La battaglia politica è d’ordine per il referendum costituzionale: non ci stancheremo mai di ripeterlo, in palio non c’è solo il futuro immediato della Costituzione con la ri-formazione del piano strutturale politico, senza un bicameralismo perfetto se passa il Sì. In gioco c’è il futuro politico: dopo questo voto Renzi potrà vedere alzato o abbassato di colpo il suo “influsso” sulle scelte politiche italiche e con gli schieramenti che potrebbero iniziare a preparare la battaglia per le prime elezioni politiche dopo anni di governi tecnici o di “coalizioni” particolari, nate per fondare riforme come quelle inserite nel referendum in questione, al voto il prossimo 4 dicembre. C’è un grand ritorno nella campagna elettorale, ma questa volta per un altro Matteo: un tempo era Renzi che girava il Paese per battere Bersani nelle Primarie del Pd, oggi è Salvini che dal 13 ottobre partirà in camper per il suo No alla legge Boschi. «Il no al referendum costituzionale guarda al futuro e alla democrazia: la riforma di Renzi cancella la libertà, per i prossimi cinquanta anni, di votare su ogni idiozia che arriverà dall’Europa», ha detto il leader della Lega presentando la corsa del camper “alter-Matteo”.
Durissimo contro Renzi ancora il leader del Carroccio, «Il Pd renziano – ha ribadito Salvini – ha tanti soldi da spendere e tanti ‘amichetti’, dalla Confindustria, alla Coldiretti alle banche, alle associazioni, ai finanzieri, ai massoni, ai sindacati. Noi non abbiamo tanti soldi – ha concluso – ma tante teste, tanti cuori, tanti cittadini che non vogliono vivere schiavi. Renzi può anche spendere miliardi per dire di votare sì, ma gli italiani non ci cascano più». Di contro Renzi risponde a distanza ribadendo come in ballo vi sia il futuro dell’Italia, ammettendo ancora qualche errore di troppo sulla personalizzazione del voto: «Ci giochiamo nei prossimi due mesi, i prossimi 20 anni. E’ una sfida pazzesca, molto più grande del futuro mio e del mio governo. Una scelta decisiva per il futuro dell’Italia nell’Europa. E’ la partita chiave dei prossimi 20 anni, non tornerà più un’occasione del genere». Deriva autoritaria? Lo scontro con Zagrebelsky su La7 venerdì sera, almeno su questo punto, ha visto vincente Renzi visto che il professore non ha fornito la spiegazione su quale articolo ci sarebbe modificato che aumenterebbe i poteri del Premier: «Ora che abbiamo stabilito che non c’è alcun pericolo di deriva autoritaria, il problema è che siamo entrati in una società della post-verità. Nei talk show non esiste la verifica reale dei fatti e chiunque può dire qualunque cosa». (Niccolò Magnani)