Difficilmente gli esponenti della minoranza Pd, da Bersani a Giorgis, da Fornaro a Gotor, a Mucchetti, a Tocci e altri, avrebbero immaginato quel “Fuori! Fuori!” salito dal parterre della Leopolda, e il segretario del loro partito a cavalcarlo. “Paladini della ditta solo quando è comandata da loro”, ha detto sabato Gentiloni, mentre da Roma arrivava la notizia che Gianni Cuperlo aveva firmato l’accordo per la revisione dell’Italicum insieme a Guerini, Orfini, Zanda e Rosato. Una bel colpo per Renzi, una brutta notizia per i bersaniani. “Certo peserà la lealtà degli altri nel tener fede agli impegni del documento”, ha replicato domenica l’ex dalemiano da pagina 10 del Corriere della Sera. Parole che non convincono Alfredo D’Attorre, uscito un anno fa dal Pd per andare in Sinistra Italiana: “se Renzi vince, quell’accordo è carta straccia”.



Onorevole D’Attorre, quel “Fuori! Fuori!” che si è sentito alla Leopolda…

E’ brutto, ma è coerente con la linea di Renzi: costruire un partito a sua immagine, un partito del capo, che tagliasse radici sociali e programmatiche. Gli ultras della Leopolda hanno solo dato voce, dal basso, a questo progetto.



Bersani non molla: il partito è casa mia, dice, probabilmente come ha pensato anche lei a suo tempo; “non toglierò il disturbo” ha detto ieri a Palermo. Come giudica questa scelta politica?

Penso che vada rispettata, per la storia stessa di Bersani e per la passione che ha messo nella costruzione del Pd. Lasciare il partito è stato doloroso per me, figuriamoci per chi ne è stato segretario nazionale per quattro anni. Detto questo, io penso che la situazione sia irrecuperabile e che volenti o nolenti si arriverà a quell’esito.

E la firma di Cuperlo in calce all’accordo sull’Italicum?



Quell’accordo è inconsistente, non esiste, poi è evidente che ognuno può raccontare quel che vuole. Con tutto l’affetto e la stima che ho per Gianni, trovo sorprendente che si sia fatto intrappolare in questa finta commissione. Ricordo che Cuperlo, insieme a me, Bersani e altri della minoranza fu cacciato nell’aprile 2015 dalla vera commissione che conta, la commissione Affari costituzionali della Camera, proprio quando dovevamo deliberare sull’Italicum.

Dunque che accordo ha firmato ora Cuperlo?

Guardi, le cose sono molto semplici. Se al referendum vincerà il Sì la carta firmata da Cuperlo verrà stracciata e Renzi tirerà dritto, convincendosi ancor di più di poter prevalere in un ballottaggio alle politiche. L’unica possibilità di cambiare la legge elettorale è la vittoria del No al referendum. A quel punto ciò avverrebbe restituendo sovranità al parlamento, non certo con un finto accordo interno al Pd. 

Quindi Renzi è riuscito nel suo intento, quello di dividere la minoranza del partito? 

La mia sensazione è che Renzi abbia diviso qualche parlamentare, ma che la grandissima parte degli elettori della sinistra e del Pd voterà contro la riforma. Ne sono convinto da mesi e ho sempre pensato che alla fine Bersani e gli altri sarebbero andati sul No. 

 

Attualmente l’Italicum è in attesa della decisione della Consulta; come può Renzi pretendere, in caso di vittoria, di tirare dritto come lei gli attribuisce di voler fare?

E’ realistico pensare che se dovesse vincere il Sì, anche un eventuale intervento della Corte costituzionale riguarderebbe aspetti secondari, come le pluricandature per esempio, non la sostanza.

 

Come mai è così pessimista?

Ma perché la vittoria del Sì sarebbe inevitabilmente interpretata come via libera politico a un sistema ipermaggioritario. Viceversa, se vincesse il No, la Corte sarebbe costretta ad abolire il ballottaggio, per rimanere coerente con la sentenza 1/2014 dove c’è scritto nero su bianco che un premio di maggioranza è giustificabile se funzionale a ottenere la governabilità. Nel momento in cui (vincendo il No, ndr) rimanesse in vita il Senato con la legge elettorale proporzionale, è evidente che il ballottaggio dell’Italicum solo alla Camera sarebbe indifendibile. 

 

Il referendum deciderà anche la partita interna al Pd?

Deciderà la partita di tutto il campo progressista. Il referendum sul piano politico è anche un bivio tra la prospettiva del partito della nazione e nuovo centrosinistra. Se vincerà il Sì avrà vinto il progetto di Renzi, Alfano, Verdini e Cicchitto, se vincerà il No questo disegno sarà sconfitto e si aprirà il cantiere di un nuovo schieramento progressista che si candidi a governare il paese. 

 

Una previsione, D’Attorre?

Io sono convinto che sarà il voto dei cittadini a decidere sulla legge elettorale. E spero che non ci si inventi scuse per rinviare il voto del 4 dicembre, anche perché gli italiani aspettano da molto tempo di potersi pronunciare.

 

(Federico Ferraù)