Martin Schulz, il socialdemocratico della Spd, attuale presidente del Parlamento europeo, ha annunciato di voler chiudere la sue esperienza europea e di volersi dedicare alla politica tedesca: “Ho preso la mia decisione. L’anno prossimo correrò al Bundestag come capolista del mio partito”. Vale a dire l’Spd. Si presenterà nel Nordreno-Westfalia. Nella sua dichiarazione Schulz ha aggiunto: “Continuerò a battermi per l’Europa dal livello nazionale”.



Schulz divenne noto in Italia nel momento in cui si scontrò duramente con Silvio Berlusconi, quando il Cavaliere presiedeva il semestre europeo per l’Italia. Berlusconi usò la parola “kapò” nei suoi confronti e ne nacque un caso clamoroso. Per il resto Schulz non si solleva dal grigiore della socialdemocrazia tedesca di questi anni e, più in generale, dal socialismo europeo riformista, quello che si è adagiato sulla linea neoliberista e finanziaria di questi anni sventurati; gli stessi che hanno portato alla grande crisi del 2007, esplosa negli Stati Uniti ma figlia di un Occidente ideologicamente orientato contro ogni intervento statale in campo economico, anche nei momenti di cicli particolarmente difficili.



A Bruxelles e a Strasburgo, Martin Schulz sembra la più adatta “foglia di fico” della politica di austeriry praticata dalla Germania di Angela Merkel e dal suo “contabile” Wolfgang Schäuble. Non si avvicina, come ruolo di scrupoloso servitore, al croupier lussemburghese Jean-Claude Junker, ma difficilmente ostacolerà le linee portanti dell’attuale politica europea.

Forse, vuole cambiare “lavoro” o semplicemente sfilarsi da quella che molti osservano come la lenta “agonia” di un’Europa sempre più accerchiata dai cosiddetti “populismi” e dagli insuccessi; dopo la Brexit, la nomina del presidente americano Donald Trump e una perdurante stagnazione economica.



In realtà, l’azione dei socialisti sull’unità europea oggi sembra del tutto irrilevante. Inoltre, dopo l’ultimo cancelliere tedesco socialdemocratico, Gehrard Schroeder, la Spd è caduta in una sorta di anonimato inquietante. Sono del tutto dimenticati e ben lontani i tempi di Willy Brandt e di Helmut Schmidt. Attualmente il partito ha come leader Sigmar Gabriel, che è anche vice-cancelliere della Germania nella “grande coalizione” con la Cdu. Gabriel è attualmente contestato all’interno del partito per una serie di incertezze assunte su problemi cruciali. E’ contestato inoltre da diverse parti del partito e non è improbabile che lo stesso Schulz possa costituire un’alternativa.

C’è qualcuno che si spinge addirittura oltre a questo scenario e ipotizza la candidatura di Martin Schulz alla Cancelleria, in competizione con Angela Merkel, magari in una coalizione alternativa con la Linke di Oskar Lafontaine (gli scissionisti socialdemocratici dall’Spd) e i Verdi, che se si fossero alleati nel 2013 avrebbero preso la maggioranza.

Schulz parteciperà presto a un convegno di giovani socialdemocratici, gli antichi “jusos”, che un tempo parevano più a sinistra di Leonid Breznev. Ma si trattava di ben altra epoca.

Oggi pensare che Schulz possa contestare la politica europea condotta in questi anni sembra solo un sogno irrealizzabile.

Da un lato l’Spd è stretta dalla popolarità ancora alta della Merkel, una popolarità che non si attenua con il passare degli anni, dall’altro dai cosiddetti “populismi” in vistosa crescita e dalla sinistra della Linke e dei Verdi. Trovare uno spazio socialdemocratico ed eureopeistico in una situazione del genere è davvero complicato. Difficile stabilire che strada possa battere quindi Martin Schulz.

Al momento, oltre allo sfilarsi dal “fallimento europeo” in atto, lascia anche la presidenza del Parlamento nelle mani probabilmente del Ppe, che così farebbe il “filotto”, l’en-plein, di avere tutte le presidenze: Commissione, Consiglio e Parlamento. Forse un’esagerazione, anche per tempi come questi.

Ma non è improbabile che il gioco di scaricare le colpe di un insuccesso storico possa diventare una sorta di “gioco al massacro” in questa Europa che si dibatte tra una serie infinita di difficoltà.