Il No al referendum cresce al 54,7%, mentre il Sì cala al 45,3%. Lo rivela il sondaggista Renato Mannheimer, secondo cui in questo momento gli indecisi sono ancora il 35-40%. Gli elettori soddisfatti per l’operato del governo sono il 23%, mentre secondo i sondaggi erano il 25% un mese fa, il 35% sei mesi fa e il 50% quando Matteo Renzi fu nominato presidente del Consiglio nel febbraio 2014. Pd e M5s sono affiancati al 30%, ma in caso di ballottaggio vincerebbe il partito di Beppe Grillo.



Mannheimer, perché aumentano i No al referendum?

Perché per la maggior parte della gente il voto è sostanzialmente su Renzi e non sul merito della riforma costituzionale. A confermarlo non sono soltanto i miei sondaggi, ma anche quello realizzato da Demos e uscito di recente su Repubblica. Quest’ultimo ha mostrato come il voto della maggior parte delle persone al referendum sarà a favore o contro Renzi e il suo governo.



Con quali conseguenze?

Il governo ha una popolarità decrescente, anche se Nicola Piepoli intervistato da ilsussidiario.net ha affermato il contrario. Al referendum quindi la gente voterà contro il governo.

Da che cosa dipende questo malcontento nei confronti del governo?

Dipende dal fatto che la crisi economica perdura, e questo non per colpa di Renzi. La gente si sente insicura, è pessimista sul futuro, e ciò comporta un’insoddisfazione nei confronti dell’esecutivo. Anche se di fronte alla crisi economica in realtà il governo più di tanto non può fare.

A quanto è la fiducia degli italiani nel governo?



Gli italiani soddisfatti per l’operato del governo sono il 23%. E’ una cifra ragionevole, anche se quando Renzi è stato nominato la soddisfazione nei confronti del suo esecutivo era pari al 50%.

Un mese fa a quanto era?

Un mese fa era al 25%, mentre sei mesi fa era superiore al 35%. In cinque mesi quindi è diminuita del 10%.

Significa che c’è una perdita inesorabile di soddisfazione nei confronti di Renzi?

E’ difficile dire se sia proprio inesorabile, ma è un dato di fatto che c’è una perdita di fiducia in Renzi. Questo però è un fenomeno comune a tutti i governi, e non riguarda quindi solo Renzi bensì il fatto di governare in un momento di crisi. Alla fine del suo governo, Enrico Letta viaggiava sulla stessa cifra. E’ quindi una tendenza che si verifica sempre.

Tornando al referendum, in questo momento quanti sono indecisi e astenuti?

In questo momento ha già deciso come votare al referendum circa il 60-65% degli elettori, mentre il 35-40% è indeciso o astenuto. Faccio presente che probabilmente avremo un’astensione del 40%, e forse più, quindi non mi aspetto grandi sorprese.

 

Che cosa accadrebbe se questo 40% andasse a votare?

Tradizionalmente, se vanno a votare, gli indecisi scelgono nelle stesse proporzioni di chi ha già dato una risposta nel corso dei vari sondaggi. L’esito però può anche cambiare, tutto dipende dalla partecipazione. Sono numerosi i casi recenti dove la partecipazione ha cambiato tutto il quadro, basti vedere quanto è avvenuto nel referendum britannico, ma anche alle elezioni politiche del 2015 in Israele. Insomma non siamo sicuri della vittoria del No. Inoltre bisogna vedere in quanti andranno a votare.

 

A quanto sono invece i due partiti politici più forti, Pd e M5s?

Sono entrambi attorno al 30%. Dico attorno, perché le misurazioni precise fino alla virgola del seguito elettorale non mi convincono. Resta il fatto che i due partiti sono sostanzialmente affiancati. Una settimana M5s supera il Pd e la settimana successiva accade il contrario. Adesso il Pd è davanti, ma queste misurazioni del seguito elettorale fatte attraverso i sondaggi vogliono dire poco perché tanta gente decide per chi votare all’ultimo minuto. In ogni caso se si andasse al ballottaggio oggi vincerebbero i Cinque Stelle.

 

(Pietro Vernizzi)