Un Berlusconi a tutto campo, quello intervenuto ieri nell’incontro con i gruppi parlamentari di Forza Italia e i coordinatori regionali del partito. Nessun patto del Nazareno all’orizzonte, ma solo “una opposizione responsabile” promette il leader di Forza Italia, che boccia la proposta di Renzi e chiede di tornare al proporzionale: “il Mattarellum, con cui abbiamo vinto le elezioni nel 2011, funzionava quando l’Italia era bipolare”. Non solo: sì anche alle riforme. “A me non dispiace l’idea di un’Assemblea costituente: 50 politici e 50 esperti eletti dagli italiani”. Il Cavaliere intende sfruttare appieno il momento difficile di Renzi per tornare al centro della politica. Piero Sansonetti ne è convinto: “Oggi una buona legge elettorale dev’essere la più rappresentativa possibile”. E il proporzionale è l’unica strada per salvare la politica dallo strapotere della magistratura, spiega al sussidiario il direttore de Il Dubbio



Sansonetti, partiamo da Renzi. Ha ricominciato da un mea culpa in assemblea Pd e da una “fase zen”.

E’ solo tattica. L’autocritica è consistita solo nell’ammissione di aver perso il referendum, un’ammissione assolutamente scontata che non richiede grande fantasia politica. L’operazione che Renzi sta tentando di fare è di capire come restare in campo nonostante la sconfitta. 



Intanto ha proposto di tornare al Mattarellum; una legge “già pronta” l’ha definita Calderolila via più breve per votare il prima possibile.

Anche questa mi è sembrata una proposta solo tattica, fatta per aggirare il dovere della prima mossa. Prima di tutto non è vero che è una legge già pronta: andrebbe discussa, rivista, ricalibrata nella formula della quota maggioritaria e di quella proporzionale — ad esempio 50 e 50, o 75 e 25, o altro? —, poi andrebbero ridisegnati i collegi elettorali. In secondo luogo Renzi ha incassato il sì della Lega, ma non quello di Berlusconi, che ieri ha confermato di volere il proporzionale. E quindi Renzi dovrà ragionevolmente rimettere in discussione la sua proposta. 



Dopo il 24 gennaio che cosa succederà?

Immagino e spero che la Consulta boccerà l’Italicum. La mia impressione, e anche il mio auspicio, è che si torni al proporzionale, si vedrà con quali correzioni. Il tempo delle leggi elettorali fatte contro gli altri è finito. Oggi serve un accordo, e per fare una legge elettorale seria serve accordo tra il Pd e Berlusconi (dopo il referendum Berlusconi ha dichiarato di essere favorevole al proporzionale, ndr).

Tatticamente può essere vero, Sansonetti, ma perché oggi sarebbe realistico tornare al proporzionale?

In presenza di un assetto politico chiaramente tripolare, qualunque legge elettorale non darà la maggioranza a nessuno dei tre schieramenti, a meno di fare una legge palesemente antidemocratica. La legge elettorale può o aiutare la rappresentanza o aiutare la governabilità. Quella di Renzi premiava la governabilità e puniva la rappresentanza. Oggi una buona legge elettorale dev’essere la più rappresentativa possibile.

Insomma, riportiamo indietro l’orologio.

Non riportiamo indietro l’orologio, impariamo la lezione. Del resto il Mattarellum non risolveva il problema nemmeno in presenza di una istanza nettamente bipolare, perché nel ’94 Berlusconi non ebbe la maggioranza grazie al Mattarellum, la conquistò in Parlamento. Idem Prodi con Rifondazione due anni dopo.

 

Si spieghi, direttore.

Bisogna tornare alla fase delle coalizioni parlamentari, non di quelle pre-parlamentari. Se il popolo italiano ha rifiutato una riforma maggioritaria, vogliamo prenderne atto o no? Non possiamo far finta che il popolo italiano abbia bocciato Renzi e basta. Ha bocciato Renzi e con lui il maggioritarismo, cioè l’idea di un partito che vincendo le elezioni può governare da solo. Questa idea è stata boc-cia-ta. E non è che adesso chi l’ha bocciata — destra o sinistra, Brunetta o Travaglio — può dire che vuol sapere la sera delle elezioni chi governa. No, non lo sapremo. Se lo levino dalla testa. 

 

Cosa significa tutto questo?

Significa che c’è la possibilità di tornare a una repubblica realmente parlamentare, che non è proprio il male dei mali. Se si fa un’alleanza forte si può governare benissimo.

 

Quale tipo di alleanza?

Un’alleanza forte tra forze non uguali. Ragionevolmente o ci sarà un’alleanza Pd-FI, o ci sarà un’alleanza Lega-M5s, che al momento sembra più improbabile ma non lo è poi così tanto. Avremmo un’alleanza dei populisti contro un’alleanza dei moderati. 

 

A Milano Beppe Sala prima si autosospende e poi torna, a Roma la giunta Raggi è nel caos. Che cosa sta succedendo?

Succede che pezzi diversi di magistratura si azzannano fra loro e ciascuno azzanna l’interfaccia politica dell’avversario: pm grillini attaccano il Pd e pm piddini attaccano i grillini. E’ molto semplice. M5s però avrebbe dovuto pensarci prima. 

 

Pensar prima a che cosa?

Non si governa con la magistratura. La magistratura non si fa governare dalla politica, le piace governarla. Non è più come negli anni Sessanta. Oggi la magistratura governa e la politica obbedisce, non viceversa.

 

Siamo in un’Italia della guerra per bande?

Siamo in una Italia dove l’equilibrio dei poteri si è rotto e il potere della magistratura è nettamente superiore a quello della politica. Del resto non poteva andare in modo diverso.

 

Perché?

Per due motivi. Uno lo vedi proprio in questi giorni. La reazione della politica alle inchieste è priva di qualunque idea. I piddini sono forcaioli nei confronti della giunta romana e garantisti nei confronti di Sala. I grillini, a partire dal Fatto Quotidiano, sono forcaioli verso Sala e garantisti verso la Raggi. Non c’è non dico alcuna ideologia, ma alcuna idea. A fronte di questa situazione c’è una magistratura che invece ha un’ideologia fortissima: tutti dentro. 

 

Ma chi è la magistratura di cui parla, Sansonetti?

Il partito dei pm, l’Anm. Ha sempre avuto la stessa idea, e non guarda in faccia a nessuno. Solo che oggi la forza ideologica della magistratura è infinitamente superiore all’opportunismo della politica. 

 

E l’altro motivo?

Lo ha indicato benissimo Andrea Orlando nel suo intervento all’assemblea del Pd, quando ha detto che “il giustizialismo è diventato il surrogato della giustizia sociale”. Facendo capire che l’errore della sinistra è stato quello di sostituire la seconda con il primo. Un’analisi molto seria, perché mette in discussione 25 anni di storia della sinistra e tocca il punto fondamentale. 

 

Allora possiamo anche parlare di sistema elettorale, di Jobs Act e di un’Italia migliore, ma se la situazione è quella che ha detto, che paese siamo?

Un paese allo sbando, senza più classe dirigente. Un paese così difficilmente riesce ad andare avanti in questa modernità. La magistratura è un potere forte ma non può essere classe dirigente. Tocca alla politica esserlo, o produrne una nuova. 

 

Il potere politico sarà sempre più alla mercé delle inchieste?

In questo momento è così. Vedi, Io non ho votato né a favore né contro, ma non sono affatto dispiaciuto che la riforma sia stata bocciata. Il ritorno al proporzionale costringerebbe la politica a muoversi. Proporzionale vuol dire che bisogna prendere posizione sui singoli problemi, vuol dire che non c’è più bisogno di un duce. Oggi serve più Gentiloni di Renzi. Ma anche Orlando è più utile di lui. Renzi non serve più a nessuno. Renzi aveva senso con quella legge elettorale e con la politica leaderistica che rispondeva allo schema della riforma.

 

Insomma con il referendum, volenti o no, molto è cambiato. 

Sì. E adesso occorre ripartire dalle idee. Berlusconi nel ’94 non vinse le elezioni perché era più bravo di Occhetto in tv, vinse perché aveva una proposta; di destra, fortemente liberale, che presupponeva di rompere con il cattocomunismo. Poi se ci è riuscito o meno è un’altra questione. Occhetto invece non aveva mezza idea bucata su come andare nella modernità. Renzi è un po’ come Occhetto, si è presentato in partita senza idee.

 

Quando ci sarà la legge elettorale, Renzi toglierà la fiducia al governo per andare al voto?

Non credo che gli convenga. 

 

M5s a Roma durerà?

Troppo difficile da dire. Non lo so. Però se i grillini non durano a Roma sono finiti.

 

E Sala a Milano?

Sala sì, penso che durerà.

 

(Federico Ferraù)

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