Il governo Gentiloni ha ottenuto facilmente la fiducia alla Camera (368 voti a favore, 105 contrari), grazie alla cospicua maggioranza di cui gode il Pd a Montecitorio, e oggi si presenterà al Senato, dove i numeri più risicati a causa della defezione dei verdiniani non impensieriscono per ora il presidente del Consiglio. Il lavoro è stato definito da Gentiloni “priorità delle priorità”, mentre sul piano delle riforme il neopresidente del Consiglio ha auspicato la ripresa di “un confronto sulla legge elettorale” per la necessaria armonizzazione delle norme tra Camera e Senato, confronto nel quale il governo non sarà attore protagonista”. Gaetano Quagliariello ha fato parte del gruppo di saggi voluto dal presidente Napolitano nel 2013 per riformare la Costituzione ed è stato ministro per le Riforme costituzionali nel governo Letta dal 2013 al 2014. Nell’ottobre del 2015 ha abbandonato Ncd, di cui era coordinatore nazionale, per passare all’opposizione. Nettamente contrario alla riforma costituzionale del governo Renzi, sulla legge elettorale mette in guardia da una soluzione precipitosa: “più importante dell’andare a votare subito — spiega Quagliariello al sussidiario — è l’andare a votare bene, rispettando quel 70 per cento di italiani che hanno votato al referendum”.



“Spetta a voi la responsabilità di promuovere e provare intese efficaci”: lo ha detto Gentiloni ieri in Parlamento, a proposito della legge elettorale.  Secondo lei si riuscirà ad avviare una discussione costruttiva prima del 24 gennaio?

E’ difficile non attendere la sentenza della Corte costituzionale. Possiamo fare tutti i ragionamenti e i discorsi che vogliamo, ma ci sono almeno tre quesiti aperti. E intraprendere una strada senza avere le risposte, è troppo arduo. 



Vediamoli. 

Il primo è sui requisiti di un doppio turno costituzionalmente compatibile. Il secondo riguarda le candidature multiple: quelle che sono state ipotizzate sono compatibili con la giurisprudenza costituzionale oppure no? Il terzo quesito infine è relativo ai cosiddetti capilista bloccati. 

E secondo lei il Parlamento starà fermo per non incorrere di nuovo in una situazione di illegittimità costituzionale?

Sì. Una volta può accadere, due volte sarebbe oltre la soglia di tollerabilità del sistema.

D’accordo. Ma di quale legge elettorale ha bisogno il paese oggi?

La risposta è semplice: dovremmo cercare di fare una legge elettorale che agevoli la governabilità ma non la imponga.



Il contrario del disegno di Renzi: fare una legge elettorale che mettesse la “governabilità” al riparo dalla mutevolezza del regime parlamentare.

Nessuna legge elettorale può assicurare a priori la governabilità. Il grande errore fatto in quella discussione, e poi amplificato dalle particolari condizioni politiche, è stato quello di scaricare sulla legge elettorale il bisogno di stabilità e di governabilità. La legge elettorale può agevolare quest’ultima, ma se l’obiettivo è la stabilità, occorre agire innanzitutto sulla forma di governo.

In che modo? 

O separando il potere esecutivo dal potere legislativo, come in un sistema di tipo presidenziale, oppure attraverso l’introduzione di meccanismi di stabilizzazione come la fiducia costruttiva. 

 

E per quanto riguarda la cosiddetta governabilità? 

L’Italicum avrebbe potuto garantirla in un regime di bipolarismo perfetto; nel momento in cui i poli sono diventati tre, quella legge è diventata oggettivamente una forzatura. 

 

E’ possibile che come contraccolpo ad una legge probabilmente incostituzionale di stampo fortemente maggioritario (l’Italicum), si torni ad un impianto proporzionale?

Proporzionale e maggioritario non sono sinonimi rispettivamente di governabilità e di ingovernabilità. Purtroppo nel nostro paese i sistemi elettorali sono diventati delle ideologie alle quali si è chiesto di rimpiazzare quelle sociali e politiche, scordandosi in questo modo di tutto quello che c’è in termini di sostanza storica e istituzionale dietro le ipotesi tecniche. Un sistema elettorale deve rispondere alle condizioni del tempo e si deve accordare con il sistema istituzionale. Diversamente non capiremmo per quale motivo, e faccio solamente due nomi, Salvemini e Sturzo erano proporzionalisti convinti nel ’19 e fautori di un sistema maggioritario nel dopoguerra. 

 

Però non mi ha risposto. Proporzionale sì o no?

In questa fase occorre evitare fughe in avanti. Da parte di tutti. Credo che la cosa più saggia ora sia quella di aprire un dibattito di carattere generale, e di scendere poi nelle soluzioni quando conosceremo le motivazioni della Corte. Prima rischieremmo solo di andare in cortocircuito. C’è anche da dire un’altra cosa: non possiamo far finta di scrivere su una lavagna bianca.

 

Che cosa intende dire?

Che stiamo superando una legge elettorale che non è mai stata applicata. Credo che sia il primo caso nella storia. 

 

D’accordo, è un momento delicato. Tutti i partiti però, dal Pd alla Lega e a M5s, dicono di voler andare al voto presto. 

Si può dire tutto. Se però pensiamo di rifare completamente i collegi, ad esempio, solo per questo ci vogliono sei mesi. Non è un gioco che si fa in una notte. 

 

Ma lei si augura che questo governo duri o che invece finisca presto?

Penso che al di là di alcune urgenze, il nuovo governo debba mettere il paese in condizione di votare con due leggi elettorali che siano innanzitutto compatibili e che siano anche quelle che più facilitano la governabilità senza forzature eccessive. A questo dato prima si arriva meglio è; se vi si arriva per giugno è meglio. E dopo la stagione in cui lo si è fatto con i voti di fiducia, è un lavoro che spetta al Parlamento.

 

M5s ha criticato così tanto l’Italicum, quando Renzi era al governo, da adottarlo dopo le sue dimissioni. “Vogliamo una versione di questa legge approvata dalla corte Costituzionale, che auspichiamo arrivi in gennaio” ha detto Di Battista a Die Welt

E’ un modo per dire: andiamo a votare subito. E c’è anche qualche ragione in questo, perché per qualcun altro oggi sembra che il voto sia diventato una bestemmia. Ciò detto, una cosa è più importante dell’andare a votare subito, ed è l’andare a votare bene, rispettando quel 70 per cento di italiani che hanno votato al referendum.

 

Cosa c’entra adesso il referendum?

Di quel 70 per cento, il 60 per cento che ha votato No ci ha detto fondamentalmente una cosa: non fate più i vostri giochi sulla nostra testa.

 

(Federico Ferraù)

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