A pochi giorni dal referendum costituzionale e che vede divise le due fazioni politiche tra i sostenitori del “Sì” e quelli del “No”, non mancano le polemiche in merito ad una immagine equivoca e che ha destato già molte critiche in rete. Come riporta Nanopress.it, alcuni politici avrebbero visto nell’immagini della campagna del no un messaggio prettamente omofobo. E se da una parte, sui social, sono volati i commenti di forte sdegno, dall’altra si è cercato di ridimensionare la vicenda, ribadendo l’equivocità del messaggio. Tra i primi a scagliarsi contro la campagna vi è Ivan Scalfarotto, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico, che ha detto la sua in un lungo stato Facebook invitando a “ritirare immediatamente l’immagine dell’uomo nella doccia con la saponetta per terra”. “E’ un’immagine profondamente (e abbastanza schifosamente) omofoba, punto”, ha sottolineato Scalfarotto che però non è stato affatto l’unico a dire la sua impressione sull’immagine in questione. Anche la Senatrice Pd, Monica Cirinnà, nonché autrice della legge sulle Unioni civili, sempre su Facebook ha detto la sua sottolineando i “toni inaccettabili” della campagna referendaria. “Utilizzare il più becero cliché del cameratismo omofobo, che pone l’atto omosessuale in senso spregiativo e canzonatorio, a sostegno della campagna referendaria (del No o del Sì poco importa), è davvero intollerabile”, ha commentato la Cirinnà. Clicca qui per leggere lo stato completo e vedere la foto.
Il dibattito sul prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre, si fa sempre più acceso e chiama in causa le due differenti ed opposte fazioni. Ad esprimere la sua opinione a Reptv, di recente è stato anche il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini. A differenza di quanto finora sostenuto con forza dal segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, forte sostenitore del No al referendum, secondo il ministro Franceschini il caso di vittoria del No il governo non dovrà dimettersi. “Il governo va avanti. È giusto, l’ho già detto. Non sono io che decido: lo decide il presidente del consiglio e il presidente della Repubblica. Ma io penso che il governo debba andare avanti”, ha commentato in merito. Il ministro ha approfittato del suo intervento per fare chiarezza proprio su questo aspetto, ribadendo che il referendum non c’entra nulla con il governo di Matteo Renzi. “Siccome questo governo ha avuto la fiducia delle Camere deve andare avanti”, ha insistito Franceschini. Per una buona fazione politica, a sua detta il referendum si è trasformato in una scusa per poter colpire il governo di Renzi. “Chi vuole sfidare e battere Renzi nel Pd nel 2017 sa che ci sono i congressi e le primarie. Chi vuole battere Renzi sul piano politico sa che ci sono le elezioni politiche, tra un anno”, ha quindi ricordato.
Sempre alto lo scontro sul il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 quando gli italiani saranno chiamati al voto per decidere se approvare o bocciare la riforma voluta dal governo Renzi. Proprio il premier Matteo Renzi, come riporta Tgcom24, ha affermato nel corso di un incontro ieri sera a Modena per promuovere il sì al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che “tantissimi elettori del M5s ci penseranno all’ultimo momento a votare sì”. E sul dibattito politico che negli ultimi gorni sta riguardando anche il dopo referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha sottolineato: “Dicono che dal voto ci saranno ripercussioni politiche. Certo che ci saranno ripercussioni… ci sono e sono tante. Dal referendum dipenderà il nostro cammino in Europa”. Al voto mancano ormai solo 11 giorni e i sostenitori del sì e quelli del no stanno tentando di convincere gli italiani indecisi che sarebbero ancora tanti secondo gli ultimi sondaggi realizzati prima del silenzio elettorale scattato lo scorso 18 novembre.
Continua il dibattito politico sul Referendum costituzionale 4 dicembre 2016. Tra i sostenitori del sì e del no alla consultazione ormai la ‘battaglia’ è sempre più serrata. Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, è stato ospite oggi di Gerardo Greco al programma Agorà su Rai3 ed è tornato, come riporta l’agenzia di stampa LaPresse sulle parole di Beppe Grillo che ieri ha definito il premier Renzi “una scrofa ferita”. Di Maio ha dichiarato: “Grillo utilizza dei termini, c’è a chi piace e a chi no. Noi ‘accozzaglia’? Il governo di Renzi è accozzaglia. Il premier eviti di fare la morale e guardi a casa sua”. E sul voto ha sottolineato che “se vince il No il Parlamento è attrezzato per fare una nuova legge elettorale in due-tre settimane, poi si vada a votare. Se la legge elettorale deve diventare la scusa per tirare a campare fino al 2018 non ci stiamo”. Infine sul voto all’estero Di Maio ha affermato: “Siamo pronti a ricorsi su tutto il territorio nazionale nel momento in cui ci dovessero essere dei brogli. Il voto degli italiani all’estero si espone a questo pericolo”.
Come se non bastasse il subbuglio sulla campagna elettorale del referendum costituzionale in vista del prossimo 4 dicembre 2016, con scambi ripetuti di accuse tra i due fronti (l’ultima con Grillo che dà a Renzi della “scrofa ferita”…): ora anche la dichiarazione del deputato dem Lorenzo Guerini rilasciata a Bloomberg ha fatto scoppiare il suo partito e le critiche dell’opposizione. «Se c’è la volontà politica, possiamo lavorare su una nuova legge elettorale in breve tempo e andare alle elezioni con una nuova legge elettorale presto, entro l’estate del 2017. Una vittoria comporterà il proseguimento del governo fino alla fine di questa legislatura. Al contrario se non ci saranno le condizioni politiche e la riforma elettorale sarà usata come una scusa per un governo di sopravvivenza, noi non siamo interessati». La traduzione dell’intervista viene poi rivista dallo stesso Guerini che commenta in serata, «forzate le mie parole, Ho semplicemente detto che in caso di vittoria del No ci sarebbe più instabilità. E’ del tutto evidente che l’indizione delle elezioni è prerogativa del Presidente della Repubblica e non di una dichiarazione». Ma il dado è tratto e si apre così un nuovo fronte di polemiche su un referendum che già di suo sta dilaniando e dividendo politica e Paese.
Nello stesso giorno, oltre a Guerini, è Silvio Berlusconi a chiamare attenzione sul suo particolare voto contro il Referendum Costituzionale 2016: intervista a Porta a Porta, l’ex Cavaliere si è scagliato contro la sua stessa azienda, Mediaset, per essersi schierata per il Sì. O meglio, secondo Berlusconi «le dichiarazioni dei vertici Mediaset, a partire da Fedele Confalonieri, a favore della riforma costituzionale sono figlie della possibile ritorsione di chi è al potere». Alle domande di Vespa che chiede se fosse Renzi il possibile “ritorsore”, il leader di Forza Italia replica così: «Ho avuto discussioni a questo livello, ho dovuto accettare che essendoci in queste aziende una maggioranza di risparmiatori e investitori, certe dichiarazioni sono attribuibili alla difesa di questi risparmiatori. se il governo attuale dovesse vincere ci sarebbero ripercussioni negative per le nostre aziende e anche per altre aziende». Interessante anche il passaggio sul futuro del centrodestra, dopo il referendum ovviamente, visto come punto di snodo anche questioni che vanno ben oltre la riforma costituzionale, «Sono alla ricerca costante, direi quasi disperata, di un successore. Se sono ancora qui nonostante tutto quello che mi è stato fatto, è proprio perchè nel centrodestra si trovi qualcuno che possa contrastare Renzi». Non lo è (ancora) Stefano Parisi, non è (già) Matteo Salvini, sempre secondo Berlusconi: «Auguro a Parisi di avere successo nel trovare nuovi protagonisti senza rottamare nessuno. Questo Parisi doveva fare e deve fare, e sarebbe un lavoro utile a tutto il centrodestra in cui Parisi ha dichiarato di riconoscersi. Quanto a Salvini, invece ha proposto delle primarie ritenendo di essere lui il vincitore. Ma bisogna differenziare ciò che si dice per propaganda e ciò che si fa quando si deve fare sul serio».