Per Gaetano Quagliariello, già segretario del Ncd e passato poi all’opposizione, le riforme costituzionali si fanno solo se condivise tra chi la pensa diversamente, esattamente come fu nel 1948 quando si fece la Costituzione. “Oggi” ha detto al sussidiario.net “c’è un partito solo, quello di governo, che si sente autorizzato a portare avanti delle riforme da solo”. Riforme che, aggiunge, non è detto che siano sempre un bene se si fanno per il gusto del cambiamento e basta. Quagliariello in questo senso indica la riforma del titolo V della Costituzione, fatta nel 2001, come un grave errore che ha inficiato gravemente il Pil della nazione. E sottolinea il ruolo di moderatore in questa campagna referendaria di Silvio Berlusconi.
Il Partito democratico è sceso in piazza a Roma per lanciare la campagna referendaria per il Sì. E Berlusconi? Farà qualcosa di analogo? Non c’è il rischio di un’ammucchiata fra le tante anime del No?
Non stiamo parlando di elezioni politiche ma di una riforma costituzionale che modifica 47 articoli della Carta, quindi di una riforma radicale. La quale ovviamente influenza sia la prima che la seconda parte della Costituzione. Le due parti non sono scisse. Quando si parla di Costituzione la regola è che essa sia un patto tra diversi. La Costituzione viene chiamata anche “legge fondamentale”, perché oltre a fissare il funzionamento dello stato regola la convivenza civile, soprattutto tra chi la pensa diversamente. Chi la pensa nello stesso modo non ha bisogno di rifarsi a regole condivise.
Qual è allora il problema di una manifestazione di piazza?
Ci troviamo di fronte a una patologia: che una riforma di questa entità venga appoggiata solo dalle forze di governo e che su un tema del genere si faccia una manifestazione di partito. Le ammucchiate, come le chiama lei, non sono la patologia, sono la fisiologia, perché nel 1948, in piena guerra fredda, la Costituzione venne firmata da chi riteneva che il posto del nostro Paese fosse accanto agli alleati atlantici e da chi guardava all’Unione Sovietica. Che il partito di maggioranza faccia una manifestazione da solo, quella è la patologia.
Renzi continua a dire che il fronte del No non è propositivo, è legato al passato, è “contro”. Cosa risponde?
A Renzi preferisco non rispondere perché ha superato il limite della decenza.
Cosa intende?
Innanzi tutto, una riforma purchessia non è di per sé un bene, a prescindere dal suo contenuto. Nel 2001 (ai tempi della riforma del titolo V della Costituzione, ndr) si disse che quella riforma sarebbe stata meglio di niente. E’ invece è costata al nostro Paese il 3% di Pil in meno. Quell’esperienza dovrebbe insegnare che il cambiamento per il gusto del cambiamento porta solo problemi. Renzi ha poi dimostrato un disprezzo nel confronto degli anziani che mi lascia stupefatto.
A chi si riferisce?
Da una parte insulta certe personalità, dall’altra li sceglie come interlocutori in televisione. E’ il massimo di mancanza di lealtà e rispetto.
Che cosa non le piace di più nella riforma Renzi-Boschi?
Il problema più grave sono gli effetti congiunti della riforma costituzionale e della legge elettorale, che non possono non essere considerate nel loro insieme.
Perché vanno considerate insieme?
Non è il sottoscritto a dirlo, ma è stata la Corte costituzionale, quando ha rinviato il giudizio sull’Italicum a dopo il referendum. Ciò significa che i due temi sono evidentemente connessi.
A questo proposito Berlusconi cosa ha in mente? Collaborerà alla riscrittura della legge elettorale o aspetterà il dopo referendum?
A questo punto bisogna aspettare il referendum e non parlare adesso di Italicum. Ci sono stati mesi e mesi nei quali la legge elettorale si poteva cambiare. Personalmente avevo chiesto di modificarla prima della votazione sul testo finale della riforma costituzionale, ma così non è stato. Ed è anche per questo che sono uscito dal partito di cui ero il coordinatore e sono uscito dalla maggioranza. In privato mi si diceva una cosa e pubblicamente un’altra.
Che cosa in particolare le ha fatto compiere tale gesto?
Il fatto che la riforma della legge elettorale e un referendum sulla Carta costituzionale venissero trattati come fossero un fatto privato di partito, del Pd. Si tratta di temi che riguardano il Paese intero.
Alcuni osservatori fanno notare come in realtà tra Renzi e Berlusconi ci sia un riavvicinamento, una sorta di Nazareno tris con la benedizione del Quirinale. Questo anche perché sulle reti Mediaset si caldeggia spesso il Sì e Renzi spopola.
Io sto ai fatti. Berlusconi ha detto che vota No, lo ha detto pubblicamente in numerose occasioni. Si spenderà mediaticamente negli ultimi venti giorni, e sono sicuro che lo farà anche sulle reti Mediaset. Al presidente Mattarella ha assicurato il proprio contributo a una gestione responsabile della transizione che seguirà alla vittoria del No. Questo suo atteggiamento rassicura e aiuta l’elettorato moderato a non far condizionare il proprio voto dalla paura alimentata dalla propaganda governativa. A me sembra un dato importante, perché un paese che fonda la propria legittimità sulla paura è un paese già sconfitto in partenza.
Cambiando argomento: cosa ne pensa dello scontro Renzi-Ue? Quali sono le prospettive?
E’ qualcosa di strumentale. In politica estera non si passa in 15 giorni da Ventotene allo scontro in atto, soprattutto se si è il capo del governo di un paese fondatore dalla Ue. Serve una linea, ma per essere credibili questa linea non può essere subordinata alle esigenze momentanee e nemmeno alle esigenze di una campagna elettorale sulla Costituzione.