuperato il 10% del Pil.

 

(Pietro Vernizzi)