“Silvio Berlusconi vuole riservarsi un ruolo sia che vinca il NO sia che vinca il SI. In caso di un prevalere del NO, vuole fare parte del tavolo dei signori della guerra che hanno vinto per decidere il dopo-Renzi. In caso di un’affermazione del SI sta pensando di fare un nuovo Nazareno”. E’ l’analisi di Fabrizio D’Esposito, giornalista politico de Il Fatto Quotidiano. Berlusconi in questo momento si trova ricoverato al New York-Presbyterian Hospital, una lussuosa clinica di Manhattan. I suoi problemi di salute hanno fatto sì che la sua posizione processuale al processo Ruby-ter fosse stralciata, con la prima udienza che è stata rinviata al 12 dicembre.
Vede una strategia precisa dietro alla scelta di Berlusconi di tenere un basso profilo nella campagna per il referendum?
Berlusconi riapparirà in pubblico a metà novembre per la convention di Forza Italia, e saremo ad appena due settimane dal referendum. Per ora Berlusconi non sta mettendo la faccia sul NO al referendum, e ciò provoca parecchio smarrimento anche dentro a Forza Italia. Ciò anche a prescindere dalla scelta di Renato Schifani come presidente dei comitati referendari, in quanto il NO in Forza Italia è incarnato soprattutto da Renato Brunetta.
Perché il Cavaliere stavolta non ha voglia di metterci la faccia?
Da un lato Berlusconi ancora una volta paga il suo conflitto d’interessi in quanto le sue aziende hanno sempre bisogno di un governo amico. Dall’altra vuole riservarsi un ruolo sia che vinca il NO sia che vinca il SI. In caso di vittoria del NO, vuole fare parte del tavolo dei signori della guerra che hanno vinto per decidere il dopo-Renzi. In caso di vittoria del SI sta pensando di fare un nuovo Nazareno. E’ questa la strategia di Berlusconi. Poi ci saranno sicuramente anche dei problemi di salute, ma sono convinto che alla fine il cavaliere non farà campagna elettorale per il NO e questo sarà un handicap forte per Forza Italia.
Berlusconi si aspetta una contropartita da Renzi in cambio del fatto di rinunciare a fare campagna elettorale?
Non ci sono contropartite, ma il fatto che in questo Paese tutte le grandi aziende hanno sempre bisogno di un governo amico. Con Berlusconi abbiamo assistito a numerose leggi ad personam non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche per quanto riguarda le norme patrimoniali. E’ un dato di fatto che anche con il governo Letta le aziende di Berlusconi andavano bene. In questo momento è in atto un riassetto del suo “impero”, immagino perché vuole passare la mano così da dividerlo tra i suoi figli. A ciò si aggiunge la vicenda Mediaset Premium, che doveva essere al centro di un accordo con Vivendi saltato all’ultimo minuto. Berlusconi quindi non può permettersi di avere un governo nemico.
Questa posizione blanda sul referendum aumenta o diminuisce i consensi di Forza Italia?
La ammazza completamente perché Berlusconi è ancora oggi Forza Italia, e nonostante il crepuscolo del leader stiamo parlando di un partito carismatico. Il carisma non si trasmette, e Berlusconi probabilmente vale da solo un 10% di voti. Se il Cavaliere dovesse attestarsi più decisamente sul NO, questa posizione sarebbe molto più confacente agli elettori di Forza Italia.
Perché?
Perché il blocco del centrodestra è comunque anti-renziano. E’ per questo che Forza Italia ha perso parecchi voti che sono finiti nell’astensionismo. Lo conferma anche il fatto che tutti gli ex leader del centrodestra che oggi sostengono il governo Renzi, cioè Ncd e i verdiniani, da un punto di vista elettorale non valgono più nulla.
Gli stessi Beppe Grillo, Matteo Salvini e Giorgia Meloni non si stanno esponendo più di tanto contro il referendum. Perché?
E’ un altro dei paradossi di questo referendum. Oggi i volti immediatamente riconoscibili del NO sono da un lato Marco Travaglio, che non è un segretario di partito ma il direttore de Il Fatto Quotidiano, e dall’altra Massimo D’Alema. Quest’ultimo sta cercando di aggregare insieme le truppe del NO, anche se fino a qualche tempo fa lo consideravamo come lo scemo che nessuno ascoltava più. Il grande paradosso di questo referendum, almeno in questo primo scorcio di campagna elettorale, è che i volti del NO non sono riconducibili a un’attività di partito forte.
(Pietro Vernizzi)