Il referendum costituzionale è un’occasione per rilanciare l’operato del governo e per fare chiarezza sul passato: Renzi più o meno in questi termini riassume l’importante del voto del 4 dicembre 2016 all’Assemblea nazionale sul Mezzogiorno, tenutasi a Napoli con anche qualche scontro prima dell’evento (lanci di sassi contro la polizia e la scorta del premier). «Il voto sul referendum costituzionale è un’occasione di chiarezza perché tutta la riforma della pubblica amministrazione passa da lì», racconta in aula il premier fiorentino, che sta cercando di districarsi tra una campagna elettorale e una situazione complicata per l’approvazione delle legge di Bilanci, non così scontata in questa fine 2016. «Non c’è solo il taglio delle poltrone, innegabile. Il punto è che per non parlare delle riforme le inventano tutte». Lo sveltimento delle tempistiche non è solo un tentativo di sistemare lo svolgimento della pubblica amministrazione, ma anche un modo per diventare più competitivi in Europa e in economia: Renzi prova di convincere la platea che il Sì potrà cambiare non tutto ma almeno qualche cosa rispetto allo stallo momentaneo. Il prossimo dicembre gli italiani gli daranno ragione?
Sul referendum costituzionale le ultime notizie riguardano in sostanza le polemiche interne al centrodestra – tra Salvini e Parisi – e soprattutto verso il governo con la lettera per il Sì inviata agli italiani all’estero di Matteo Renzi che ha suscitato moltissime polemiche di opportunità tra le opposizioni. Intanto però interviene una piccola ma sostanziale “ricucitura” all’interno del Pd con la lettera a Repubblica mandata da Pierluigi Bersani in cui viene ribadito con forza che al voto del referendum non è in gioco il governo. «Da oltre un anno a questa parte se avessi avuto l’inedita occasione di essere seriamente e direttamente ascoltato avrei detto quel che andavo dicendo pubblicamente e che devo ripetere oggi. Aver messo in gioco il governo sui temi costituzionali ed elettorali ha acceso la miccia scoperchiando il vaso di Pandora delle tensioni accumulate in questi anni, non solo da noi. Al fondo, in realtà, c’è una enorme questione sociale mondiale e italiana che meriterebbe almeno di essere nominata e compresa, e non taciuta o negata dalla gufologia». Secondo Bersani il Il dopo referendum per me è fatto di un Pd unito che si organizza per una discussione politica vera sui temi di fondo a partire dalla natura e dai compiti della sinistra nella fase di ripiegamento della globalizzazione e dell’insorgere di una nuova destra protezionista. Interviene poi sempre nella lettera su quanto il Pd possa intervenire sulla campagna elettorale per il Sì, «Ciò che si può fare in superficie e nell’immediatezza di questi venti giorni è lavorare per raffreddare il clima ragionando responsabilmente sul dopo. Diciamo dunque assieme che sul referendum non è in gioco il governo. Diciamo al mondo che la riforma del senato è una vicenda italo-italiana e che non siamo né su un crinale né su un precipizio. Il segretario potrà ben dire che spera di poter convincere i democratici che vogliono votare No, ma ovviamente ritiene che quelle realtà associative e quelle persone hanno piena cittadinanza nel Pd e nel centrosinistra».
Si fa sempre più infuocato il dibattito sul referendum del 4 dicembre 2016. I comitati per il sì e per il no alla riforma costituzionale continuano a scontrarsi sulla consultazione prevista la prima domenica del prossimo mese. Ma è solo il voto in Italia a tenere banco. Nelle ultime ore infatti è scoppiata anche una polemica sul voto degli italiani all’estero, dopo la lettera inviata ai nostri connazionali dal premier Matteo Renzi per invitarli a votare sì al referendum del 4 dicembre 2016. Il vice presidente del Comitato per il No, Alfiero Grandi, annuncia, come riporta Tgcom24, che saranno compiute azioni legali contro questa iniziativa. Accuse anche dal leader della Lega Nord Matteo Salvini che ieri durante la manifestazione per il no a Firenze ha dichiarato: “Denunceremo il premier perché comprarsi gli indirizzi di 4 milioni di italiani all’estero per mandargli una letterina è un reato penale di cui dovrà rispondere davanti a qualche giudice. Vediamo se in un qualche tribunale c’è un giudice che ne ha voglia”. Salvini ha poi aggiunto: “Quando abbiamo chiesto quegli indirizzi, a noi hanno risposto no perché c’è la privacy”.