La giornata di oggi sul referendum costituzionale ha visto una leggera pausa dalla campagna elettorale per via della proposta di legge del M5s alla Camera sul taglio degli stipendi che si interseca su più piani al voto del 4 dicembre, visto che le medesime intenzioni stanno alla base del taglio dei senatori della riforma come del dimezzamento degli stipendi dei parlamentari come chiedono i Cinque Stelle. E il discorso tenuto da Roberto Fico dei M5s è incentrato completamente sull’attacco frontale contro la riforma Boschi e sul ruolo di Renzi nella campagna elettorale. «Renzi non è un grande capo di Stato, è abbastanza nullo. Obama lo riceve come tale perché è chiaro che Renzi si è venduto sotto banco gli appoggi militari che l’Italia deve per forza dare. E’ chiaro poi che Obama ti sostiene la riforma. Obama non l’ha manco letta. E’ chiaro che la moneta di scambio è il nostro territorio e la nostra sovranità. Noi siamo una mina vagante, loro non possono permettere che noi vinciamo il referendum perché cambieremmo non solo le sorti del Paese ma quelle del mondo».



Il Comitato insieme Si Cambia fa scorgere qualche crepa nel rapporto con Renzi e l’intera campagna del referendum costituzionale 2016 verso il Sì: un fronte diviso sopratutto sulla “grana Pd” che il premier anche segretario del Partito Democratico deve gestire parallelamente. A parlare in una lettera pubblicata dal Foglio è Giovanni Gazzetta, Coordinatore del Comitato Insieme Sì Cambia e non lesina critiche a Renzi: «Un referendum costituzionale non è una campagna elettorale, né una prova di forza tra schieramenti politici. Anzi, la vocazione naturale di un referendum è quella di essere trasversale: unire, per il Sì o per il No, persone che pur avendo idee politiche diverse, convergono comunque su uno specifico obiettivo». Secondo Gazzetta, Renzi non dve proporre solo iniziative unilaterali o di partito come la manifestazione del Pd in programma sabato prossimo 29 ottobre, a piazza del Popolo, a Roma: «Ciò di cui c’è bisogno, invece – afferma Guzzetta -, sono gesti che rappresentino l’impegno corale, collettivo, del fronte referendario, accentuando il riconoscimento che la riforma, soprattutto in presenza di un referendum, è nelle mani dei soli cittadini, quale che ne sia l’appartenenza politico-partitica». La proposta finale di Gazzetta vede, per chiudere la campagna prima del 4 dicembre del referendum costituzione, «una chiusura unica, unitaria, della campagna per il Sì, con la partecipazione di tutti i comitati, che si sono sinora costituiti sul piano nazionale, e con personalità di ogni orientamento che sostengono questa importante riforma».



È uno degli uomini più ricchi d’Italia e rappresenta un Paese che funziona: il Sì al referendum costituzionale 2016 arriva dunque non dall’ultimo degli industriali ma da uno dei primi della classe, il che fa gongolare ancora Renzi che dal punto di vista dell’appoggio di Confindustria e imprese principali nel Paese non sta certo male. «Al Referendum io voterò sì, perché penso che sia meglio fare poco che per 30-40 anni non fare nulla», questo è il concetto neanche troppo complesso indetto da Leonardo Del Vecchio, Mr Luxottica in una intervista a Milano davanti a molti cronisti. Un endorsement che non sposterà il parere dei cittadini ma che fa comprendere come una certa parte d’Italia, quella delle Imprese ad alto regime, si schiera sostanzialmente a favore del Referendum 4 dicembre 2016, al netto di tutte le pecche e le mancanze di questo governo anche in tema economico, con una crescita che ancora non sboccia. «Speriamo che non succeda instabilità politica o finanziaria, dopo tanti anni che non si fa niente, fare qualcosa è meglio che non fare nulla». Un Sì che piacerà a Renzi, come quello di Confindustria, ma che ora proietta un obiettivo per il Governo: arrivare alle Piccole Medie Imprese, lì tutt’altro che d’accordo con la politica renziana e in forte polemica.



Mentre Matteo Renzi afferma nella sua e-news che il referendum costituzionale 2016 del prossimo 4 dicembre rivendica la vittoria sui ricorsi contro il quesito del testo referendario alle urne – “Ricordate la polemica sulla scheda? Bene. Dopo giorni di discussione il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dei professori del NO (a anche contro il Codacons, ndr). La domanda è chiara, la risposta adesso è nelle mani del popolo italiano” – arriva anche la versione forse più moderata possibile, e non per questo meno incisiva, del fronte del No tramite le parole di Stefano Parisi. Da Forza Italia il “manifesto” programmatico del delfino più promettente di tutti i precedenti a Silvio Berlusconi, arriva sulle pagine del Foglio con una lunga lettera firmata da Parisi al direttore Claudio Cerasa. Per prima cosa prova a contrastare la linea del “intanto cominciamo a fare una riforma quale che sia, poi vedremo”, affermando invece come «E’ un grave errore: stiamo toccando la Costituzione. Non si può provare o sperimentare a caso: bisogna fare bene da subito. Il mio è un No costruttivo. Non un No contro Renzi, ma un No riformista – motivato dalla volontà di fare una riforma migliore, che modernizzi la Costituzione e intervenga con efficacia sulla struttura dello stato». Non bicameralismo imperfetto ma solamente confusionario, sarebbe per Parisi la prima conseguenza diretta al Sì al referendum costituzionale. Ma il secondo punto problematico della riforma evidenziato da Parisi prevede «la forte limitazione delle autonomie locali centralizzando poteri e attività e creando le premesse per nuovi conflitti davanti alla Corte costituzionale poiché non definisce in modo univoco il discrimine fra materie di competenza statale e materie di competenza regionale». Ma allora qual’è la ricetta formulata dal fronte più moderato de No? Parisi non tarda a farselo ripetere, «un vero presidenzialismo ovvero un esecutivo rafforzato; un primo ministro che sceglie e revoca i ministri; un governo che abbia una corsia preferenziale, con tempi prestabiliti, per i propri disegni di legge». (Niccolò Magnani)