Luigi Di Maio attacca Vincenzo De Luca: il vicepresidente della Camera dei deputati ha accusato il Governatore della Campania di incitare 300 sindaci “al voto di scambio per recuperare voti in favore del sì al referendum” sulla riforma costituzionale che si terrà il prossimo 4 dicembre. Il deputato del Movimento 5 Stelle ha utilizzato la sua pagina Facebook per commentare il discorso clientelare di De Luca rivelato da Il Fatto Quotidiano. “A parte il chiaro stato di disperazione del fronte del Si che cerca di comprare voti con “una frittura di pesce”, il Partito Democratico non ha battuto ciglio, non un’ammonizione, non una sospensione dal partito, non una richiesta di dimissioni”, ha scritto Di Maio, che ha poi rivolto una domanda ironica al presidente del Consiglio e segretario del Partito democratico, Matteo Renzi: “Non avete reagito in alcun modo perché il voto di scambio è nella vostra storia politica?” (clicca qui per visualizzare il post di Di Maio su Facebook).



È scontro sulla campagna elettorale per il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre e il momento in diretta oggi a In mezz’ora su Rai 3 con Lucia Annunziata ha visto battagliare il premier Matteo Renzi e il segretario Fiom Maurizio Landini. Le ragioni del Sì? Presto che dette… «Per 70 anni non si è fatto nulla e chi guida il fronte del no al referendum ha promesso riforme che non sono mai state fatte. L’Italia è ferma, per aiutare i poveri e il ceto medio non bisogna difendere la casta ma bisogna fare le cose». Apriti cielo, con Landini che non sta certo a guardare e contrattacca, «Il mio no non è contro Renzi, è sulla riforma della costituzione che è malfatta e non va fatta così, non è voto su governo o su Renzi. Non si può trasformare una riforma su un voto a favore o contro il governo, è un errore grave così si divide un Paese. Anche il termine accozzaglia e’ sbagliato, cosi’ si lacera un Paese gia’ diviso e lacerato di suo». Secondo Landini il rischio forte con il combinato disposto tra referendum costituzionale e legge elettorale attuale è un’apertura senza poter tornare indietro sul populismo alla Trump: «Personalmente trovo che se si andasse a una riforma della Costituzione con una legge elettorale che da’ un potere ad un partito di grandi dimensioni, il mio problema allora, è che vorrei mantenere una Costituzione in cui si possano cambiare i governi senza il rischio che mi arrivi il Trump di turno che modifica tutto. Non vorrei che dopo gli acrobati arrivino i clown».



Come tutti gli appelli in politica vengono esaltati e criticati, così anche quello sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre 2016 promosso da molti artisti del mondo dello spettacolo, della cultura e anche dello sport. L’Appello in favore del Sì al referendum ha fatto ovviamente gongolare il premier Renzi che ha subito retwittato il testo per il Sì degli artisti: «il cambiamento della Costituzione è un gesto logico e naturale: la nostra Costituzione ha accompagnato lo sviluppo economico e la crescita dell’Italia per un trentennio. Con la trasformazione degli assetti mondiali e delle strutture economiche e sociali, non ha potuto impedire che il Paese rimanesse in seguito sempre più bloccato, fino allo stallo totale degli anni più recenti». Le firme sono molto famose: troviamo da Stefano Accorsi a Paolo Sorrentino, da Carla Fracci a Roberto Bolle, fino a Bocelli, Zingaretti e decine di registi, produttori, scrittori e ballerini. Secondo i sostenitori del Sì, «il cambiamento implica una comprensione attenta e una discussione aperta sulla sostanza. La sovrapposizione di argomenti contingenti e di secondi fini non è un atteggiamento al livello della questione, è un inganno. I cambiamenti proposti ci paiono nel merito sensati e orientati a creare per la politica condizioni operative più chiare e responsabili: permettendo così ai cittadini una maggiore visibilità dei processi e una maggiore chiarezza dei ruoli decisionali». Anche il campione del mondo Marco Tardelli nella schiera dei sostenitori pro-riforma, nonostante le tante cose che comunque restano non risolte in quel testo: cosa spinge effettivamente per il Sì, l’appello prova a proporlo. «Obiezioni ai singoli punti della riforma sono fondate e vanno rispettate. Ma la somma di queste obiezioni non ci pare tale da giustificare un ‘no’. Che metterebbe una pietra tombale su ogni ulteriore possibilità di cambiamento, per anni: anni veloci e cruciali, in cui il mondo andrà avanti per percorsi che non sarà dato inseguire, se rimarremo immersi nello stallo attuale. Per questo, serenamente, ragionevolmente, e nel pieno rispetto di tutte le posizioni, noi voteremo e voteremo ‘sì’».



Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre prova a spegnere qualche fuoco ipotizzato, senza mai la piena convinzione, dal premier Renzi. Nell’intervista al Corriere della Sera, il titolare del Mef afferma: “”Cresce l’incertezza nel mondo dopo Brexit e l’elezione di Trump, ma non c’è nessun complotto dei mercati. I mercati sono più nervosi perché c’è incertezza sulla prosecuzione del processo di riforme. L’economia vuole stabilità”. Niente spread-allerta per il voto del referendum, questo è almeno quello che pensa e riporta Padoan provando appunto a spegnare qualche presunta allerta lanciata nei giorni scorsi: «un fenomeno comune, legato alle attese sull’inflazione americana. I tassi sono andati su un po’ in tutta Europa. Non c’è un rischio Italia, ma nervosismo sulla prosecuzione delle riforme». Interessante il passaggio sulla riforma del Titolo V, uno die punti più discussi del contenuto al referendum costituzionale: secondo Padoan, «La riforma del titolo V della Costituzione fa passare dalle Regioni allo Stato molte competenze sulla salute dei cittadini, sul turismo, sulle politiche attive del lavoro. Grazie a questo cambiamento diminuirà il contenzioso tra i diversi livelli di governo, miglioreranno i processi di spesa, migliorerà la qualità dei servizi ai cittadini e sarà più semplice e veloce realizzare gli investimenti sulle infrastrutture».

Sono ricostruzioni fatte da Repubblica e non affermazioni pubbliche, ma sul referendum costituzionale il pensiero del premier Renzi sembra essere abbastanza netto: «se al prossimo 4 dicembre 2016 perdo il referendum, allora il governo cade. A quel punto vediamo chi sarà capace di trovare un accordo per un altro esecutivo», sono queste le parole che Matteo Renzi pare abbia consegnati ai fedelissimi durante l’ultimo weekend elettorale. Ci saranno poi sicuramente smentite ma il succo dell’azione renziana in questi ultimi giorni di campagna è proprio quella di convincere gli elettori indecisi sulla mancanza di alternativa in un eventuale accordo di governo tra Grillo, Salvini, D’Alema e Berlusconi. In attesa di vedere se il premier avrà ragione su questo ambito, la sua volontà è quella di recuperare voti là dove ha sempre attinto in questi anni da “rottamatore”, il centrodestra un tempo berlusconiano. Mentre a sinistra fa sempre più fatica, Renzi prova a convincere l’elettorato deluso da Berlusconi e ancora indeciso sul voto della riforma costituzionale. Ora è il momento di spiegare la riforma Boschi e nello stesso tempo di scagliarsi contro “quell’accozzaglia” del No che vuole farlo cadere, come ha detto ieri sera lo stesso Renzi in comizio. Ce la farà?

Due settimane al voto per il Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016 e sempre più infuocato il clima politico intorno alla consultazione sulla riforma voluta dal governo Renzi. Proprio il premier è stato oggetto di una denuncia da parte del Comitato per il No che, come riportato da Tgcom24, ha presentato un esposto all’Agcom, l’Autorità per le comunicazioni. Il Comitato per il No denuncia la violazione delle leggi sulla par condicio durante la campagna elettorale per il Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016. Ad essere contestata è la “vistosa sovraesposizione, sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo, del presidente del Consiglio e di esponenti del governo nell’informazione diffusa dalla concessionaria pubblica, con particolare riguardo ai principali Tg (Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews)”. E’ stato quindi chiesto un intervento per impedire che queste irregolarità continuino in vista del voto per il Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016. “Considerato – conclude l’esposto – che il presidente del Consiglio si presenta per opinione pacifica e per la conduzione dell’intera campagna elettorale come il principale testimonial del Sì, è facile comprendere come questa presenza del tutto al di fuori delle regole finisca per violare palesemente ogni regola e principio in tema di par condicio”.