Rinvio o non rinvio del referendum? Il caso sembra rientrato; il Tribunale di Milano si è preso una decina di giorni per decidere e quella che inizialmente Renzi aveva definito come una “boutade giornalistica” è sparita prontamente dalle pagine di Repubblica e Corriere. E tutto è proseguito come se nulla fosse: ieri Renzi ha aperto la Leopolda e Berlusconi ha lanciato “Missione Italia”, la sua campagna per il No.
Due giorni fa il premier ha bollato l’ipotesi inaugurata da Alfano come “surreale” e l’ex capo dello stato Giorgio Napolitano le ha riservato parole durissime (“sono cose che non stanno né in cielo né in terra”). E se dietro le dichiarazioni più insospettabili di questi giorni si nascondessero tutt’altri intenti? Segui la convenienza politica e troverai la verità, dice Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità e profondo conoscitore della sinistra.
Dove sta il punto, Caldarola?
Il rinvio deve materializzarsi in modo che nessuno possa accusare l’altro di essersi sfilato. Potremmo in poco tempo passare dal “no” al “no, a meno che”: a meno che non lo chiedano le opposizioni, per esempio, come ha detto Alfano. La verità è che la pressione maggiore per il rinvio sta nelle cose quotidiane: prima tra tutte, l’emergenza terremoto.
Il terremoto?
Ma sì. I suoi effetti sono arrivati dappertutto, compresa la legge di bilancio, e ci sono migliaia di persone per le quali il diritto al voto non può essere limpidamente garantito nei prossimi 30-40 giorni.
Secondo un sondaggio Ixè diffuso ieri da Agorà (Raitre) il 64 per cento degli italiani non vorrebbe spostare la data del referendum costituzionale.
Il no al rinvio avrebbe dalla sua il fatto che non esiste l’unanimità delle forze politiche. Se però ci fosse un sussulto di unità nazionale, si potrebbe fare facilmente anche questa scelta.
Quanti sono quelli che non possono dire apertamente di essere favorevoli a un rinvio, ma nella realtà avrebbero motivi per contarci?
Molti, moltissimi. Nessuno dei due schieramenti ha la vittoria in tasca. Il perdente poi, soprattutto se è un perdente clamoroso, perde tutto. Se Renzi perde il referendum, perde il governo. Chi lo rassicura, come Bersani, gioca d’astuzia, se non peggio. Renzi non è fatto per il Vietnam parlamentare, non riuscirebbe a gestirlo. D’altra parte c’è una serie di ex generali tornati in battaglia che, se perdessero, avrebbero davanti solo la strada del ritiro in campagna.
Molti ex premier, giusto?
Sì. D’Alema, Berlusconi, Bersani, persino Ciriaco De Mita. Tranne, va riconosciuto, Prodi e Letta, il quale ha detto come vota ma senza aggiungere altro.
Dunque, tranne pochi pasdaran, potrebbero tutti pensare davvero al rinvio?
Sì. Sanno tutti bene che quando si ha una percentuale superiore al 40 per cento di indecisi e l’opinione pubblica è largamente disgustata da una campagna elettorale così, l’incertezza è imponderabile. In più si sono consolidati alcuni messaggi: che la riforma può esser giudicata bella o brutta, ma la democrazia non è in pericolo; che l’Italicum sarà cambiato e quindi il brutto “combinato disposto” (di riforma costituzionale e legge elettorale, ndr) non ci sarà più. Ecco che la campagna elettorale rischia di apparire solo il puntiglio di stati maggiori, con un largo seguito certo, ma senza una vera partecipazione nella maggioranza degli italiani.
Secondo lei gli italiani non si sono già preparati all’idea di andare alle urne?
Davanti al rinvio potrebbero borbottare, ma secondo me non avvertirebbero lo scippo, come se sarebbe invece se si trattasse delle elezioni politiche. Che rinviare non si può e non si deve.
E se il referendum viene rinviato, nel frattempo che si fa?
I partiti avrebbero l’ultima chance di modificare tutte insieme la legge elettorale. Si tornerebbe a parlare del referendum senza farlo passare per un giudizio universale.
Renzi salverebbe la faccia?
Se Renzi si mette in testa di non apparire sempre come il cavaliere solitario in lotta contro i mostri del passato, può svolgere una bella parte. Così Berlusconi: il sogno di diventare protagonista di una vicenda che parli all’intero paese potrebbe interessarlo. Idem il presidente della repubblica: un minuto dopo il rinvio del referendum potrebbe svolgere un ruolo di ricucitura a trecentosessanta gradi. Ci sarebbe posto per moltissimi uomini di pace: Amato, Pera, Violante e tanti altri.
Ieri è cominciata la Leopolda. Che ruolo avrà quest’anno?
Un ruolo minore, perché Renzi ha ben altri fronti aperti. Potrebbe servirgli per rottamare la sua attuale classe dirigente, mostrare altri volti.
Questa è cattiva, Caldarola.
Diciamo così: è un appuntamento che se Renzi avesse potuto prevedere il terremoto, avrebbe volentieri evitato.
Renzi aspetterà con ansia l’esito delle elezioni americane. Facciamo l’ipotesi che tutti vorrebbero escludere: se si ritrovasse con Trump presidente?
Per lui sarebbe drammatico. A quel punto gli resterebbe solo Angela Merkel…
(Federico Ferraù)