Sul Governo Gentiloni, appena incassato la fiducia alla Camera e al Senato, piomba il problema del Jobs Act con la consulta che ha deciso oggi che il prossimo 11 gennaio ci sarà la sentenza definitiva in cui verranno esaminate le richieste di referendum sull’ammissibilità della legge sul lavoro approvata dal precedente Governo Renzi. Le parole in particolare del ministro Poletti hanno fatto scattare critiche notevoli da tutte le forze politiche: «si andrà alle elezioni prima del referendum Jobs Act, sulla cui ammissibilità la Consulta si esprimerà a inizio gennaio. Se il verdetto della Corte Costituzione fosse positivo, le elezioni politiche anticipate si svolgerebbero presumibilmente nella tarda primavera. “E diventa ovvio che per legge l’eventuale referendum sul Jobs Act sarebbe rinviato. Il governo attende la decisione nel pieno rispetto delle competenze della Corte Costituzionale». Durissima la replica di Roberto Speranza, della minoranza Pd: «Più che invocare le urne per evitare il referendum, si lavori subito per modificare il Jobs Act. Sui voucher in modo particolare è esplosa una nuova precarietà sulla quale è doveroso intervenire».



Passa la fiducia al Governo Gentiloni anche al Senato ma con molta più fatica, visto che ballano solo 8 voti in più della risicata soglia di maggioranza. Il Governo appena nominato da Sergio Mattarella dovrà convivere con una risicata maggioranza a Palazzo Madama, un po’ come ha dovuto fare per soli due anni prima di cadere Romano Prodi nel 2006 e come ha dovuto compiere all’inizio proprio lo stesso Matteo Renzi. Eh già, Il governo di Matteo Renzi, il 25 febbraio del 2014, ottenne la prima fiducia del Senato con lo stesso numero di voti favorevoli, 169 appunto, e 99 voti contrari. Ma fu proprio quel vantaggio risicato che fece scattare l’operazione allargamento della maggioranza, prima con il Patto del Nazareno con Forza Italia di Silvio Berlusconi e po soprattutto con Ala, il movimento di Denis Verdini che invece si è staccato dalla maggioranza proprio prima di questi primi due voti di fiducia al governo Gentiloni. Oggi il via libera di Palazzo Madama arriva con 169 voti favorevoli, 99 voti contrari e 0 astenuti. Ala e Lega non hanno partecipato al voto mentre il M5S ha votato contro; ma nel futuro immediato, come farà Gentiloni ad integrare voti per non dover sperare che a nessuno dei senatori di maggioranza “venga il raffreddore”?



Nonostante anche il Senato sia quasi deserto per votare la fiducia al Governo Gentiloni, il nuovo esecutivo avrebbe comunque la maggioranza necessaria per entrare in funzione. Ai loro posti sono rimasti praticamente tutti i ministri che c’erano precedentemente con il premier Matteo Renzi a eccezione di Stefania Giannini, il cui posto è stato preso dall’ex sindacalista della Cgil Valeria Fedeli. Gentiloni ha detto che priorità del suo nuovo governo sarà completare le riforme e dare quindi stabilità al Paese: è per questo che hanno creato immediatamente dopo le dimissioni di Matteo Renzi il nuovo esecutivo. Esecutivo che però non ha l’appoggio delle opposizioni né in Parlamento né al Senato: sono molti i partiti che premono per le elezioni anticipate e che non hanno intenzione di supportare il Governo che si è appena creato. Nonostante quindi il Governo Gentiloni incasserà sicuramente questa fiducia, è probabile che la strada sia tutta in salita e che i lavori per completare le riforme non siano affatto facili, anzi.



La Fiducia al Governo Gentiloni è in corso di dibattito con le ultime dichiarazioni prima del voto che riflettono i malumori, notevoli, interni al Parlamento dopo il cambio alla guida dell’esecutivo tra Renzi e Gentiloni, senza l’andare subito alle urne. Mentre il premier Gentiloni attende di capire quali saranno i numeri della fiducia a Palazzo Madama (alle 15.30 è atteso anche il primo Consiglio dei Minsitri riunito dopo il giuramento) arrivano delle spiacevoli conferme per l’ecutivo. Lo strano è consumato: il gruppo di Verdini, Ala, e Scelta Civica, non parteciperanno al voto di fiducia togliendo così l’appoggio al Governo Pd-Area Popolare. «Questo governo avrebbe dovuto ridurre le poltrone e allargare la maggioranza ed esiste un principio della dignità politica che non ci ha voluto riconoscere sulla base di una conventio ad excludendum che non comprendiamo» Lo afferma il senatore Riccardo Mazzoni annunciando la non partecipazione al voto di fiducia del gruppo Ala-Sc. Ma non solo, anche Idea non voterà per Gentiloni al Senato, riducendo il margine di maggioranza dei numeri effettivi: I senatori di ‘idea’, Andrea Augello, Luigi Compagna, Carlo Giovanardi e Gaetano Quagliariello, annunciano il voto contrario alla fiducia “a un esecutivo – si legge in una nota – che fin dalla sua composizione denota totale inconsapevolezza di ciò che è accaduto nel nostro Paese, auspicando da oppositori che le concrete scelte di governo siano sottratte al condizionamento di chi ha trascinato l’Italia nelle condizioni in cui si trova».

Ariva il secondo discorso nel giro di poche ore al Senato del Premeir Gentiloni, chiedendo così il secondo voto di fiducia in due giorni al Parlamento: mentre continua il forte sospetto e insicurezza sui numeri che effettivamente il governo Gentiloni porterà a casa con la fiducia di oggi (ricordiamo che 161 è la soglia di maggioranza, 169 i numeri stimati dagli analisti che dovrebbe avere sicuro il Presidente del Consiglio), si è concluso poco fa il discorso di replica alla discussione sulla fiducia. «Voi – ha detto Gentiloni – sapete che io ho condiviso pienamente la riforma costituzionale che è stata approvata ripetutamente in quest’aula, ma sapete altrettanto bene che i cittadini italiani hanno deciso, il popolo ha deciso con un referendum dal risultato netto. Quindi potrei dire che la fiducia che chiedo a nome del governo al Senato è una fiducia un po’ particolare: chiedo la vostra fiducia ed esprimo la mia fiducia nei confronti del Senato e delle sue prerogative”. “Non siamo innamorati della continuità – ha detto ancora il presidente – abbiamo anzi rivolto una proposta all’insieme delle forze parlamentari per individuare una convergenza più larga. C’è stata una indisponibilità: non un amore della continuità ma la presa d’atto di questa situazione ha spinto le forze che hanno sostenuto questa maggioranza a dar vita a questo governo, per responsabilità». Secondo Gentiloni questo governo non è di inizio legislatura ma innanzitutto deve “completare la eccezionale opera di riforma, innovazione, modernizzazione di questi ultimi anni”. Sul fatto che ci sia una mole di innovazione portata avanti, replica ancora il premier, «credo non ci sia alcun dubbio: ci viene riconosciuto dai cittadini italiani e in sede internazionale. Sarebbe assurdo che un governo che molti critici accusano di eccesso di continuità, immaginare che completare le riforme avviate non sia il suo compito principale».

Alle 15 inizierà la prima chiama del voto di Fiducia al Governo Gentiloni al Senato, dove però la maggioranza rischia di essere assai risicata: nell’attesa di vedere quei numeri avrà Gentiloni in Parlamento anche oggi, alle 13.30 riporta Lapresse si dovrebbe riunire il Primo Consiglio dei Ministri del nuovo Governo, anche se già in giornata potrebbe riunirsi poi in un secondo momento. «Il Consiglio dei ministri, secondo quanto si apprende, si dovrebbe riunire oggi intorno alle 13.30 a palazzo Chigi. Una seconda riunione del Governo, poi, da prassi, si dovrebbe celebrare dopo l’ottenimento della fiducia da parte delle due Camere e potrebbe quindi svolgersi intorno alle 18 a palazzo Madama», riporta la fonte vicina a Palazzo Chigi dell’Ansa. In quel caso si tireranno le somme dei primi giorni di governo che si aprono davanti, e soprattutto si potranno fare calcoli reali sui numeri che Gentiloni ha ottenuto e avrà in Parlamento nei prossimi mesi.

Per il governo Gentiloni che oggi si appresta a sostenere il voto di fiducia al Senato il cammino sarà irto e tortuoso, con la maggioranza davvero risicata dopo lo strappo consumato con Ala e Scelta Civica (che costano ben 18 senatori). Eppure per la giornata di oggi non dovrebbero esserci problemi, dopo le consultazioni c’è sicurezza che oggi il voto si raggiunga senza problemi; ma è la risicata forbice in futuro che preoccupa e non poco il neonato governo post-Renzi. Intanto arriva un importante endorsement dai mercati finanziari e dagli Stati Uniti, che non vedono di cattivo luce il nuovo Governo Gentiloni. Obama ieri sera ha parlato di vedere bene il nuovo premier e che si dice sicuro avrà la fiducia nei prossimi mesi; questa mattina poi il Wall Street Journal ha titolato «Il cielo non è caduto», scrivendo che «gli italiani hanno un nuovo primo ministro e una nuova opportunità di riformare la loro economia disfunzionale”, evidenziando la “politica moderata” di Paolo Gentiloni e la non “ostilità istintiva verso i mercati o gli Stati Uniti che sono comuni ad alcuni dei suoi colleghi del centro-sinistra Pd». Secondo il giornalone liberal americano però il Governo Gentiloni «non può essere sufficiente per salvare l’Italia, ma è un inizio. Il problema in Italia dopo il referendum è lo stesso problema di prima: nessuno, né nel Pd o in Forza Italia, sta offrendo un vero e proprio programma di riforme per la crescita».

E’ iniziato il secondo giorno di fiducia del nuovo governo Gentiloni. Dopo la fiducia incassata ieri alla Camera con 368 sì, il governo Gentiloni è atteso oggi alla prova del Senato. La discussione generale è iniziata alle 10 e proseguirà fino alle 13. Poi ci sarà la replica del presidente del Consiglio e le dichiarazioni di voto. La prima ‘chiama’ dei senatori per il voto di fiducia del nuovo governo Gentiloni inizierà alle 15. Come riporta La Repubblica, la forbice prevista nel Partito Democratico va da 166 a 172 voti favorevoli grazie alla presenza di ministri, senatori a vita e di tutta la maggioranza. La fiducia al nuovo governo Gentiloni non dovrebbe quindi essere un problema ma l’esecutivo non avrà vita facile dopo che i 18 senatori di Ala di Verdini hanno voltato le spalle. Nell’aula del Senato sono presenti il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti, il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, il ministro degli Affari Regionali Enrico Costa, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, il ministro dello Sport Luca Lotti. I banchi delle opposizioni sono semideserti: assenti, per il momento, il M5S e la Lega e poche le presenze tra i senatori di Forza Italia.

E’ arrivata la fiducia per il nuovo Governo guidato da Gentiloni. Sono arrivati commenti da diversi fronti con idee discordanti. Ha parlato anche Rosato del Partito Democratico come riportato da Il Fatto Quotidiano, ecco le sue parole: “Questo Governo non per caso parla per molti aspetti di continuità anche nelle persone che sono nei dicasteri. C’è un motivo politico in questo. Serve per poter essere subito operativo. Non è un Governo però che ha un orizzonte di legislatura, ma deve affrontare le cose con grande prontezza“. Situazione delicata da spiegare e da decifrare, rimane comunque lo strascico di polemiche suscitate dai molti che hanno messo tanti punti interrogativi invece di trovare delle soluzioni in merito.

Ieri sera alle 19.30 è giunto il primo voto di fiducia del Governo Gentiloni alla Camera dei Deputati, con 368 Sì e 105 No: oggi si tiene il ben più ostico voto al Senato e dopo lo strappo di Verdini e di Scelta Civica il rischio di vedere una maggioranza molto risicata oggi alla chiama a Palazzo Madama è assai presente. Alle 15 ci sarà il primo voto di fiducia per tutti i senatori, con Paolo Gentiloni che questa mattina terrà le dichiarazioni e il discorso pre-fiducia, sul probabile stile sobrio-secco di ieri alla Camera. Qui sotto ci spieghiamo il possibile scenario tra i vari rapporti di forza e di accordi dopo l’uscita di scena di Ala-Scelta Civica, con il futuro del nuovo governo Gentiloni che non pare essere particolarmente roseo o tranquillo. Intanto, analizzando le votazioni di ieri a Montecitorio si scoprono numerose differenze con il primo voto di fiducia al Governo Renzi del 25 febbraio 2014. Innanzitutto, Gentiloni ha ottenuto la fiducia alla Camera con uno scarto di 10 voti rispetto a Renzi, 368 contro i 378 i due anni e mezzo fa; I no di Gentiloni sono soltanto 105, mentre quelli del segretario del Pd erano 220 (più un astenuto). Ci sono però delle differenze. Il 25 febbraio 2014 i presenti in aula erano 599 mentre questa volta erano in aula 473 parlamentari. Non hanno voluto partecipare al voto 91 deputati del M5S e 19 della Lega, oltre a quelli di Noi di Scelta Civica e Ala. Di conseguenza anche la soglia della maggioranza, per Gentiloni, si è abbassata, attestandosi a 237. Molto più interessanti saranno però le analisi sui voti di oggi: superare i 161 come, di quanto e soprattutto con chi, questo è da osservare in questo primo pomeriggio al Senato.

Senza Ala e Scelta Civica il Nuovo Governo Gentiloni come otterrà la soglia di fiducia domani al Senato? Mentre intanto è in corso la prima chiama per l voto di fiducia alla Camera cono problemi pari a zero vista la grande maggioranza garantita dall’allora legge elettorale del Porcellum, è sul Senato che si addensano le prime nubi di questo governo. Domani pomeriggio la chiama a Palazzo Madama vedrà molto probabilmente un superamento della fiducia, ma il problema si situa già per i prossimi mesi quando ad ogni legge e riforma proposta il voto di fiducia rischia di avere numeri molto “ballerini”. Senza i 18 dei Verdiniani e di Scelta Civica, la quota di 161 voti necessari per la maggioranza come verrà raggiunta? Secondo i calcoli fatti dai colleghi di Repubblica tra indiscrezioni e voci nei palazzi dello Stato, dovrebbero essere 15 delle Autonomie, 9 tra gruppo misto e Gal e 4 senatori a vita a far garantire la fiducia al governo Gentiloni. Il problema è che in questo modo si arriva fino a 169, non esattamente una misura larga e sicura per incappare in crolli e sfiducia improvvise: domani il momento della verità per capire chi eventualmente voterà a favore di Gentiloni, rispetto al precedente Governo Renzi.

Il Governo Gentiloni incassa il suo primo voto di fiducia alla Camera, pochi istanti fa con 368 Sì e 105 No, in un’aula di Palazzo Montecitorio semi deserta per la mancanza dei deputati di Lega, M5s e Ala. Il premier incassa la fiducia più scontata, visto che qui bastavano 237 voti per ottenere la maggioranza, mentre si apre ora la partita sul Senato che sarà molto più accesa e in discussione. Domani alle 15 a Palazzo Madama inizierà la prima chiama al voto di fiducia: come abbiamo spiegato qui sotto l’impressione è che comunque domani il governo passerà anche l’esame del Senato, altrimenti non avrebbero avuto senso le consultazioni di Mattarella prima e dello stesso Gentiloni dopo, ma con un punto d domanda molto grande per il futuro dei prossimi mesi. In attesa di ciò, il 64esimo Governo della repubblica italiana con Gentiloni e ministri in aula ottiene il suo primo via libera da un ramo del Parlamento. Ma è domani la vera “sfida”.

Strappo forse definitivo tra Ala-Scelta Civica e il nuovo governo Gentiloni: tra poco la prima chiama per il voto di fiducia al Governo appena nato, domani avverrà lo stesso al Senato, dove però la grana-Verdini non solo viene confermata ma arriva allo strappo definitivo. «Abbiamo deciso all’unanimità e infatti alla Camera i nostri deputati non hanno votato la fiducia e siamo intenzionati a non votare la fiducia nemmeno domani mattina al Senato», sono le parole di Vincenzo D’Anna ai colleghi di Affari Italiani. «Avere un ministro si trattava del riconoscimento di un ruolo, di una funzione e di una pari dignità. Questo non è avvenuto con il diniego a farci partecipare al consiglio dei ministri. Si potevano accontentare più persone con i posti di sottogoverno. Sarebbe stato più praticabile, conveniente e comoda l’idea di accontentarsi di vice-ministri e di sottosegretari, ma sarebbe venuta meno la proposizione principale e quindi bene ha fatto la nostra delegazione a non accontentarsi di questa manciata e di questo contentino, seppur sostanzioso». Strappo decisivo, visto che domani non voteranno la fiducia, non accontentandosi di “contentini come viceministri o sottosegretari”, chiude ancora D’Anna. Ma chi ha deciso lo strappo secondo Ala non è stato né Renzi, né Mattarella e forse neanche Gentiloni: «Credo che alla fine la decisione sia spettata a Gentiloni o a chi gli ha fatto credere che potesse sopravvivere al Senato anche senza i nostri voti”. Quindi Franceschini… “Non lo so chi è stato a dirglielo, tutto è possibile. Con le illazioni tutto è possibile».

Per il Governo Gentiloni che sta in questi minuti chiedendo il voto di fiducia alla Camera dei Deputati sono molteplici le scadenze e gli appuntamenti dei prossimi mesi che impediranno, anche volendolo, di andare molto breve alle urne, come del resto vuole proprio Mattarella. Paolo Gentiloni sta parlando in questi momenti e non ha perso l’occasione di sottolineare come “chi si ritiene il paladino del parlamento, perché non è qui a discutere dei prossimi importanti appuntamenti politici?”, riferendosi a Lega e Movimento 5 Stelle che sia oggi che domani al Senato non entreranno in aula per protesta contro il nuovo esecutivo. Nel programma del Nuovo Governo – mentre la fiducia inizierà a cominciare dalle ore 18.30 con la prima chiamata – è stato annunciato dallo stesso Presidente del Consiglio un impegno massiccio con il progetto Casa Italia nei luoghi terremotati, lanciato dal predecessore Matteo Renzi: «L’intervento nelle zone colpite dal terremoto è la prima cosa, siamo ancora in emergenza e dalla qualità della ricostruzione dipende la qualità del futuro di una parte rilevante del territorio dell’Italia centrale. Da questi passi che faremo dipende anche la forza che avremo nello sviluppare il programma a lungo termine chiamato ‘Casa Italia’. Avremo un’agenda di lavoro molto fitta». Non solo terremoto, ma anche banche con la difficile sfida a cui è chiamato l’intero Parlamento: «È nostra intenzione accompagnare e rafforzare la ripresa economica che finalmente e gradualmente, a nostro avviso molto lentamente, si sta manifestando anche nel nostro Paese”, continua alla Camera. Il nostro sistema bancario è “complessivamente solido e si sta lasciando alle spalle le conseguenze di una profonda recessione” ma, continua, “sappiamo tutti che ci sono casi specifici che anche per comportamenti inadeguati e illeciti richiedono un rafforzamento patrimoniale e per cui sono stati predisposti piani di ristrutturazione e aumento di capitale attraverso il mercato. Il governo è pronto a intervenire per garantire la stabilità degli istituti e il risparmio dei cittadini», come riporta Repubblica dal discorso di Gentiloni di questa mattina.

Si attende nel pomeriggio la seconda chiamata alla Camera di tutti i deputati che dovranno votare la fiducia al Governo Gentiloni: la diretta live dovrebbe portare alla conferma della maggioranza di governo praticamente uguale a quella del Governo Renzi, meno la presenza di Ala – a meno che non arrivino accordi extra parlamentari nel prossime ore. Per questo motivo alcune ali del Partito Democratico non vedono di perfetto buon occhio questo esecutivo, e lo si era capito già dalla Direzione Pd di ieri pomeriggio. «Avrei preferito vedere un governo rinnovato. Così si ha la sensazione di una fotocopia e tutte le fotocopie sono un po’ sbiadite. Avrei preferito una discontinuità assoluta. Sarebbe stata più utile anche al partito dare la certezza di un governo di scopo. Così è un governo politico e non so quanto sia utile. Dobbiamo andare al voto il prima possibile dopo aver preparato bene tutti i passaggi. Non possiamo permetterci di consegnare al Paese un disastro perché si deve correre verso le urne», lo ha detto la vice presidente del Pd, Sandra Zampa, in un’intervista a inBlu Radio, network delle radio cattoliche italiane, commentando il nuovo esecutivo a guida Gentiloni. Peserà alla lunga sull’agenda e sul programma di governo tale riflessione di alcune parti della segreteria dem?

Mentre il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha parlato e chiesto la fiducia al suo governo questa mattina alla Camera dei Deputati, il gruppo di M5s e di Ala (Verdini e Scelta Civica) sono usciti dall’Aula disertando il discorso del nuovo governo e la richiesta di fiducia. Specie il gruppo di Verdini promette battaglia per non aver ricevuto al momento nulla “in cambio” del voto di fiducia per i precedenti due anni di governo Renzi. Probabilmente anche domani la scena si ripeterà, solo che al Senato la maggioranza di governo è assai più risicata e non è del tutto escluso che non ci siano riavvicinamenti nelle prossime ore tra Gentiloni e Verdini. Intanto il premier, in attesa del voto di fiducia che arriverà dalle 18.45 in poi, ha fatto un discorso abbastanza breve e molto istituzionale (per fare un confronto, del tutto diverso dall’eloquio di Matteo Renzi due anni e mezzo fa) in cui ha comunque lanciato il suo programma di governo. «Sul terreno dell’economia il governo intende accompagnare e rafforzare la ripresa che gradualmente ma lentamente si sta manifestando”. Gentiloni spiega che “accompagneremo (la ripresa, ndr) con le grandi infrastrutture, il piano industria 4.0 e la green economy con le decisioni sul clima che l’Italia difenderà» (fonte Ansa). Economia italiana è forte secondo il premier, ma «non ci possono essere scorribande su questo fronte e lo dimostrano le profezie sbagliate di apocalisse in base all’esito in un senso del referendum. Questa è l’Italia». Piano per il  Mezzogiorno, con un ministero nato ad hoc (con Claudio De Vincenti) e i problemi su lavoro e classi medie: «All’agenda vorrei aggiungere grandi questioni su cui finora a mio avviso non abbiamo dato risposte pienamente sufficiente. Innanzitutto i problemi che riguardano la parte più disagiata della nostra classe media, partite iva e lavoro dipendente, che devono essere al centro dei nostri sforzi per far ripartire la nostra economia”. “Proprio perché non vogliamo rinunciare a una società aperta e digitale vogliamo porre al centro coloro che da queste dinamiche si sentono sconfitti».

Il Nuovo Governo Gentiloni è nato da qualche ora e già deve confrontarsi con numerose complicazioni, tra la contrarietà di larga parte delle opposizioni che minacciano azioni di disturbo per impedire un “ennesimo governo imposto dall’alto”, come recitano in tandem Lega e M5s. Solo Forza Italia sembra garantire un’opposizione approfondita sui vari temi politici e, stando alle prime parole, cercherà di trovare un accordo con la maggioranza sul fronte della legge elettorale. In tutto questo è nata la grana Verdini: il leader di Ala, assieme a Scelta Civica di Enrico Zanetti, non hanno ottenuto una loro rappresentanza nel nuovo Governo (almeno tra i ministeri, bisognerà ora attendere le nomine di sottosegretari e vice) e minacciano di non votare la fiducia al Senato, dove i numeri sono assai più risicati per il Pd e Area Popolare. «No alla fiducia senza rappresentanza Ala-Sc. Non voteremo la fiducia a un governo intenzionato a mantenere uno status quo», dicono in una nota Denis Verdini e Enrico Zanetti. «Il governo – aggiungono – deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio. Preferiamo l’originale alla fotocopia. Il gruppo Sc-Ala ha avanzato contenuti e programmi: su questi chiediamo ascolto. Così da noi nessuna fiducia», ha precisato Saverio Romano, capogruppo Ala-Sc. Ma le difficoltà arrivano anche dall’interno della maggioranza: ieri in Direzione Pd la minoranza di Bersani e Speranza ha promesso fiducia al Governo Gentiloni “ma non si deve dimostrare come il precedente, bisogna arrivare ad una svolta anche nel Pd e dunque voteremo solo quanto ci sembrerà coerente con le nostre idee”.

Sono le prime dichiarazioni del Premier Gentiloni per introdurre e chiedere il voto di fiducia alla Camera dei Deputati: arrivato intorno alle 11, il discorso del nuovo premier davanti a tutto il Parlamento verte su punti chiari, semplici e istituzionali, ma comunque importanti per capire quali saranno i due punti più importanti dei prossimi mesi. Legge elettorale e data nuove elezioni: su questo il Governo Gentiloni si confronterà e su questo chiede oggi la fiducia alla Camera e domani al Senato. «Il Governo che si presenta a chiedere la fiducia è un Governo della responsabilità, garante della stabilità delle nostre istituzioni; Lascio alla dialettica delle forze politiche il dibattito sulla durata del Governo. Per quanto ci riguarda il Governo dura fin quando ha la fiducia del Parlamento la fiducia del nostro», è il primo importante segnale dato da Gentiloni che dunque mira probabilmente a chiedere l’esperienza di governo a scadenza naturale, a meno di colpi di sfiducia improvvisi. Vedremo nei prossimi mesi se così sarà, ma intanto è stato chiarito uno dei due punti fondamentali. Sull’altro invece… «Accanto all’agenda di Governo, prenderà corpo un confronto con le forze politiche sulla legge elettorale” nell’esigenza di “armonizzare” le regole “per Camera e Senato. Un confronto nel quale il Governo non sarà l’attore protagonista. Spetta a voi cari colleghi trovare le intese. Certo il Governo non starà alla finestra. Dobbiamo fare molto di più sul Mezzogiorno. la decisione di formare un ministero apposito non deve far pensare a vecchie logiche del passato. Anzi».

Il Nuovo Governo Gentiloni oggi scende in campo alla Camera dei Deputati per il primo voto di fiducia, domani ci sarà invece quella al Senato, molto più complessa perché i numeri della maggioranza, in sostanza la stessa del Governo Renzi, sono più risicati dopo la grana-Verdini scoppiata ieri pomeriggio mentre Gentiloni comunicava i ministri a Mattarella (vedi il nostro focus qui sotto). Per la giornata di oggi si prevede alla Camera un iter ben preciso decisa dalla Conferenza dei Capigruppo a Montecitorio riunitasi ieri sera in tarda serata; alle 11 questa mattina il nuovo Premier Gentiloni in Aula terrà le dichiarazioni programmatiche e darà inizio all’iter istituzionale. il presidente del Consiglio, dopo aver tenuto le sue comunicazioni sul programma, si trasferirà in Senato dove consegnerà il discorso. Dalle 12:30 avrà inizio la discussione generale (sono previste tre ore e mezza). La replica di Paolo Gentiloni avrà inizio alle 16, e sarà seguita dalle dichiarazioni di voto. Alle 18:45 avrà inizio la ‘chiama’ per la votazione di fiducia che dovrebbe concludersi intorno alle 20, come riporta l’Ansa.

Ieri sera è nato il Nuovo Governo Gentiloni, il 64esimo della storia della Repubblica Italiana: tempi rapidissimi che hanno portato praticamente in sette giorni una Crisi di Governo con tanto di consultazioni, approvazione di Legge Bilancio, scelta e incarico al premier, altrettanto consultazioni e una lista dei ministri rinnovata in piccola parte. Paolo Gentiloni riceve ufficialmente da Mattarella il compito di superare l’empasse di crisi determinato dalla sconfitta al referendum costituzionale per Matteo Renzi, premier dimissionario che ieri sera ha consegnato tutte i report al suo successore. La cerimonia della Campanella questa volta, a dispetto del gelo di due anni e mezzo tra Letta e Renzi, è stata un semplice e sereno scambio di consegne; il premier uscente ha dato al suo successore anche una felpa con la scritta “Amatrice”, che gli era stata donata da Sergio Pirozzi, sindaco del comune laziale fortemente colpito dal sisma del 24 agosto. Nasce così il governo Gentiloni con l’intento chiaro di porre fine ai decreti attuativi e ai lavori lasciati a metà strada dai vari ministeri chiave (Lavoro, Pa e Scuola) e comporre la riforma sulla legge elettorale per poter andare ad elezioni il più presto possibile.

La lista dei Ministri del Nuovo Governo Gentiloni assomiglia di gran lunga a quella del precedente Governo Renzi: uomini chiave, ministri in mezzo a lavori ancora da ultimare, tutto o quasi è stato riconfermato. Questo non deve gettare scandalo, come invece ha gridato mezza opposizione ieri sera, visto che il governo Renzi si è dimesso per volontà del premier dopo la sconfitta cocente del referendum e non con un voto politico di sfiducia in Parlamento. Al netto di ogni commento, restano in sella quasi tutti, eccetto Maria Elena Boschi – ma diviene sottosegretario alla Presidenza del Consiglio – e Stefani Giannini che abbandona il Miur. Per il resto importante ingresso di Marco Minniti agli Interni e spostamento di Alfano agli Esteri, per mantenere la quota Ncd assieme alla riconfermata Lorenzin. Ecco dunque la lista dei ministri del 64esimo Governo della Repubblica: Ministri senza portafoglio: Anna Finocchiaro alle Riforme e Rapporti con il Parlamento, Marianna Madia conermata alla Semplificazione e Pa, Enrico Costa agli Affari Regionali. Claudio De Vincenti alla Coesione Territoriale e Mezzogiorno, Luca Lotti allo Sport. Con portafoglio: Angelino Alfano agli Esteri, all’Interno Marco Minniti, alla Giustizia Andrea Orlando, alla Difesa Roberta Pinotti, all’Economia Pier Carlo Padoan, allo Sviluppo Economico Carlo Calenda. E poi alle Politiche agricole Maurizio Martina, all’Ambiente Gian Luca Galletti, ai Trasporti Graziano Del Rio, al Lavoro Giuliano Poletti, all’Istruzione Valeria Fedeli, ai Beni Culturali Dario Franceschini, alla Salute Beatrice Lorenzin. Sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio Maria Elena Boschi. Il premier al momento tiene per sé la delega ai Servizi segreti che era stata affidata a Minniti durante il governo Renzi. (Niccolò Magnani)