1. Il superamento del bicameralismo paritario e la definizione della struttura e delle funzioni del nuovo Senato rappresentano il perno della riforma costituzionale sottoposta a referendum. A questa materia sono dedicati gli artt. 1, 2, 3, 5, 6, 7 della legge di riforma che modificano gli artt. 55, 57, 59, 63, 64, 66 della Costituzione del 1948.
Alla luce della nuova disciplina il Senato: a) perde la sua natura di organo politico investito della fiducia e del controllo sul Governo per assumere la natura di organo rappresentativo delle istituzioni territoriali (in particolare delle Regioni e dei Comuni); b) riduce la sua struttura da 315 a 100 componenti che vengono eletti dai Consigli regionali, di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori nominati per un mandato settennale dal Presidente della Repubblica per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario; c) conserva la funzione legislativa con gli stessi poteri attuali per alcune specifiche materie elencate nel primo comma dell’art. 10 della legge di riforma (leggi bicamerali), mentre per tutte le altre materie, dispone della possibilità di un riesame delle leggi già votate dalla Camera per esprimere pareri e proporre emendamenti non vincolanti (leggi monocamerali); d) accanto alla funzione legislativa, il Senato viene investito di altre funzioni attinenti al raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione Europea; alla partecipazione alla formazione ed all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione Europea; alla valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività della pubblica amministrazione nonché alla verifica dell’impatto delle politiche europee sui territori; all’espressione di pareri sulle nomine di competenza del Governo.
I senatori, al pari dei deputati, esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato e godono dell’immunità parlamentare.
2. L’impianto ora descritto presta il fianco a varie critiche.
A) Per quanto concerne la struttura dell’organo si può rilevare che: a) il nuovo Senato non dispone di una continuità di funzionamento dal momento che la sua struttura si modifica ogni qualvolta si rinnovano i vari Consigli regionali; b) la sua composizione risulta non omogenea, tanto più per la bizzarra presenza dei cinque senatori di nomina presidenziale; c) i senatori, in quanto consiglieri regionali o sindaci, sono investiti di un doppio mandato non facile da esercitare e, per giunta, con un vincolo di gratuità per il mandato senatoriale (vincolo che riferito alla funzionalità di un organo costituzionale risulta molto discutibile); d) lo squilibrio strutturale tra Camera (con 630 membri) e Senato (con 100 membri) si riflette anche sul Parlamento in seduta comune – che conserva funzioni importanti come l’elezione del Capo dello Stato, la nomina di tre giudici costituzionali e di una parte dei membri del Csm – dove aumenta sensibilmente il peso politico della maggioranza presente alla Camera.
In sostanza dal disegno complessivo relativo alla struttura dell’organo sembra emergere la volontà di ridurre al massimo la funzionalità del nuovo Senato, declassando il suo livello di organo costituzionale. Un disegno che avrebbe potuto avere, forse, uno sbocco più naturale con l’abolizione della seconda camera ed il passaggio ad un sistema monocamerale.
B) Per quanto concerne le funzioni assegnate all’organo si può, d’altro canto, rilevare che: a) il superamento del bicameralismo paritario viene declamato, ma attuato solo in parte, dal momento che per trattare materie di notevole rilievo (elencate nel primo comma dell’art. 10, che modifica l’art. 70 dell’attuale costituzione) la legislazione resta bicamerale con la permanenza della “navetta” che si dichiara di voler superare.
In questo caso ai fini della velocità della legislazione la situazione introdotta dalla riforma risulta sicuramente peggiore di quella oggi in atto dal momento che nei confronti di eventuali atteggiamenti ostruzionistici e dilatori della seconda Camera non esiste più la possibilità di usare né il voto di fiducia né lo scioglimento (istituti non più applicabili al nuovo Senato); b) il nuovo procedimento legislativo monocamerale con le sue numerose varianti si presenta come un “ginepraio” ed amplia notevolmente la probabilità di vizi formali della legge per l’adozione di procedimenti errati con riferimento agli oggetti trattati; c) le nuove funzioni diverse dalla legislazione assegnate al Senato dispongono di un potenziale di grande rilievo ma restano, per il momento, scatole vuote.
Esistono, infatti, nella nuova costruzione molte zone ancora indeterminate come queste relative alle nuove funzioni e come la legge elettorale relativa al nuovo organo, ma quello che appare sin d’ora evidente è il forte squilibrio del disegno generale: uno squilibrio che si riflette sia nel rapporto tra Camera e Senato, sia nel rapporto tra struttura e funzioni dello stesso Senato. Si tratta di squilibri destinati sicuramente a determinare un aumento della conflittualità all’interno della sfera parlamentare.
3. Il giudizio complessivo che si può, dunque, trarre rispetto a questa nuova sistemazione dell’impianto bicamerale del nostro Parlamento è che con questa riforma da un bicameralismo paritario come quello in atto (certamente da superare in quanto storicamente e politicamente non più praticabile) si passa ad un bicameralismo che non è tanto differenziato quanto del tutto anomalo e che, per i suoi squilibri interni, ben difficilmente si presenta in grado di poter funzionare.