Mentre da più parti vengono lanciati appelli alla moderazione dei toni in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre, Bartolomeo Pepe torna a far parlare di sé con dichiarazioni choc: l’ex parlamentare del Movimento 5 Stelle è finito al centro delle polemiche per un tweet. “Referendum e bombette, state lontani dalle camionette. La settimana prima di un referendum importante in cui il governo va sotto di sei punti – secondo i sondaggi ufficiali – può accadere che il destino delle genti italiche possa essere indirizzato da una bomba o da una bombetta”, ha scritto in mattinata il senatore, scatenando una bufera. Secondo Bartolomeo Pepe, il governo potrebbe organizzare un attentato per provare a cambiare le sorti del referendum costituzionale del 4 dicembre. Il tweet del senatore ha innescato la reazione di moltissimi utenti: in molti lo hanno insultato, altri lo hanno invitato a cancellare il post e a chiedere scusa. E invece nel pomeriggio ha rincarato la dose: “Se c’è qualcuno che deve chiedere scusa all’Italia quello è Renzi e coloro che hanno tradito il mandato popolare permettendogli di governare”.
Giornata nera per il Codacons: sono stati respinti i sue due ricorsi in merito al referendum costituzionale del 4 dicembre. Uno dei due riguardava il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato contro gli atti di indizione del referendum sulla riforma costituzionale, promosso dall’avvocato Giuseppe Ursini: la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso in questione. Lo ha annunciato la Consulta, riunitasi in una camera di consiglio straordinaria per esaminare l’istanza del Codacons, attraverso una nota ufficiale: “La Corte – spiega il comunicato – ha ritenuto che i ricorrenti non avessero i requisiti per esercitare l’azione, non essendo ‘poteri dello Stato’ come richiede l’articolo 134 della Costituzione”. Inoltre, la Cassazione aveva precedentemente dichiarato inammissibile il ricorso dell’associazione di difesa dei consumatori contro il quesito referendario e l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum.
Il ricorso del Codacons contro il quesito del referendum costituzionale del 4 dicembre è stato respinto dalle Sezioni unite della Cassazione, secondo cui inoltre l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum non ha natura di atto giurisdizionale e quindi non può essere impugnata per via giurisdizionale. Nella sentenza è stato specificato che l’ordinanza non può essere impugnata nemmeno dinanzi alla corte di Cassazione, di cui l’Ufficio per il referendum è un’articolazione interna. Stando a quanto appreso dall’ANSA, la Corte Costituzionale ha convocato una camera di consiglio straordinaria per esaminare un’altra istanza proveniente dal Codacons riguardante il referendum costituzionale del 4 dicembre. Il Codacons ha chiesto di sollevare un conflitto d’attribuzione tra l’Ufficio centrale per il referendum e i cittadini elettori rappresentati dal Codacons. La Consulta ora deve verificare in via urgente se tale conflitto è ammissibile.
Questo pomeriggio alle 15.30 si riunirà la Consulta d’urgenza per l’ennesimo ricorso al referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo, questa volta presentato dal Codacons sulla stregua di quelli presentati da Onida e da altre categorie avverse tanto al testo del quesito referendario, quanto ai contenuti della riforma Boschi. A 5 giorni dal voto ora la Corte Costituzionale si vede costretta a riunirsi d’urgenza per decidere sull’istanza presentata dal Codacons in cui viene affermato come «il quesito referendario, secondo i nostri legali, non permette un voto dell’elettore davvero libero», recita la nota dell’istanza del ricorso presentato dal Codacons contro il referendum del 4 dicembre. Nei casi precedenti simili – M5s e da Sinistra Italiana davanti al Tar del Lazio e alla Corte di Cassazione, ma anche dall’ex presidente della stessa Corte, Valerio Onida, al tribunale civile di Milano – l’istanza è sempre stata respinta e in particolare la Cassazione aveva stabilito come il ricorso Codacons fosse dichiarato inammissibile per mancanza di requisiti della stessa associazione. In poche parole, l’associazione di consumatori non potrebbe richiedere un procedimento di questo tipo perché non ha presentato la richiesta iniziale di referendum; ma è proprio su questo che intende agire il Codacons, come spiega bene il Fatto Quotidiano questa mattina. «il Codacons chiede di sollevare un conflitto d’attribuzione di fronte alla Consulta tra l’Ufficio centrale per il referendum in Cassazione e i cittadini elettori rappresentati dal Codacons. Il primo passo dei giudici della Consulta sarà proprio verificare in via urgente se il conflitto è ammissibile». In questo caso e solo in questo si potrà entrare nel merito del ricorso, altrimenti la ricorsa verrà rigettata dalla Consulta.
Sì o No? La domanda prosegue a sette giorni dal voto del referendum costituzionale del 4 dicembre: di certo, con le continue incursioni dall’estero della stampa liberal sul Sì o sul No viene disturbata la dimensione nazionale del voto con influssi “europei” che di norma non fanno impazzire gli elettori. Se poi vediamo cosa ha detto il Financial Times questa mattina il rischio e conseguenza di aver dato qualche motivo in più per votare No, ha certamente qualche fondamento di verità; «Se il prossimo 4 dicembre il premier Matteo Renzi perderà il referendum costituzionale fino a 8 banche italiane, quelle con più problemi, rischiano di fallire», sottolineando il nuovo affondo Uk a favore del Sì alla riforma costituzionale. Non è la prima volta che il voto viene appaiato da situazioni economiche e bancarie soprattutto, che però agli elettori normali di norma poco importa, forse a torto: il sistema economico che regga in Italia è un vantaggio per tutti, che diventi però il motivo unico per scegliere Sì oppure No, forse è davvero esagerato. «Renzi – continua Ft – ha promosso una soluzione di mercato per risolvere i problemi da 4.000 miliardi di euro del sistema bancario italiano”. E nel caso di dimissioni di Renzi i banchiere temono “la protratta incertezza durante la creazione di un governo tecnico», leggiamo ancora sul Financial Times, che propone anche i nomi delle 8 banche a rischio se cade il Governo. «Monte dei Paschi di Siena, la Popolare di Vicenza, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche e CariFerrara».
Al referendum costituzionale del 4 dicembre vincerà il Sì o il No? Il premier Matteo Renzi per fare vincere il Sì si è anche improvvisato cantante: raggiunto da un inviato di Radio Rock a margine dell’iniziativa “Basta un Sì” a La Nuvola di Roma, il presidente del Consiglio ha cantato “Si può dare di più”. Renzi, che aveva promesso all’emittente romana di partecipare alla sfida musicale, si è esibito con il celebre brano di Morandi, Ruggeri e Tozzi. “Risalendo vedrai quanti cadono giù e per loro tu puoi votare sì. Se la tua corsa finisse qui, forse sarebbe meglio votare sì”, recita parte del testo adattato per il premier in vista del referendum sulla riforma costituzionale. Dopo la sua performance Renzi ha commentato ironicamente: “Votate sì perché sennò inizio a fare il cantante e vi rovino le orecchie”. Per i sostenitori del No suonerà quasi come una minaccia? Il video dell’esibizione di Renzi è subito diventato virale e tantissimi sono stati i commenti (clicca qui per vederlo). Non si tratta però della prima performance in chiave referendaria: prima di lui si sono esibiti Roberto Fico, Luigi Di Maio, Giuliano Poletti, Graziano Delrio, Paola Taverna, Dario Nardella e Luigi De Magistris.
Mario Monti voterà Sì o No al referendum costituzione del 4 dicembre? L’ex premier voterà contro la riforma voluta da Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, ma non farà una scelta di campo: “Per me la democrazia è una cosa seria”, ha assicurato a Sky Tg24 ne L’Intervista di Maria Latella. Il senatore a vita ha spiegato le ragioni che lo spingono a votare No al referendum costituzionale: il Senato non verrà cancellato, ma potrà intervenire solo in alcuni casi e ciò non semplificherebbe il processo legislativo; inoltre, sarà composto da consiglieri regionali e sindaci di grandi Comuni eletti dai consiglieri regionali, quindi “la classe politica regionale elegge parte di sé a un ruolo nazionale”. La corruzione e incompetenza a livello comunale e regionale rappresentano due dei principali problemi dell’Italia, di conseguenza sostiene che “non sia un buon auspicio per l’Italia che questa classe politica venga elevata”. Mario Monti ha però escluso la necessità di un governo tecnico in caso di vittoria del No al referendum costituzionale: “Non credo ci sia la necessità di governi tecnici”. Ma Padoan potrebbe prendere il posto di Renzi e in tal caso “sarà un governo politico, un tecnico alla guida di un governo politico”.