Arriva un altro colpo di scena (se vogliamo usare un eufemismo) a meno di tre settimane dal voto per il referendum costituzionale. Questa volta il “cuore” dei problemi è il rapporto dell’Italia con l’Europa. Dopo la Brexit, dopo le polemiche tra il nuovo Presidente americano Donald Trump e il Presidente della Commissione Jean-Claude Junker, questa volta è direttamente il premier italiano, Matteo Renzi, attraverso il suo sottosegretario Sandro Gozi, che mette una sorta di “bomba a orologeria” sul tavolo della Comunità europea.



Infatti, il governo italiano ha posto la “riserva” (confermando dichiarazioni già fatte), ovvero ha sostanzialmente posto il veto, alla proposta di compromesso della presidenza slovacca per la revisione di mid-term del bilancio pluriennale dell’Unione europea. In altri termini, l’Italia non considera accettabile la proposta perché mancano le garanzie per l’aumento di risorse “a favore delle nostre priorità”: immigrazione, sicurezza, disoccupazione giovanile o programmi per la ricerca. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, in visita all’Università di Catania, ha di fatto confermato le dichiarazioni del sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, che era a Bruxelles. La dichiarazione di Renzi è stata netta: “Nella giornata di oggi, come avevamo annunciato, abbiamo messo il primo veto nella discussione sul bilancio a Bruxelles. Lo ha fatto il sottosegretario Gozi a mio nome”. E poi il premier italiano ha ripetuto una frase di qualche giorno fa: “Non accettiamo che con i nostri soldi all’Unione europea si alzino i muri”.



Non ci sarà una ripercussione immediata sul funzionamento dell’Unione europea, ma piuttosto un “avvelenamento” nei rapporti politici. Non c’è dubbio che Renzi ha sollevato una questione politica con toni molto forti. Qui si può navigare nel mondo delle spiegazioni e dei retropensieri, ma non c’è dubbio che la durezza usata da Renzi è inusuale e a questo punto innesta un necessario processo di mediazione tra i paesi dell’Unione europea. Sul bilancio si deve trovare un accordo entro un anno, altrimenti si aprirà una crisi molto grave in Europa.

Se lo scetticismo nei confronti di questa Unione europea si sta allargando in tanta parte del Vecchio continente, non c’è dubbio che Renzi, con questa mossa che aveva già minacciato, ha gettato altra benzina sul fuoco. L’aveva detto e ripetuto anche recentemente in televisione e Gozi ha rispettato il mandato ricevuto. Il sottosegretario agli Affari europei ha spiegato dettagliatamente la scelta italiana: “Lo abbiamo fatto perché riteniamo che sia una proposta su cui dobbiamo avere ancora molte garanzie sul reale mutamento a favore delle nostre priorità: immigrazione, sicurezza, risorse europee per i giovani (siano per la lotta contro la disoccupazione o l’Erasmus). I programmi di successo come Horizon2020 su cui non possiamo assolutamente accettare dei tagli e la flessibilità del bilancio europeo per una maggiore necessità di reagire alla crisi”.



Ora, secondo gli accordi su cui si basa la Comunità europea, per l’approvazione del bilancio occorre l’unanimità. E se l’Italia non cede, non passa il bilancio. È per questa ragione, di fronte a questo fatto, che si sono poste diverse domande a Sandro Gozi, la principale delle quali è stata questa: si tratta di un veto? La risposta è stata : “Il veto si pone in una votazione formale. Oggi non c’era una votazione formale, quindi la dizione è ‘riserva’ e non ‘veto’. Noi abbiamo posto formalmente la nostra riserva che la presidenza slovacca annuncerà”.

C’è da osservare che mentre si discuteva al Consiglio Affari Generali, già c’era un piccolo contenzioso tra Europa e Italia sulla manovra italiana, dove comunque l’Unione europea dovrebbe concedere un sì, dopo alcuni rilievi sollevati. Ma che il clima stia diventando sempre più rovente risulta chiaramente da altre dichiarazioni di Gozi: “Noi non siamo né nazionalisti, né populisti. Noi però siamo molto stanchi di un’Europa che dice alcune cose e poi non le fa. Siamo stanchi delle ambiguità e delle contraddizioni europee. Siamo molto stanchi di un’Europa che è piccola con le cose grandi e grande con le cose piccole. E siamo convinti che, se l’Europa non cambia, siamo di fronte all’inizio della disintegrazione europea”.

Ora pensare che tutto questo che viene da Bruxelles per voce di Gozi, su mandato di Renzi, sia una specie di mossa a sorpresa per andare a “pescare” i voti degli euroscettici nel prossimo referendum sulla riforma costituzionale, pare una forzatura che non ha spiegazioni logiche. Si potrà obiettare che il tempo per ricucire questo “strappo” all’interno dell’Unione europea c’è. E dura ben un anno. Il nostro premier potrebbe da questo momento dire di aver “alzato la voce” con questa Europa che appare a molti moribonda e che di certo non brilla per la sua funzionalità e neppure per la sua “simpatia”.

Ma la spiegazione appare troppo forzata e poco convincente rispetto alla realtà che stiamo vivendo. L’Italia è ormai frenata da questi vincoli europei e la stessa politica di Bruxelles, a trazione tedesca, non convince diversi Paesi. In più ci sono le polemiche con Donald Trump. Ma anche il Presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama, in visita in Grecia, non ha mancato di attaccare ancora una volta la politica dell’austerità dell'”ordoliberalismo” teutonico.

Non va neppure dimenticato che i recenti attacchi della Bundesbank tedesca alla politica monetaria del Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, sembrano diretti a colpire in primo luogo l’Italia e fermare a marzo il Qe (Quantitative easing), vale a dire l’acquisto di titoli di Stato della Bce, che ha fatto galleggiare l’Italia in questi anni.

Con tutta probabilità, in un incrocio di circostanze e di problemi aperti, Renzi ha colto la palla al balzo per aprire ufficialmente il “problema” europeo che ormai in tanti pongono sul tappeto. C’è chi spera che da un “forte chiarimento” possa nascere un “ricompattamento” dell’Europa. Ma c’è anche chi pensa che siamo solo all’inizio di uno sfaldamento generale e anche di una possibile disintegrazione.