Uno dei temi più discussi del referendum costituzionale è senza dubbio il quesito: si è a lungo dibattuto sulla sua neutralità, ma la parola fine è stata messa dal premier Matteo Renzi. In un’intervista rilasciata nei giorni scorsi al Corriere della Sera, il presidente del Consiglio ha ammesso: “Quando i sondaggi erano ancora pubblicabili ve ne erano alcuni che dimostravano come la semplice lettura del quesito produceva un travaso di almeno tre punti percentuali dal No al Sì”. Forse nel tentativo di attirare su di sé gli indecisi, Renzi è tornato sul quesito anche nel corso di #MatteoRisponde, l’appuntamento su Facebook. “Mi sarebbe piaciuto avere più schede elettorali e mi avrebbe fatto comodo sinceramente”, ha dichiarato il premier, spiegando che con lo spacchettamento “sarebbe stato un Sì o un No più consapevole da parte dei cittadini”. Renzi ha spiegato il motivo per il quale non è stato possibile dividere il quesito: “La legge attuale non lo consente”. Il fac-simile della scheda elettorale con il quesito del referendum.
Non si placano le polemiche attorno al quesito del referendum costituzionale di domani 4 dicembre. Ieri, prima della chiusura delle campagne referendarie, è intervenuto Massimo Villone, costituzionalista ospitato presso la sede della Cgil a Roma. “Se fossimo in un casinò di Las Vegas, Matteo Renzi lo avrebbero buttato fuori da tempo”, ha dichiarato Villone, che poi ha commentato il caos scoppiato attorno al quesito referendario, perché – come riportato da Il Fatto Quotidiano – potrebbe portare a votare Sì fino al 3% degli elettori. Un dato che il presidente del Consiglio ha ammesso e che ha spinto Villone ad un commento molto duro: “È la misura di quanto imbrogli sulle regole”, l’attacco del costituzionalista, che poi ha rincarato la dose in merito al testo del quesito del referendum: “È simile a uno spot che invoglia un consumatore a comperare un prodotto avariato”. Il referendum costituzionale continua a dividere gli italiani.
Quesito unico per gli elettori nella scheda del referendum costituzionale: chi si recherà alle urne domenica 4 dicembre dalle 7 alle 23 dovrà semplicemente disegnare una croce sulla casella Sì o No a seconda della risposta che vorrà dare. Nonostante i dissidi tra le varie forze politiche, si voterà su un solo quesito, non su quesiti distinti per argomento. E allora scopriamo nel dettaglio qual è il questo referendario che troveremo all’interno della scheda elettorale: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V-II della Costituzione’ approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?”. Il testo del quesito, scritto dal governo Renzi secondo le disposizioni previste dalla legge 352 del 25 maggio del 1970 che regola i referendum, è abbastanza lungo e complesso, anche per questo è stato aspramente criticato da alcuni.
La lunghezza e complessità del quesito del referendum costituzionale aveva portato Valerio Onida a presentare un ricorso perché sottopone all’elettore una pluralità di oggetti “eterogenei”. il ricorso del presidente emerito della Corte Costituzionale è stato respinto prima dalla Procura di Milano e poi dal Tar del Lazio “per difetto assoluto di giurisdizione”. Valerio Onida voleva rimettere la questione alla Corte Costituzionale, ma il Tar del Lazio si è dichiarato incompetente sotto questo profilo e precisato che “ai soggetti che si assumono lesi dalle conseguenze di tale sistema, è riconosciuta la possibilità di adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”. La sentenza del Tar del Lazio è stata confermata dal Consiglio di Stato, che ha dato il via libera al quesito referendario da sottoporre al voto degli elettori il 4 dicembre. Il “Comitato per la libertà di voto” in primavera, invece, aveva promosso il referendum per lo “spacchettamento” del quesito referendario, ma senza riuscire a raccogliere le firme necessarie affinché venisse ammesso.
Le polemiche sul quesito del referendum costituzionale del 4 dicembre ci hanno permesso di rispolverare i precedenti quesiti. Sono solo due, però, i referendum “costituzionali” della storia della Repubblica italiana e si sono svolti nell’ottobre 2001 e nel giugno 2006. In entrambi i casi nel quesito referendario non erano indicati gli articoli della Costituzione modificati, ma all’epoca non scoppiarono polemiche sulla formulazione delle domande. Partiamo dal quesito del 2001: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001?”. Questo referendum fu approvato con il 64,20% dei voti. Il secondo referendum costituzionale, invece, poneva il seguente quesito: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche alla Parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?”. Questo progetto di riforma varato dal governo Berlusconi fu, invece, respinto.