Il rinvio paventato questa mattina da Angelino Alfano rispetto alla data del referendum costituzionale ha scatenato i palazzi della politica, dopo giorni di “unità” nazionale dovuti al grave sisma in Centro Italia. Renzi ha già seccamente smentito qualsiasi ipotesi di rinvio, ma il Movimento 5 Stelle vede comunque il suo zampino in questa idea formulata stamattina durante l’intervista a Rtl. «I sondaggi iniziano ad andare male per Renzi. Così il referendum prima previsto per ottobre, poi slittato a dicembre, adesso lo vogliono far slittare addirittura in primavera. Non si azzardino a strumentalizzare le vittime del sisma per i loro loschi fini politici e a usarli come scusa per rimandare una votazione che vede Renzi perdente. Il governo piuttosto tenga ferma la data e si concentri a garantire alle vittime il loro pieno diritto di essere cittadini, attraverso il ripristino di case, scuole e presidi sanitari», recita la nota dei parlamentari grillini. Renzi smentirà ancora e soprattutto convocherà Alfano per spiegazioni, intanto però la campagna elettorale continua col giallo…
E dopo Palazzo Chigi arriva anche la smentita secca e quasi irritata sulla proposta di rinvio del referendum costituzionale da parte di Matteo Renzi: la “bomba” lanciata da Alfano vede la risposta di Renzi intervistato da Radio24, «Se vogliamo parlare di terremoto va bene. Se vogliamo parlare di referendum va bene. Ma evitiamo di incrociare le due cose che non hanno niente a che vedere». Il tema doppio è ovviamente quello del referendum 4 dicembre e del terremoto, le due vere emergenze di questa seconda parte del 2016 in termini politici e sociali. Il presidente del Consiglio ha poi aggiunto sempre nell’intervista radiofonica di come una ipotesi del rinvio «non esiste, non perdiamo tempo con questa vicenda, Pur di non parlare del merito del referendum ogni giorno viene fuori un argomento a piacere, ma il referendum non è in discussione». Una polemica politica che potrebbe finire nel vuoto prima di sera, ma anche no: alcune indiscrezioni riportate da TgCom 24 dicono che Renzi abbia lanciato come “sonda” Confalonieri e Gianni Letta da Berlusconi per vedere l’eventuale risposta di un rinvio, e pare che il No secco sia arrivato da Arcore…
Caos sull’asse referendum costituzionale e terremoto: prima Alfano lancia la “bomba” sulla possibilità di un rinvio del voto del 4 dicembre per favorire la ripresa dell’emergenza terremoto e dall’altra la immediata tirata d’orecchi di Palazzo Chigi, che risponde a tono all’intervista del Ministro degli Interni a Rtl questa mattina. «Nessuno slittamento, la data non si cambia. Ne è dimostrazione che l’agenda di Renzi è impegnata e incentrata sulla campagna elettorale. Il premier giovedì sera sarà alle 21 a Padova per un’altra tappa della campagna per il Sì al referendum». Caos politico con un memento importante del governo che pur appoggiando la scelta del Sì, avanza l’ipotesi – qui sotto trovate le parole esatte, più complete di quelle che si leggono in queste ore in improbabili ricostruzioni “ad effetto” – di una possibile altra data per la votazione sul referendum costituzionale. L’appello fatto da Alfano a Forza Italia per riunirsi in un ipotesi di rinvio viene respinta da Giovanni Toti che su Facebook risponde «L’Italia è paralizzata da mesi da una campagna elettorale permanete voluta dal governo su queste riforme: è giunto il momento che gli elettori si esprimano. E poi… Tre Governi non eletti… Referendum da rinviare… voto delle Province cancellato: ma i cittadini hanno ancora diritto di dire la loro?».
Le parole di Angelino Alfano stanno tenendo banco nel dibattito sul referendum costituzionale 2016: il voto in programma il 4 dicembre prossimo rischia di rendere una possibile svolta dopo le ultime parole del ministro degli Interni che di fatto “smentisce” solo pochi giorni dopo il premier Renzi. Il presidente del Consiglio aveva detto in conferenza stampa dopo il CdM straordinario sul terremoto che l’ipotesi di un slittamento sulla data era inesistente, “è una cosa che non esiste”, ma oggi Alfano intervistato da Rtl 102.5 ha lasciato intendere come i piani potrebbero essere totalmente diversi. «È molto difficile parlare di campagna elettorale quando la situazione del terremoto versa in questo stato di totale emergenza con tutti quegli sfollati», dunque apre ad una clamorosa novità. «Non c’è nessuna richiesta di rinvio della data del referendum elettorale, ma è chiaro che sul piano della polemica pubblica è una fatica parlare oggi del referendum. Ma qualora una parte dell’opposizione chiedesse lo spostamento del referendum, mi unirei alla richiesta. Lo dico a livello personale come capo del mio movimento e credo che una richiesta di questo tipo non potrà non essere presa in considerazione». E poi addirittura l’appello a Forza Italia e Silvio Berlusconi per cambiare la data del referendum: «dia disponibilità allo spostamento della data del referendum, anche se ripeto parlo da capo del mio movimento e tutto andrà valutato con la massima attenzione».
E se al referendum costituzionale dovesse vincere il Sì, il giorno dopo il 4 dicembre cosa succederà al Senato della Repubblica? In molti ormai sanno tutto delle dispute sul taglio dei senatori, la fine di un bicameralismo perfetto che i critici della riforma Boschi considerano come un bicameralismo di possibile pasticciata conformazione (se dovesse vincere il Sì), altri ancora si dilettano sugli attacchi pro o contro Renzi. Ma il Senato come funzionerà se dovesse passare la riforma alle urne? Un folto gruppo di saggi stanno mettendo a punto la bozza del Pd per presentare al più presto in maniera operativa la conformazione nuova del Senato, che non solo prevederà meno senatori e legati alle realtà locali e regionali. Il memorandum visitato dall’Agi vede un sindaco come possibile presidente del Senato, «Ma difficilmente potrà essere un sindaco di una grande città», è l’opinione di Luciano Violante al Corriere della Sera. Altra idea esposta nel «memorandum sulle norme regolamentari del Senato da modificare» (così viene definito il documento): «Introdurre – si legge ancora sull’Agi – l’incompatibilità tra cariche negli organi del Senato e cariche nei governi regionali e locali. Ma è soprattutto un punto ad essere finora davvero poco considerato anche dai detrattori di Renzi è la praticità o meno di un Senato legato non più ad una legislatura ma ovviamente ai Consigli Regionali ed elezioni amministrative: «Se dovessero vincere i sì «il concetto di legislatura» non riguarderà più il Senato. Ovvero i senatori non rimangono più in carica 5 anni. Si rinnovano, la loro permanenza dipende dalle elezioni regionali o locali». Nei prossimi dibattiti sul referendum costituzionale si riuscirà ad avere un confronto franco e diretto su questo punto forse decisivo? (Niccolò Magnani)