Un elettore stanco, disorientato e che ha perso interesse al voto referendario: questo è lo scenario che descrive Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, agenzia di ricerche e sondaggi, in vista del voto del 4 dicembre. Secondo Buttaroni, parlando con ilsussidiario.net, colpa di questa situazione è il modo con cui è stata gestita questa campagna referendaria: “Si è discusso a lungo in termini esclusivamente politici con toni accesi da entrambe le parti e solo in ultima istanza si è cominciato a parlare dei contenuti della riforma. Ma a questo punto l’elettore aveva perso interesse e l’esercito degli indecisi si è ulteriormente ingrossato”. Un esercito che secondo gli ultimi sondaggi disponibili, adesso che si è entrati in clima di oscuramento, rappresenta un quarto del totale. A cui va aggiunto il partito dell’astensionismo: “Ma quelli non voterebbero comunque e nessuna delle due parti riuscirà a recuperarli”.
Buttaroni, chi sono gli indecisi? E’ una fetta di elettorato che davvero si è ingrossata ulteriormente nelle recenti settimane?
Bisogna chiarire alcuni aspetti, innanzitutto. Questa è stata una campagna con un’evoluzione molto diversa dai soliti appuntamenti elettorali. Si è partiti molto presto, addirittura a maggio, e si è partiti subito con toni molto accesi e fortemente radicalizzati da entrambe le parti. E tutto questo in un momento in cui gli elettori dei contenuti specifici del referendum conoscevano poco o nulla.
Poi cosa è successo?
E’ successo che man mano che cresceva la conoscenza dei temi referendari, nell’opinione pubblica si è attenuato l’interesse.
Perché?
Perché, per quanto i temi siano giudicati importanti, si è capito che il referendum non è il giorno del giudizio universale come a lungo si è cercato di far credere all’opinione pubblica. E’ da notare che se prima le posizioni erano di tipo esclusivamente politico, pian piano sono aumentati quelli che danno giudizio sulla materia e sono diminuiti quelli che danno un giudizio politico, anche se sono ancora molti.
Dunque?
Si è verificato un disallineamento tra politici ed elettori. Gli incerti sono rimasti incerti, anzi sono cresciuti. La seconda cosa da notare è che gli indecisi appartenevano sin dall’inizio prevalentemente all’area dei partiti che si sono schierati per il No. Questo ha fatto sì che andandosi a posizionare questi elettori, i No sono andati crescendo.
Coloro che si astengono in Italia rappresentano oggi una parte non indifferente dell’elettorato. Pensa che anche loro facciano parte dell’area degli indecisi?
Chi non voterà al referendum non avrebbe votato a qualunque tipo di elezione ci fosse stata. I tre quarti almeno di chi non voterà fanno parte di un elettorato ben preciso e ormai inamovibile. E’ un elettore che è molto difficile se non impossibile andare a recuperare per chiunque.
Come giudica il fatto che mentre il Sì, attraverso Renzi e i suoi, appaia massicciamente sui media televisivi, i No sarebbero in vantaggio?
Bisogna intanto tenere conto che il giudizio dell’opinione pubblica su questo governo è largamente negativo, a sostenerlo sarà circa il 20-25% della popolazione. La sovrapposizione mediatica dei membri del governo poi non ha certamente giovato loro.
Perché?
Sarebbe stato meglio ed anche più efficace, vista la materia in ballo, che il governo dicesse: questa è una riforma che consegniamo al paese, adesso il paese decida. Invece si è cercato di far passare questo referendum come un sì o un no al governo stesso, confondendo anche i termini tecnici della riforma costituzionale.
Ci sono secondo lei dei fattori che potranno influenzare la decisione di voto? Elementi esterni come lo scontro in atto con la Ue o i mercati finanziari?
Noi sondaggisti ragioniamo in termini di misurazione dell’opinione pubblica la quale è materia fragile, soggetta a cambiamenti anche repentini per natura. Viviamo in una epoca in cui le cose cambiano velocemente e i fatti avvengono senza che ci sia la capacità di prevenirli e prevederli. I mercati finanziari ormai si muovono a prescindere dall’economia reale, ne abbiamo avuto riscontro in questi anni di crisi. E’ un circuito svincolato in cui la vittoria di un fronte non ha un’influenza diretta. Anche se vincessero i Sì ci sarebbero movimenti dei mercati finanziari, lo ha detto ieri Bankitalia. Le azioni speculative del mercato finanziario avvengono per conto loro perché si decide che avvengano.
Il suo pronostico?
Personalmente non ho mai neanche giocato la schedina, per me contano le probabilità. La grande maggioranza di probabilità fa sì che lo scenario più probabile sia la vittoria del No, ma ripeto, parlo in termini di probabilità.