Potrebbe essere un semplice dettaglio per il referendum costituzionale, una quisquilia che non ha alcun interesse per il contenuto del prossimo voto decisivo per le riforme del governo Renzi e per lo stesso destino politico del premier. Eppure, sta diventano un caso sempre più ingente all’interno del Pd: origine di tutto, la rinuncia del ministro Maria Elena Boschi a poche ore dal dibattito in tv su La7 con il leader della Lega Nord Matteo Salvini che ovviamente ha risposto in maniera provocatoria. «La Boschi scappa. Evidentemente hanno paura, era da giorni che era in programma un confronto in diretta su La7 stasera da Lilli Gruber fra il ministro Boschi e il sottoscritto. Ho disturbato anche voi, raccogliendo suggerimenti, domande, proposte, critiche da rivolgere alla signorina Ministro, ma Boschi scappa. Evidentemente non sono così convinti della loro pessima riforma», lancia Salvini su Facebook contro il Pd, sempre più sotto attacco anche per le presenze in tv. Sembra infatti, secondo quanto riporta come indiscrezione il Fatto Quotidiano, ovviamente non certificata da nessuna conferma, che Renzi preferisca concentrare i volti decisivi del referendum, e chi l’ha scritto come la Boschi ovviamente è il principale, sula Rai e non su La7 per poter così godere di maggiore visibilità anche in termini di share. Questo stride con la presenza dello stesso Renzi a Otto e Mezzo settimana scorsa, ma resta un punto importante vedere come anche dalle piccole strategie di comunicazione possa passare il destino di un voto referendario così importante.



Mentre la battaglia politica continua sul Referendum Costituzionale tra i tentativi di Renzi di rispondere, praticamente da solo, agli attacchi di M5s, destra, sindacati e categoria politiche quanto giuridiche, una mano inattesa arriva dal braccio destro storico di Berlusconi, Fedele Confalonieri. In una allegra chiacchierata al Corriere della Sera, il “vecchio Fidel” come lo chiama il Cavaliere, si è esposto eccome sulle indicazioni per il prossimo voto sul referendum costituzionale. «Ma quelli che stanno in Parlamento sono davvero convinti che vinca il No al referendum? Sono sicuri dei sondaggi che danno Renzi per perdente?», prova a partire sul vago per poi arrivare dritto al punto, quando afferma «quando in Italia c’era la Dc e sembrava che nessuno la votasse. Infatti nei sondaggi era data sempre bassissima. Poi si aprivano le urne e… Magari mi sbaglio, ma penso che sul referendum oggi faccia fino dire “io voto No». È dunque un bel Sì convinto quello del capo di Mediaset, nonostante il riconoscimento che “Renzi è un ganassa”, ma resta il convincimento (chissà se con un seguito verso Berlusconi-Parisi) che in Italia ci debba essere in nuovo accordo tra il socialismo e le forze del popolarismo.



Il premier Renzi vive situazione schizofrenica: il referendum costituzionale, il vero appuntamento di questo governo di strane larghe intese, sta per arrivare da qui a due mesi e si sta rendendo conto ormai con chiarezza che il fatto di aver lanciato una campagna a marzo centrata su di sé non ha giovato granché, anzi. Questo da un lato, ma dall’altro la necessaria e decisiva volontà di condurre nei prossimi 2 mesi una battaglia personale visto che in molto pochi nello scacchiere politico si stanno spendendo per il Sì, mentre quasi tutti sono per il No. Come uscirne? Di certo qualche azzardo va giocato e a fine “partita” si potrà dire se avrà avuto ragione oppure no: sentite Renzi questa mattina nell’intervista a Radio Anch’io, «I 5 stelle hanno vinto un biglietto alla lotteria e con 112 click sono entrati in parlamento. I 5 stelle voteranno convintamente no al referendum, ma il popolo che vota per i 5 stelle è chiamato ad una risposta secca sulla riduzione dei costi e dei parlamentari e in molti voteranno sì». Se non è azzardo questo… i Cinque Stelle di certo replicheranno anche se il concetto avanzato è più profondo di quanto sembra. Bisogna puntare sulla scelta di ogni singolo cittadino, rischioso per il premier, ma è l’unico modo visto che la maggioranza politica punta decisa sul No. «Ho detto e lo ripeto che non discutiamo del futuro mio o del Governo, abbiamo sbagliato a inizio referendum a dare un messaggio troppo centrato su questo. E’ un dato di fatto». Referendum costituzionale è sul futuro del paese e non su quello di Renzi: i pro e i contro di questa affermazione peseranno eccome in cabina elettorale…



Il referendum costituzionale è il vero centro di tutta la discussione politica, forse anche troppo visto che in questo momento ci sarebbero anche molte altre leggi che stanno passando in “dimenticatoio” e con lentezze di procedura proprio per il quasi 100% di attenzione alle frattura tra maggioranza, opposizione, attacchi di ogni sorta e la normale campagna elettorale. Due giorni di fuoco appena passati con il ricorso in Tribunale del M5s e Si contro il testo del quesito, considerato uno “spot” da parte dei grillini, e non un vero testo referendario. La difesa di Matteo Renzi in realtà semplicissima: “quel testo è previsto dalla legge, è il titolo con cui due anni fa lo abbiamo presentato in Parlamento, e non solo la Cassazione lo ha confermato pochi mesi fa prima della approvazione finale”. Eppure grillini e grossa fetta della sinistra non ci sta (la destra e i moderati sembrano in questo dibattito improvvisamente scomparsi) e rilanciano: “la domanda posta agli elettori non tiene conto dell’articolo 16 della legge sul referendum, secondo cui, quando si tratti di revisione della Costituzione, il quesito referendario deve indicare quali sono gli articoli modificati”. In effetti gli articoli citati non ci sono: ora, mettiamo un attimo da parte il fatto che la questione è di un formalismo che sfiora il limite dell’assurdo – semmai bisognerebbe discutere nel merito del test e al limite lì sostenere le ragioni per cui il testo va non votato, o votato con parere negativo, o ancora difeso per le ragioni del Sì – se si rimane sui termini della regola perfetta, ci sono un paio di precedenti che i ricorrenti non hanno tenuto conto.

Ecco quanto riportato ieri sera da Repubblica: «Gli unici altri due referendum “costituzionali” (detti anche “confermativi”) della storia della Repubblica italiana si sono svolti nell’ottobre 2001 e nel giugno 2006. E in  entrambi i casi i quesiti referendari non riportavano gli articoli della Costituzione modificati». Di fatto all’epoca non ci fu un grande discutere di questi elementi, anche perché la vera discussione andava fatta sul contenuto che poteva piacere o meno, ma non tanto sulla formulazione, fatto salvo l’ok della forma generale avuta dalla cassazione, cosa che è avvenuta anche per questo referendum sulle riforme Boschi-Renzi. Perché poi due anni fa non venne contestato il titolo della legge se poi è risaputo che quelle parole finiranno nel referendum confermativo ora in data 4 dicembre prossimo? Lacune che fanno gongolare Renzi, anche se i problemi restano tutti interni in realtà per il premier che per questo motivo incassando l’appoggio di Confidustria ha voluto rilanciare ancora una volta. «Il voto al referendum é un’occasione che non ricapita. Di mandarmi a casa ci saranno occasioni plurime, ma se si vota semplicemente contro il governo si butta via l’occasione per i prossimi 30 anni di cambiare le cose in Italia». Renzi rilancia anche sui contenuti da affrontare nei prossimi due mesi del testo delle riforme, in modo che tutti possano esprimere una propria opinione: interessante sarebbe sapere quando partirà questa reale esigenza…(Niccolò Magnani)