Mentre proseguono le discussioni a livello politico sul referendum costituzionale, un appello del principale alleato del Pd in maggioranza arriva direttamente sulle colonne del Corriere della Sera: Alfano e Casini, anche senza particolari proclami clamorosi, inc questi mesi hanno appoggiato la campagna per il Sì voluta e lanciata da Renzi, un po’ per convenienza politica e un po’ anche per provare a trovare una via alternativa al centrodestra nazionale che è completamente schiacciato sulle posizioni potremmo dire “estremiste” di Salvini e della Meloni. Allora PierFerdinando Casini ha voluto oggi dire la sua, anche se con una tempistica che qualcuno in seno alla maggioranza potrebbe definire “fuori-tempo massimo”: «chiamo ad una scelta di campo, sì, pur sapendo che la riforma dovrà essere perfezionata e nonostante Renzi abbia commesso errori nella gestione del referendum». Diversi da Berlusconi e da Salvini insomma, ma il centro dei moderati riuscirà ad avere una formazione “alternativa” al Sì renziano e al No grillino-berlusconiano-salviniano?
Il premier Matteo Renzi si è detto pronto a cambiare anche la legge elettorale per portare acqua al mulino del Referendum Costituzionale, anche se la reazione delle opposizioni, specie quelle interne al suo Pd, non sono state certo rosee per il segretario dem. L’Italicum sembra sempre più una insidia per il voto referendario del 4 dicembre 2016, e ce lo conferma anche un esperto e attento osservatore politico come Peppino Caldarola, in una intervista esclusiva al Sussidiario quest’oggi: «La sinistra Pd per esempio ha proposto il Mattarellum 2.0, ma se su questa proposta non ci fosse convergenza dovrebbe trovare un’altra strada. Renzi considera inamovibile un premio maggioritario, accetta l’idea che possa essere affidato non a un partito ma a una coalizione, mentre non ha voglia di aprire a un sistema proporzionale». Renzi deve seguire Napolitano, il vero “padre” di referendum sulle riforme costituzionali e Italicum e con le ultime indicazioni del presidente emerito il premier sarà costretto a qualche “numero” da circo. Tipo? «Se Renzi perdesse il referendum diventerebbe comunque il titolare di una maggioranza relativa nel Paese. Sia pure dimettendosi, può dire di rappresentare da solo il 48% degli italiani che vogliono le riforme. I leader del No invece dovrebbero spartirsi una fettina di quel 52% risultato vincente», secondo Caldarola che dunque non vede così alla “gogna” il Premier.
In tanti ne parlano citando i punti principali del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre 2016, eppure in molto pochi sanno veramente di cosa si tratta: la riforma Boschi in discussione nel testo referendario attesta la cancellazione dell’articolo 99 della Costituzione, ovvero quello in cui è previsto con annesse funzioni di un ente considerato troppo inutile e costoso. Si tratta dello Cnel, al cui centro delle polemiche potrebbe essere interessante dare un’occhiata: intanto il Cnel è il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro ed è un organo di rilievo costituzionale nato nel 1957 per dare una consulenza continua e tecnica al Parlamento in temi economici. Addirittura, ha anche facoltà di promuovere disegni di legge alle due Camere: come recita lo statuto di riferimento del Cnel, «È composto da 64 consiglieri: 10 sono nominati dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio scelti tra “esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica“, 48 sono “rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato”, mentre 6 sono “rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato. Restano in carica 5 anni e possono essere riconfermati». riporta il sito di Nano Press. Per Renzi e Boschi l’ente è un simbolo di mala gestione e inutile perfino della cosa pubblica con troppi buchi di lancio negli anni e un lavoro non considerato più utile: in un dibattito a maggio, Renzi stesso aveva indicato come il Cnel sia un simbolo di spreco dei soldi pubblici, in oltre 50 anni di attività ha prodotto 14 disegni di legge (mai prese in considerazione dal Parlamento) e dato 96 pareri con un costo medio di 20 milioni l’anno. A difesa del Cnel sono intervenuti in questi mesi praticamente nessun sostenitore del No al referendum: in sostanza quasi nessuno, chiaramente tranne i lavoratori stessi dello Cnel (che dovrebbe comunque ), ritiene sbagliata l’abolizione di un ente sostanzialmente inutile. Il punto contestato a Renzi però è un altro: l’inserimento dell’abolizione di un ente inutile in una riforma più complessa e generale. “Bastava una leggina costituzionale mirata, che non avrebbe dato luogo a polemiche“, si legge nel manifesto del no. (Niccolò Magnani)