Milena Gabanelli entrerà in politica? Sarà candidata premier di M5s, che già l’aveva proposta come presidente della Repubblica nel 2013? I rumor avevano già cominciato a circolare un mese fa, quando la giornalista aveva annunciato il suo addio a Report, dopo vent’anni di Rai. Gli interrogativi sembrano ora destinati a infittirsi dopo la paginata comparsa ieri sulla Corriere della Sera, con rilevante visibilità in prima pagina: “Profughi, tocca alla Ue”.



Gabanelli è da tempo vicina al quotidiano di Via Solferino, oggi pilotato da Urbano Cairo, editore di La7. Durante la seconda direzione di Ferruccio de Bortoli, Report e il Corriere avevano stretto una sorta di partnership, incentrata su di un format online che sul sito del quotidiano dava visibilità a prodotti di giornalismo investigativo. Questa collaborazione offriva a Gabanelli periodici affacci sulle pagine del quotidiani: sempre in sintonia tematica e stilistica con l’ormai celebre contenitore televisivo d’inchiesta.

L’uscita di ieri è molto diversa e compare su una tribuna ultimamente critica verso Matteo Renzi e la sua esperienza di governo. E’ uno spunto giornalistico confezionato con la professionalità che anche innumerevoli avversari hanno sempre riconosciuto alla Gabanelli. Ma il tono e l’articolazione hanno molto – forse tutto – del manifesto politico-elettorale.

L’emergenza-emigrazione è – assieme al ciclo debole di Pil e occupazione – al top dell’agenda-Paese: ed è, assieme alla crisi bancaria, la frontiera difficile fra Italia e Ue. Le riflessioni della Gabanelli toccano tutto o quasi: e sono concentrate non tanto sulla denuncia dell’emergenza, ma su “cosa fare e come”. Con cifre, nomi, cognomi: roba da “primi cento giorni” di un futuro premier.

“Trasformare lo tsunami in opportunità”. Con un “piano” che anzitutto “preveda i luoghi dove convogliare flussi stimabili in 200mila arrivi all’anno”. Resort sequestrati alla mafia, ex ospedali, caserme dismesse: ma non in astratto. La Caserma Montello a Milano, la Lamarmora a Tarvisio, fino alla Gasparri a Messina. Poi c’è la leva dell’inclusione attraverso la formazione: l’avvio di chi sbarca “a corsi di lingua, di formazione al lavoro e di regole della democrazia europea”. Obbligo quotidiano di frequenza ai corsi per sei mesi: al termine dei quali i migranti vanno trasferiti per quote nei paesi-membri della Ue.

Il piano può dare lavoro a 25mila professionisti (insegnanti, medici, eccetera) e costerebbe 2 miliardi per il riassetto infrastrutturale e 2,5 miliardi per la gestione annuale. Al finanziamento non potrebbe mancare un sostanziale contributo europeo (anche se non c’è approfondimento sulla strumentazione: fondi Ue o flessibilità al bilancio italiano?). “Se l’Italia si assumesse la responsabilità l’Europa farebbe la sua parte” si chiede Gabanelli, citando il commissario europeo Avramopoulos, per il quale “i soldi ci sono”. Da giornalista (ma l’approccio è quello dell’uomo di Stato) Gabanelli dice di aver raccolto la “disponibilità” di alcuni politici europei che si occupano di immigrazione: fra cui il tedesco Marian Wendt, emergente nella Cdu di Angela Merkel. 

Più interessante ancora è la lista dei sindaci e amministratori citati come attenti al “piano Gabanelli”: i Pd Beppe Sala a Milano, Virginio Merola a Bologna e Achille Variati a Vicenza; il grillino livornese Filippo Nogarin e i suoi colleghi di movimento Paolo Berdini (assessore all’urbanistica nella giunta Raggi a Roma) e Tonia Schellino (assesore al welfare della giunta Appendino a Torino). Ma “ci stanno” anche i sindaci leghisti di Novara, Alessandro Canelli e di Cecina, Susanna Ceccardi.

I vantaggi del piano, per l’autrice, sono evidenti: all’interno “una maggiore percezione di sicurezza da parte dei cittadini, la creazione di posti di lavoro e la rivalutazione di un patrimonio, oggi destinato alla svendita o alla fatiscenza”. Ma non manca, nelle ultime righe dell’articolo-manifesto, una pennellata patriottica da politica estera: “E’ l’occasione per riprenderci dignità e dimostrare al mondo che sappiamo diventare un modello là dove gli altri hanno fallito”.

Non è chiaro se a fallire sia stato il governo Renzi, l’eurocrazia miope, l’America in Medio Oriente oppure Angela Merkel in Germania. E’ sempre più chiaro invece che Silvio Berlusconi faceva sul serio quando, pochi giorni prima del referendum, ha pre-candidato in diretta tv Paolo Del Debbio a leader del centrodestra al prossimo voto politico: “La vittoria di Trump – ha detto il Cavaliere a un Del Debbio ammutolito – ha confermato che il successo in tv è un’ottima premessa per quello elettorale”.

(Dopo il brindisi della mezzanotte, il primo gioco di società del 2017 potrebbe essere: chi votereste fra Renzi, Del Debbio, Gabanelli e Salvini? Appena un po’ più per addetti ai lavori: chi appoggerà chi fra potentati economici, mediatici, giudiziari, sindacali, etc?).