Entro oggi è in arrivo una lettera della Commissione Ue con alcune richieste di chiarimento al governo italiano in merito alla legge di bilancio 2017. Analoghe lettere saranno inviate a Belgio, Spagna, Portogallo, Estonia, Francia e Paesi Bassi. Secondo le indiscrezioni, i rilievi mossi all’Italia dovrebbero riguardare le misure una tantum come il recupero dall’evasione fiscale e il piano nazionale anti-sismico. Intervenendo a “In mezz’ora” il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha sottolineato: “L’elemento in discussione con l’Ue è il bilancio europeo per i prossimi anni. Noi siamo impegnati in una battaglia storica perché il bilancio Ue tenga insieme diritti e doveri”. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Perché in questa vicenda Renzi ha assunto toni così duri nei confronti dell’Unione Europea?

In un primo momento Renzi ha assunto questa linea anti-europea, e poi ha adottato invece un tono di dialogo. Sembra che non voglia uno scontro frontale, ma che intenda andare verso una transizione para-contrattuale. Intende così guadagnare tempo e mostrare che lui non cambia linea, perché gli preme di arrivare fino al referendum di dicembre con una legge di bilancio immutata. Nello stesso tempo vuole evitare di ricevere una lettera particolarmente dura, e quindi cerca di barcamenarsi. In ogni caso la ritirata del premier è stata notevole.



Come si spiega questa “ritirata”?

E’ una mossa che si combina con il mutato atteggiamento di Renzi nei confronti delle organizzazioni sociali e sindacali di vario genere. Per esempio il governo ha ripreso i colloqui sia con i sindacati sia con i magistrati. Questo atteggiamento dialogante non riflette un profondo desiderio di Renzi, bensì il fatto che le sue sparate non hanno molta efficacia.

Da quali punti di vista?

Dai sondaggi emerge che il premier non ha una grande popolarità, nonché che le divisioni all’interno del Pd stanno aggravandosi. Per non parlare del fatto che Padoan dice una cosa e poi Renzi ogni volta gliela corregge. Per esempio la misura su Equitalia è stata scritta a Palazzo Chigi, non dal Mef.



Lei condivide i rilievi della Commissione Ue sulle coperture inserite in legge di bilancio 2017?

Le coperture finanziarie inserite nella legge di bilancio 2017 sono del tutto inadeguate dal punto di vista dei contenuti. Quella che abbiamo di fronte è più una manovra di tipo elettoralistico che non un testo contenente le misure prioritarie per lo sviluppo economico.

Come valuta il braccio di ferro sul rapporto deficit/Pil?

Il governo ha fissato il rapporto deficit/Pil al 2,4%, infrangendo dello 0,8% la soglia prescritta dall’Unione Europea pari all’1,6%. L’Ue sembrava chiaramente disposta ad arrivare al 2%, ma non lo è per quanto riguarda il 2,4%. Quest’ultima cifra è raggiunta automaticamente con i risparmi di spesa per interessi sul debito pubblico di cui l’Italia sta beneficiando. L’Italia è scesa dal 3% di deficit del 2014 al 2,6% del 2015, per il semplice fatto che ha risparmiato lo 0,4% con la riduzione dei tassi d’interesse sui titoli del debito pubblico. Renzi si trova incastrato nell’impossibilità di andare avanti a gestire questo tipo di bilancio. Bisogna tenere presente che l’Italia sta diventando il Paese più a rischio dell’Unione Europea.

Il condono è una misura condivisibile?

I condoni si possono fare anche per fare cassa, ma a condizione che ci sia una nuova legge che regola una determinata materia. Ciò vale anche per i capitali all’estero, a condizione che ci sia una nuova normativa che modifica un regime di tassazione. Lo stesso vale quando si riducono determinate aliquote ma si modifica la struttura degli accertamenti. In questo caso però per Equitalia non cambia nulla dal punto di vista del regime giuridico né delle riscossioni né del contenzioso. Anche per quanto riguarda i capitali all’estero non c’è nessuna novità.

 

Ma questo è un vero condono o no?

E’ un condono vero e proprio, perché togliere gli interessi non è certamente un’operazione corretta dal punto di vista tecnico. Togliendo gli oneri per interessi infatti il contribuente è sollecitato a pagare subito, ma non dimentichiamo che queste sono cartelle che erano in riscossione e che potrebbero poi andare ulteriormente in riscossione negli anni successivi. Lo Stato quindi in questo modo anticipa l’entrata e realizza una sanatoria parziale.

 

Ha senso che l’Unione Europea si metta a cavillare sui fondi per il terremoto?

La posizione del governo sulle spese per il terremoto è debolissima. Oltre alle spese vere e proprie che riguardano i danni prodotti dal sisma, il governo ha inserito anche gli interventi che riguardano la messa in sicurezza degli edifici. Ciò non ha senso perché questa non è una spesa che riguarda l’ultimo terremoto, bensì nasce dal fatto che il sisma induce a guardare meglio agli edifici pubblici.

 

La lettera dell’Unione Europea quali effetti politici produrrà sul referendum?

Dal momento che anche in Germania siamo in un periodo elettorale, le correzioni si devono comunque fare e quindi una parte delle promesse di Renzi cadrà. Dall’altra comunque la legge di bilancio 2017 è molto a rischio a causa del fatto che il Pd uscirà lacerato dal referendum. Anche se al referendum dovessero vincere i Sì, non è detto necessariamente che Renzi avrà la maggioranza in parlamento. Infine anche se l’avesse, bisogna rendersi conto che poi possono arrivare i moniti della Bce, la quale è in difficoltà nell’acquistare titoli italiani.

 

(Pietro Vernizzi)