Ora è ufficiale, anche se era chiaro da tempo sul referendum costituzionale cosa pensasse l’ex segretario Pd PierLuigi Bersani: «senza il cambio dell’Italicum lo avevamo detto, a questo voto non ci stiamo. E’ un anno che l’Italia mangia solo pane e riforme, ora basta. Renzi proverà a stanarmi con una proposta sull’Italicum? Chiacchiere. Non mi si può raccontare che gli asini volano. Vediamo in direzione, ma io non mi aspetto nulla», risponde così il leader della minoranza dem in attesa della Direzione Pd di domani a Roma. Il presunto eccessivo potere che il Premier avrebbe con la nuova riforma elettorale e quella costituzionale è il punto di discordia tra Bersani e Renzi, il quale si ritrova ora un partito da gestire completamente spaccato a metà. Domani la Direzione convocata dal premier fiorentino si prevede bollente, anche perché lo strappo di Bersani va a rafforzare la posizione anti-Renzi di Massimo D’Alema. Un’altra parte del partito però non ci sta: «Perché trasformare una cosa così importante come il referendum costituzionale in una battaglia sul governo? Si sta utilizzando il referendum per altro, per una battaglia interna al Pd», è abbastanza netto il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. Si lacera il partito secondo l’ex segretario, anche lui, dei Dem, che non capisce il motivo per cui il giorno prima della Direzione bisogna svoltare quando alla Camera si è votato per una modifica all’Italicum. «Così – conclude Francheschini – si lacera il partito, è una scelta motivata da altro: andare contro Renzi», intervenuto nel corso dell’intervista domenicale di Maria Latella su SkyTg24.