Il referendum costituzionale rischia di essere il punto di non ritorno dell’unità del Partito Democratico: con il discorso alla Leopolda di ieri del premier segretario il solco è ancora più netto, con Renzi disposto a tutto pur di vedere il Sì vincere il prossimo 4 dicembre. Si può evitare di considerare la personalizzazione del voto come un fattore tutto renziano, ma è inevitabile che su questa riforma la faccia è tutta da giocarsi per il presidente del Consiglio. Il suo metodo, la sua riforma, il suo governo e il suo Partito: Bersani questo lo sa e la sua piccata risposta questa mattina ai cori della Leopolda che invitavano D’Alema e Bersani “fuori, fuori” dal Pa è impregnata di questi fattori sopraddetti. «Fuori fuori? I leopoldini possono risparmiarsi il fiato, vanno già fuori parte dei nostri. Io sto cercando di tenerli dentro, ma se segretario dice fuori fuori bisognerà rassegnarsi. Ho provato una grande amarezza». Secondo il leader della minoranza dem, non esiste una disciplina di partito quando si tratta di Costituzione: «Mi preoccupa l’incrocio tra il referendum e l’Italicum, con un ‘governo del capo’ e parte del Parlamento nominato.Non posso tollerare questo rischio con conseguenze gravissime, mi spiace. Al congresso del Pd  porro’ il problema della separazione della leadership del partito con la guida del governo», risponde così a Palermo come riporta l’Ansa dopo un convegno. Un partito fatto di arroganza e sudditanza, queste sono le due parole usate da Bersani che di certo non sono la miglior mano tesa al segretario Renzi in questa bagarre da campagna elettorale.



Ormai la personalizzazione è affermata: sul referendum del 4 dicembre 2016 la riforma costituzionale sta sempre più diventando l’occasione per difendere o attaccare il governo, e purtroppo anche il principale propositore della riforma che potrebbe cambiare, con il Sì, molti aspetti della politica per come l’abbiamo conosciuta fin qui, si “arrende” allo scontro politico e cocciutamente attacca a muso duro i leader oppositori che insistono per il No. Al netto di ogni idea politica e giudizio sul contenuto del referendum costituzionale, Renzi – come ha fatto vedere ieri alla Leopolda – ha inteso attaccare i principali oppositori alla riforma sottolineando il loro sforzo per “non cambiare mai le cose”. «Più andiamo avanti e più è evidente che i leader del fronte del No usano l’appuntamento del 4 dicembre per tentare la spallata al governo. Vogliono tornare loro a guidare il Paese e si rendono conto che questa è l’ultima chance», scrive il premier nella sua ultima e-news. Secondo Renzi l’Italia non si cambia con i no ma prosegue solo se non si critica gli altri sempre senza proporre un’alternativa: in questo modo lo stesso segretario rischia di peccare il medesimo dolo, ma orami l’agone sembra orientato verso la rotta di collisione. «Da Berlusconi a D’Alema, da Monti a De Mita, da Dini a Cirino Pomicino fino a Brunetta Grillo e Gasparri stanno tutti insieme in un fronte unico. Provate a chiedere loro su cosa andrebbero d’accordo: su nulla, probabilmente. Solo sul dire no», conclude Renzi.



Sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 torna ancora per Renzi l’ombra del presente emerito della Consulta, Valerio Onida che dopo aver presentato il ricorso per congelare il voto, ritenendolo incostituzionale e passibile di bocciatura per la multidisciplinarietà dei punti in un unico referendum. Il risultato arriverà tra una settimana  e dunque viene sostanzialmente scongiurata la possibilità di un rinvio del voto, resta però la forte contrapposizione di una parte dei costituzionalisti italiani che fanno appunto capo a Onida. Stamattina, in un ennesimo incontro per il No al voto del 4 dicembre, l’ex presidente della Corte Costituzionale ha emesso ancora l’attacco alla riforma di Renzi: «Sembra che la preoccupazione di oggi sia solo decidere chi comanda. Ma se la maggioranza che e’ in Parlamento non esprime la vera maggioranza del Paese, questa non e’ democrazia, e’ piuttosto qualcosa che si avvicina pericolosamente ad una forma di dittatura».



Ormai la sfida sul referendum costituzionale del 4 dicembre – anzi, forse è sempre stata così fin dall’inizio – è una lotta a proclami tra “rischio della democrazia”, contro “il No blocca il futuro” e via dicendo. L’affondo in questi giorni di Leopolda da parte del Premier Renzi – dopo il raggiunto accorso sull’Italicum con parte della minoranza dem – ha spaccato ancora di più il partito democratico, ridotto ora all’attesa quasi da “Congresso” per l’esito della riforma Boschi del prossimo 4 dicembre. Un esempio? Secondo il premier il 4 dicembre è l’ultima occasione per chi ha perso i privilegi di tornare in pista, «non c’è altro»: «Hanno detto tutti che bisognava ridurre il numero di politici, superare il bicameralismo paritario, che le riforme erano le condizioni per far ripartire il Paese», ricorda il premier dal palco poco fa della Leopolda. «Quando l’abbiamo fatta, dopo 34 anni, ci hanno detto che era un po’ frettolosa, come De Mita. D’Alema ha detto: ‘Noi l’avremmo fatta meglio’. ‘E perché non l’hai fatta?’ gli chiedo. Berlusconi ha detto: questa riforma rischia di creare un solo uomo al comando. Ma è meraviglioso: avevano fatto una riforma in cui il presidente del Consiglio poteva persino sciogliere le Camere, noi non abbiamo messo un potere in più al premier, abbiamo fatto lo statuto dell’opposizione, abbiamo aumentato i poteri ai cittadini, e ora ci sentiamo dire che noi saremmo quelli della dittatura». Bum, opposizioni e minoranza interna messa “al muro” dal premier, stanco di ricevere attacchi su quella che lui ritiene la riforma con cui l’Italia può ricominciare a partire. Il No spaventa però tanto Renzi, che ieri ha mandato in avanscoperta il ministro Poletti per un avvertimento ai naviganti: «Mettiamo che vinca il No, ci saranno elezioni anticipate e poi con questa legge elettorale c’è un solo sbocco possibile: le “larghe intese”. Lo afferma il ministro del Lavoro Giuliano Poletti intervistato da Repubblica. “Bisogna essere chiari e dire che chi fa questa scelta vuole esattamente questo scenario. E’ questa la risposta migliore per l’Italia? Ho molti dubbi” osserva Poletti». Da oggi, tre settimane piene di campagna elettorale: saremo in grado di ricevere qualche delucidazione in più sui contenuti del referendum? Difficile dai comizi, per quanto ci riguarda come da mesi a questa parte, noi faremo del nostro per offrire e offrivi i punti principali di un voto comunque lo si guardi decisivo. (Niccolò Magnani)