Se ci si mette anche la stampa internazionale sulla campagna elettorale del referendum costituzionale, davvero i contenuti di questa riforma rischiano di rimanere sempre più in secondo piano, a differenza delle possibili conseguenze che arriverebbero con le vittorie di Sì o del No. Oggi sia il Financial Times (Inghilterra) che il Wall Street Journal (Usa) hanno scritto editoriali tutti incentrati ai possibili rischi se dovesse vincere il No il prossimo 4 dicembre. Il Wsj, in prima pagina, sottolinea i rischi per gli investitori che “si preparano al tumulto”, mentre il Ft gli dedica un commento nelle pagine interne, firmato da Wolfgang Munchau che vede dopo il referendum il rischio di una nuova “crisi della zona euro”. Secondo il quotidiano economico inglese, «In caso di vittoria del ‘no’ si prevede una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio l’appartenenza dell’Italia alla zona euro. Una possibilità inquietante che non ha nulla a che fare con il referendum stesso». Ma allora quali sarebbero le motivazioni? Come riporta l’Ansa, La prima è la debole performance economica del Paese che “ha perso il 5% di produttività” dall’adozione dell’euro nel 1999, “mentre in Germania e Francia è salita del 10%”. La seconda è il “fallimento” dell’Ue “che non ha saputo costruire una vera Unione economica e bancaria dopo la crisi del 2010-2012 e ha invece imposto l’austerità”. Dagli Usa invece il rischio di un No al referendum sarebbe per la possibilità che i titoli bancari tremino nell’eventualità della sconfitta di Renzi e questo porterebbe conseguenze anche sui mercati internazionali ed europei “non raccomandabili”.
Non è tardata ad arrivare la replica di Matteo Renzi alle dure dichiarazioni di Beppe Grillo, che lo ha definito un “serial killer” per la riforma costituzionale che sarà sottoposta al referendum. Durante la diretta #MatteoRisponde su Facebook il presidente del Consiglio ha risposto al leader del Movimento 5 Stelle: “È uno straordinario professionista della comunicazione, dice che noi siamo i serial killer e tutti rispondono ma così nessuno parla più delle firme false”, ha dichiarato Matteo Renzi, che consiglia di non cascare nella “trappola” di Beppe Grillo. Il recente attacco arrivato dal M5S rappresenta, dunque, una tecnica per il premier: “Grillo e i 5 stelle in queste ore sono in difficoltà perché è emerso il reato delle firme false”, ha aggiunto Matteo Renzi. Il segretario del Partito Democratico ha ribadito poi che le dichiarazioni di Beppe Grillo rappresentano un tentativo di distogliere l’attenzione dalla vicenda delle firme false: “Siccome sotto il profilo comunicativo sono all’angolo, Grillo inventa una frase a effetto cosicché tutti cadano nel tranello e improvvisamente si nasconde la realtà”.
Un Beppe Grillo scatenato che nel suo collegamento video sul blog dei Cinque Stelle punta tutto sul No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: ma lo fa in una modalità se possibile ancora più aspra e dura di tutte le precedenti puntate. Sentite il leader M5s: «Abbiamo di fronte dei serial killer, persone che vogliono attentare alla vita dei nostri figli tra 20 anni». Punto numero 1, così per sparigliare le carte tra le prime affermazioni fatte alla base del Movimento: poche ore prima Luigi Di Maio all’Ansa aveva detto, con toni molto più pacati, che se vince il No si dovrà andare al voto il prima possibile, lasciando dunque tutta la scena della dura opposizione in mano al “vecchio” leader e fondatore. «Nella riforma “c’è una clausola di supremazia, vuol dire che il governo avoca a sé tutti i contratti. Io devo avvisarvi, questa clausola significa che le multinazionali faranno direttamente i contratti con il governo», spiega Grillo puntando il dito contro le ricadute su ambiente e sanità. Infine l’affondo durissimo, «Qui siamo oltre la dittatura, perché se fosse una dittatura e si facesse riconoscere, un Pinochet, un generale con le medaglie che dice “Sono un dittatore”, allora uno si organizza, va in clandestinità, fa il Carbonaro, reagisce, fa delle cose. Qui siamo con un involucro di nulla riempito di nulla che sta svendendo il futuro di tuo figlio, di mio nipote, dei tuoi parenti, a delle multinazionali che verranno qua e prenderanno qualsiasi cosa».
Non si nasconde niente dicendo che se da un lato il referendum costituzionale del 4 dicembre è la sfida tra due anime politiche divise e combattute in questi mesi, il “Renzismo” e l’Anti-Renzismo” (vi ricorda qualcuno? Bravi…, ndr), dall’altro il voto sulla riforma è anche un momento per togliersi sassolini in entrambi gli schieramenti, certamente a seconda di quale risultato arriverà. Ebbene, Ignazio Marino continua imperterrito a colpire quello che considera il suo “mandante” di uccisione politica nella scorsa amministrazione capitolina a Roma e il suo No va letto proprio in questi termini. Nell’intervista a La Stampa di oggi, l’ex sindaco della Capitale torna sui motivi del No, con una non nascosta acredine nei confronti del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. «Il referendum, convocato per riscuotere un plebiscito, ora fa paura. E si cerca di manipolare l’opinione pubblica con le peggiori tecniche. Da un lato la legge di stabilità che a colpi di bonus e marchette lobbistiche diventa il grande mercimonio della Repubblica. Dall’altro l’evocazione di apocalissi finanziarie connesse al referendum. Tutto si tiene, scivolando pericolosamente su un crinale antidemocratico». Tutto secondo Marino si lega alla situazione di Roma di un anno fa e il futuro potrebbe arrivare in due termini, se dovesse vincere il Sì: «Tutta questa stagione è dominata dallo stesso sprezzo della democrazia e del valore costituzionale della sovranità popolare. la volontà renziana spazzò via la mia giunta consegnando Roma al Movimento 5 Stelle. Ora rischia di consegnare l’Italia a Grillo. Anzi alla Casaleggio Associati».
La giornata che ci siamo lasciati alle spalle ha visto il referendum costituzionale entrare ancora di più nella bagarre politica con la televisione e la comunicazione come punto di snodo: sia gli attacchi del Movimento 5 Stelle a Fabio Fazio sulla presunta differenza di trattamento tra fronte del Sì e fronte del No, e sia lo scontro forte tra Renzi e Landini andato in scena a In mezz’ora su Rai3 da Lucia Annunziata. «Per 70 anni non si è fatto nulla e chi guida il fronte del no al referendum ha promesso riforme che non sono mai state fatte. L’Italia è ferma, per aiutare i poveri e il ceto medio non bisogna difendere la casta ma bisogna fare le cose», ha attaccato il premier contro il segretario generale della Fiom. Sono poi taglio poltrone e abolizione del Cnel i due temi scelti da Renzi per rilanciare le ragioni del Sì, cercando di puntare ancora una volta su punti “sensibili” per l’opinione pubblica, tralasciando magari i punti meno chiari della riforma stessa. «Capisco la solidarietà tra colleghi sindacalisti, ma difendere il Cnel è impensabile per chiunque», attacca Renzi. “Sul Cnel non ho problemi ma la Costituzione non può essere cambiata all’ingrosso, siete voi a far votare 40 articoli insieme”, replica il leader Fiom. «Ho avuto l’impressione che Landini non abbia letto la riforma. Mi diceva che è mal fatta, e io “dove?”. Qua si riducono le poltrone non gli spazi di democrazia», racconta Renzi a Ercolano per un’altra tappa del tour per il Sì. Di contro però il piano della campagna elettorale ha visto un cortocircuito di botta e risposta tra il Movimento 5 Stelle e la trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa: dopo l’intervista a Renzi criticissima da Agcom e da tutte le opposizioni, oggi arriva la “riparazione” con l’intervista a Salvini. Ma Grillo non è andata giù: «Il conduttore televisivo Fabio Fazio ignora il M5s e favorisce Renzi e la sua battaglia per il referendum, è un militante piddino che dovrebbe dimettersi o andare a lavorare per l’Unità perché la tv pubblica è per giornalisti imparziali e onesti». Non si lascia attendere la replica del conduttore storico di Che Tempo Che Fa: «Invitati Grillo, Davide Casaleggio, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Tutti gli inviti sono stati declinati». Insomma, quando arriva questo 4 dicembre 2016? (Niccolò Magnani)