Mentre ancora il referendum costituzionale del 4 dicembre non prevede rinvio con il pendente ricorso di Onida, si è assistito ad una giorno con pochi contenuti sulla riforma e molti proclami. Non c’era certo da attendere la Leopolda per vedere qualche schermaglia tra la minoranza Pd e il premier-segretario Matteo Renzi, eppure quanto avvenuto oggi a Firenze potrebbe significare una scissione quasi irreversibile tra i “bersaniani” e il resto del Pd, con Cuperlo arruolato per ultimo nel gruppo di maggioranza dopo la firma della riforma sull’Italicum. La campagna elettorale prende una piega molto infuocata dopo il No ribadito di Bersani e Speranza e il comizio di Renzi dalla Leopolda: «amarezza perché in una parte del nostro partito gli stessi che 18 anni fa decretarono la fine dell’Ulivo, stanno provando a decretare la fine del Pd, perché hanno perso il congresso e usano il referendum per avere la rivincita». Secondo Renzi anche i paragoni fatti con derive autoritarie (se dovesse vince il Sì) sono davvero «tristissimi. In Cile ho parlato con un ragazzo che ha avuto il padre incarcerato, torturato e ucciso dal regime di Pinochet. Mi hanno portato a vedere la villa dove facevano le torture. Ma è possibile che davanti a queste storie, che ancora oggi mi fanno venire i brividi, la barbarie del dibattito politico debba arrivare a dire che in Italia può arrivare una dittatura come il regime di Pinochet? Ma non si vergognano?».



Matteo Renzi lancia il suo sprint al referendum costituzionale per il prossimo 4 dicembre 2016: lo fa dalla Leopolda, a casa sua, dove ha deciso di togliersi quei “sassolini” nella scarpa che teneva da tempo. Secondo il premier il 4 dicembre è l’ultima occasione per chi ha perso i privilegi di tornare in pista, «non c’è altro»: «Hanno detto tutti che bisognava ridurre il numero di politici, superare il bicameralismo paritario, che le riforme erano le condizioni per far ripartire il Paese», ricorda il premier dal palco poco fa della Leopolda. «Quando l’abbiamo fatta, dopo 34 anni, ci hanno detto che era un po’ frettolosa, come De Mita. D’Alema ha detto: ‘Noi l’avremmo fatta meglio’. ‘E perché non l’hai fatta?’ gli chiedo. Berlusconi ha detto: questa riforma rischia di creare un solo uomo al comando. Ma è meraviglioso: avevano fatto una riforma in cui il presidente del Consiglio poteva persino sciogliere le Camere, noi non abbiamo messo un potere in più al premier, abbiamo fatto lo statuto dell’opposizione, abbiamo aumentato i poteri ai cittadini, e ora ci sentiamo dire che noi saremmo quelli della dittatura». Insomma, Renzi ne ha per tutte e il rilancio sulla riforma non perfetta ma necessaria per questo Paese è ancora una volta veemente.



La firma dell’accordo prima del referendum costituzionale del 4 dicembre all’interno della maggioranza sull’Italicum, sta seriamente rischiando di spaccare ulteriormente il Pd: ieri Lorenzo Guerini e Gianni Cuperlo sono arrivati all’accordo sulle modifiche da apportare alla legge elettorale dell’Italicum, con la riforma del Pd (a pochi mesi dall’approvazione in Parlamento) che prevederà i seguenti punti. «Tra i punti contenuti al suo interno, l’elezione dei senatori secondo il ddl Fornaro-Chiti, la preferenza sarà su un sistema di collegi e verrà definito un premio di governabilità (di lista o di coalizione) che consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresentare, la chiara indicazione su chi avrà la responsabilità di garantire il governo del Paese attraverso il superamento del meccanismo di ballottaggio». Ora però la minoranza dem è spaccata al suo interno, visto che Cuperlo e altri hanno appoggiato la linea di modifica di Renzi, e ora sono volti ad appoggiare anche se non caldamente il Sì al referendum costituzionale, mentre Bersani e Speranza tirano dritto sul No, rifiutando un “Il documento che non guarisce la ferita aperta. L’Italicum, approvato con la forzatura della fiducia, resta vigente. Serve una nuova legge, non una traccia di intenti generica e ambigua che non cambia le cose. Su un tema così importante che riguarda la nostra democrazia il Pd che pure ha i numeri in Parlamento per essere determinante non può pensare di cavarsela con una paginetta fumosa», riporta Roberto Speranza ai cronisti. Ecco fatto, Pd spaccato e la campagna elettorale si fa sempre più “calda”.



Mentre si attende l’esito del ricorso sul referendum costituzionale presentato dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, si è discusso della consultazione prevista per il prossimo 4 dicembre anche alla Leopolda, la kermesse renziana in corso a Firenze. Alla manifestazioni ieri il ministro per le Riforme Costituzionali Maria Elena Boschi e deputato democratico Matteo Richetti hanno smontato le presunte bufale che circolano sulla riforma della Costituzione. Come riporta il Fatto Quotidiano sono stati infatti proiettati interventi video di alcuni personaggi politici e non, tra cui il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, i deputati M5s Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, il professore Tommaso Montanari, il presidente della Puglia Michele Emiliano e l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Gli esponenti del Partito Democratico e del governo hanno quindi contestato le dichiarazioni presentate nei filmati riguardo al referendum costituzionale per il quale tra meno di un mese gli italiani saranno chiamati a esprimersi. Non a caso la kermesse renziana è stata ribattezzata quest’anno la “Leopolda del sì”.