Il 54% degli italiani dice No al referendum e il 46% dice Sì. Sono questi, in sintesi, i dati delle ultime rilevazioni compiute dall’Istituto Piepoli e pubblicate sul quotidiano La Stampa.L’uscita che ha suscitato polemiche, perché il quotidiano torinese ha titolato, in prima: “Riforma Costituzione, rimonta il Sì” e all’interno: “Sorpresa referendum, il Sì in rimonta”. “Una prima pagina da scuola di giornalismo nordcoreana — ha commentato su Fb Renato Brunetta (Forza Italia) —. Deve esser messo proprio male il presidente del Consiglio (si fa per dire), Matteo Renzi, se è costretto a far manipolare i sondaggi, e i relativi commenti, per tentare di far raccontare ad ogni costo una realtà che non esiste”. Il sussidiario ne ha parlato con lo stesso Piepoli, presidente e fondatore dell’Istituto Piepoli. Una percentuale, quel 54% di No, rimasta invariata rispetto a un mese fa, mentre a maggio i Sì erano il 56% e i No il 44%. I Sì perdono il 10% a favore dei No nell’arco di cinque mesi, spiega Piepoli. Per il sondaggista però il risultato cambia notevolmente se si “spacchetta” il referendum in otto quesiti. Così facendo, in sei casi i Sì superano il 50% mentre in due casi prevalgono i No. Come spiega Piepoli, “è segno del fatto che il No al referendum è diventato essenzialmente un No alla figura di Matteo Renzi, più che una contrarietà ai contenuti della riforma costituzionale”.



Piepoli, nel tempo i Sì scendono o salgono e perché?

In termini formalistici è stabile la tendenza al No, mentre in termini sostanziali le cose sono più complesse. In questo momento se io esamino il referendum sul Sì o sul No, vince il No. Ma se guardo ai singoli item del referendum, la probabilità che vinca il No si affievolisce.



Qual è la domanda che avete rivolto al campione degli intervistati?

E’ la seguente: “Ora le leggerò alcune delle modifiche contenute nel referendum costituzionale e lei mi dirà quanto è d’accordo con questa modifica: se molto, abbastanza, poco o per nulla”. Quindi abbiamo citato separatamente otto modifiche: in sei casi sono state approvate con oltre il 50% dei Sì, mentre in due casi hanno prevalso i No.

In questo momento a quanto sono rispettivamente i Sì e i No?

In questo momento il No è al 54% e il Sì al 46%, proprio come la settimana precedente.

Un mese fa a quanto erano i Sì e i No?



Un mese fa erano come oggi: i No al 54% e i Sì al 46%. Però non è stato sempre così: all’interno del mese il dato è oscillato. A maggio invece i Sì erano al 56% e i No al 44%: Renzi aveva cominciato bene.

Lei come interpreta la discrepanza tra la risposta sull’intera riforma e quella sui singoli item? 

Questa discrepanza significa che leggendo e informandosi bene sul referendum aumenta la probabilità di una vittoria del Sì, anche se formalmente è sempre vincente il No. La prova del “test di prodotto” in chiave motivazionale è diversa dalla domanda secca: “Vota Sì o No al referendum?”.

 

Quindi i No sono in crescita, ma la ragione non riguarda il testo della riforma?

Esattamente. La vera questione è: Renzi sì o Renzi no? Quindi si vota una cosa per un’altra. Il referendum di per sé ha un certo valore, ma il “referente” del referendum è un altro e cioè il presidente del Consiglio. Eppure le due minestre finiscono nello stesso paiolo. Non sapremo mai chi vince, se non il giorno in cui ci sono le elezioni.

 

Quanto pesa il personalismo di Renzi sulla crescita dei NO nel tempo?

Non lo so, io guardo al referendum. Quest’ultimo ha due possibili visioni: quella del Sì/No e quella dei singoli item. Dal mio punto di vista è più vicina alla realtà probabile la visione dei singoli item. Il mio però è un giudizio da ricercatore, e non da studioso della politica.

 

(Pietro Vernizzi)