Piepoli lo scandisce in modo netto: “de-ve vin-ce-re il Sì”. E poi ribadisce: “può darsi che i No siano di più ma il Sì deve vincere comunque”. Casini: chi vota No svende a Grillo l’Italia. Se il Sì non passa “non cambia nulla “, recita la saga pubblicitaria del Pd. E poi Moretti di Finmeccanica, e l’ad di Eni tanto rilevante quanto sconosciuto. Ah, sì: Descalzi! E la Milano-bene, Confindustria, le quasi associazioni. Quelle con più scritte che iscritti. Perché deve vincere il Sì? Anche se vince il No. Lo scenario italiano si attaglia al delitto perfetto. Fallisce l’Europa? Colpa dei No. Nuovo effetto Brexit? Colpa dei No. Trump la spunta su Hillary? Colpa dei No.
L’ultima spiaggia allo stato attuale dei sondaggi sembra essere il ricorso Onida. Ferrato e coscienzioso, rischia di sovvertire la logica prepotente dei “basta un Sì” per ribadire che le domande agli elettori devono consentire di esercitare la libertà di voto. Non è un granché, ma al momento è una notiziona che paradossalmente rischia di favorire uno spento Sì. Ha scritto Polito: “Sarebbe tipico del fronte del No ottenere il rinvio di un referendum che rischia di vincere”.
Con Mattarella al Quirinale è legittimo chiedersi se il caso regna sovrano sui disegni referendari o se piuttosto non operi una Provvidenza… presidenziale. Nel frattempo l’Unità denuncia i giornalisti di La7 perché tra di loro si annidano pericolosi sostenitori del No che sarebbe giusto conteggiare come politici. Così dopo mesi di propaganda in tv a reti unificate per il Sì, a protestare sono i fautori della pseudo-riforma.
Così è se vi pare… insomma. Certo, così tutto può succedere. Anche che i No diventino Sì, oppure che un Berlusco-Ni diventi un Berlusco-No.
Inshallah. Nel frattempo chi vuole arare il terreno del centrodestra sa che i No sono i soli semi utili perché l’albero dell’opposizione porti frutti.