A quasi dieci giorni dal referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 si alzano i toni della campagna elettorale con il M5s che sul blog di Beppe Grillo và giù durissimo contro Matteo Renzi:”Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda. Ormai non argomenta, si dedica all’insulto gratuito e alla menzogna sistematica”. La “menzogna” alla quale si riferiscono i pentastellati, come riportato dalla versione online de La Repubblica, riguarda le parole del premier su Alessandro Di Battista:”Credo prenda meno di 16mila euro al mese, perché qualcosa restituisce, ma credo abbia preso una media di diecimila euro al mese, il doppio di quello che prendo io” aveva asserito il Presidente del Consiglio ieri nel corso del consueto #matteorisponde. Pronta la replica del MoVimento, che oggi risponde:”Falso (Renzi) guadagna il doppio. Basta cercare su Google e troverete che il presidente del Consiglio guadagna 10.000 euro lordi al mese, i parlamentari del M5S se lo tagliano, prendono uno stipendio di 5.000 lordi e il resto lo versano al microcredito per le imprese”.
È di oggi l’annuncio di Alessandro Pace, presidente del Comitato per il No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, di voler intentare un ricorso nel caso in cui il voto all’estero si rivelasse determinante ai fini di un’eventuale vittoria del Sì. Da Piombino, dov’è intervenuto per sostenere le sue riforme, come riporta Repubblica.it non si è fatto attendere il commento del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi:”Vogliono solo la rissa, noi entriamo nel merito della riforma con il sorriso sulle labbra. Ieri c’è stata l’ennesima polemica di Grillo che ci ha chiamati ‘serial killer’ oggi quelli del No dicono che se perdono faranno ricorso. Noi non faremo ricorsi e controricorsi, faremo una battaglia con il sorriso e parliamo del merito. Loro hanno paura di parlare del merito perché se si capisce che la domanda è sul rendere il Paese più semplice non ce n’è per nessuno. Il tentativo è di buttarla in rissa, la nostra reazione è calma e gesso, sorrisi e tranquillità”.
In un’intervista concessa al quotidiano La Stampa, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, cerca di rassicurare gli investitori a prescindere dall’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Visco si dice convinto che “Vinca il Sì o il No, l’Italia dovrà andare avanti con le riforme. Qualunque sia il risultato della consultazione, all’indomani del voto la direzione di marcia non potrà che essere quella di proseguire nella ricerca della risposta giusta ai cambiamenti”. Ma lo spettro dell’instabilità in caso di successo del No al referendum costituzionale è poi così concreto? Visco fornisce la sua personale lettura:”Non c`è chiarezza su quella che sarà la risposta successiva all’esito del referendum. Lo sforzo di rendere il nostro ambiente economico più favorevole all’attività di impresa dovrà continuare. Solo così si potrà dissipare l`incertezza che condiziona gli investimenti e frena la crescita. Ovviamente, le risposte non sono semplici”.
Sempre più nel vivo la ‘battaglia’ politica per il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 quando gli italiani saranno chiamati al voto per decidere se approvare o bocciare la riforma voluta dal governo Renzi. La riforma costituzionale, in particolare, stabilisce il superamento del Bicameralismo perfetto. Mentre si avvicina sempre di più la data, le posizioni degli esponenti politici a favore del sì e del no sono sempre più radicate e a caccia degli italiani ancora indecisi su cosa votare al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. In ballo ci sarebbe anche il voto degli italiani all’estero. Come riporta infatti il Sole24ore, il presidente del comitato del No, Alessandro Pace, ha spiegato che “se il voto all’estero fosse rilevante ai fini della vittoria del sì noi avremo la possibilità di effettuare reclamo all’ufficio centrale del referendum”, perché il voto, secondo quanto stabilisce la nostra Carta costituzionale, è “personale, libero e segreto”, ma per il modo con cui si vota dall’estero “non è garantita la segretezza”.
In vista del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 interviene anche Sergio Cofferati, europarlamentare del gruppo S&D ed ex segretario generale della Cgil. A margine della seduta plenaria dell’Europarlamento, a Strasburgo, come riporta l’agenzia di stampa Adnkronos, Cofferati ha sottolineato che vengono sparsi, “credo volutamente”, e per ragioni “volte ad influenzare il comportamento dei cittadini”, degli “allarmismi che non hanno fondamento”. Cofferati sottolinea che “non c’è alcun timore per l’economia nel caso della vittoria del no”. “Ci sono state consultazioni impegnative molto importanti, le ultime sono state le presidenziali negli Usa, e in Europa la decisione dei britannici di uscire dall’Ue: come si è visto non è successo nulla. E’ normale che sia così – sostiene ancora Cofferati – i mercati rispondono a ragioni di merito, non ai rapporti istituzionali o, ancora peggio, agli equilibri politici”. Dunque il dibattito politico continua ad essere infuocato tra i sostenitori del sì e quelli del no al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, a dodici giorni dal voto.
Nell’attesa che il referendum del 4 dicembre 2016 metta la parola fine alla guerra tra i sostenitori del Sì e del No, sembra già formarsi un nuovo asse politico nel caso in cui le riforme volute da Matteo Renzi vengano respinti. Come riportato da Today.it, infatti, M5s e Lega Nord in caso di vittoria del No potrebbero coalizzarsi in Parlamento per chiedere un immediato ritorno alle urne. Ad esprimere questo intendimento a nome del Movimento Cinque Stelle è stato Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, che al direttore dell’Ansa Luigi Contu ha confidato:”Se vince il No immagino che non ci sarà più il governo Renzi e che il presidente della Repubblica chiederà alle forze politiche cosa vogliano fare. Noi diremo che vogliamo andare alle elezioni il prima possibile. Il ‘No’ boccerà anche la stagione dei governi di scopo”. Dello stesso avviso il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che spiega:”In un Paese normale, il giorno dopo il risultato se vincono i No, Renzi si dimette e la parola torna agli italiani con qualunque legge elettorale. Se si apre il dibattito su come migliorarla, stiamo lì un altro anno e mezzo finché i parlamentari arrivano a fine mandato. Ci facciano votare con qualunque legge elettorale possibile. Un governo di scopo non avrebbe mai i voti miei e della Lega”.
Il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, è intervenuto nel dibattito sul referendum del 4 dicembre sulla riforma della Costituzione e ha usato toni molto forti per commentare la sfida: “È diventata una sfida largamente aberrante”. Napolitano ha poi insistito durante la trasmissione tv Porta a Porta su un concetto in particolare e cioè quello relativo al fatto che il voto non è sull’operato del governo, perché l’occasione per giudicare il presidente del Consiglio Matteo Ranzi ci sarà con le prossime elezioni: “Non votiamo al referendum per giudicare Renzi. Per quello c’è il voto politico. Non si vota pro o contro questo governo. Si vota quello che è scritto nella legge”. Il presidente emerito ha, dunque, ribadito il suo Sì al referendum: “Mi sono speso moltissimo su queste tematiche nel rispetto delle mie prerogative e nell’interesse generale del Paese”, ha spiegato Giorgio Napolitano, secondo cui l’obiettivo della riforma non è tagliare il numero dei parlamentari, ma rendere il sistema “più snello e il Senato rappresentativo delle realtà territoriali”.
Renato Brunetta ha commentato l’allarme lanciato da Goldman Sachs nel suo Outlook sull’Europea sul referendum costituzionale italiano, che rappresenterebbe un rischio materiale per le previsioni di crescita del nostro paese. Secondo la banca d’affari di New York la vittoria del No ostacolerebbe gli sforzi per ricapitalizzare le banche italiane più deboli, un processo posticipato forse al 2017. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati è intervenuto su Facebook per replicare: “I fallimenti di Etruria e delle altre banche e il quasi fallimento di Mps non sono stati affrontati adeguatamente dal governo, e adesso si vuol dare la colpa al referendum o ai cittadini che voteranno No? Gli accordi capestro con JP Morgan li ha fatti Renzi, mica i cittadini che legittimamente voteranno No”. Secondo Renato Brunetta è partito lo “scaricabarile”, cioè i problemi bancari vengono scaricati ai cittadini che voteranno No. “Ecco la coalizione di Renzi, la coalizione del Sì. Goldman Sachs, Jp Morgan, Confindustria, Marchionne, giornaloni, televisioni pubbliche e private, Alfano e Verdini”, conclude Renato Brunetta.