Stando a fonti di agenzia Adnkronos, le dimissioni Renzi domani le confermerà anche in Direzione Pd ma non dovrebbe indicare subito la strada delle elezioni: secondo l’agenzia, Renzi domani affronterà la strada dell’approvazione della Legge di Bilancio in Senato e la Direzione infuocata del suo Partito, con l’ipotesi di indizione del Congresso per il possibile nuovo segretario dem. Ma non dovrebbero secondo indiscrezioni arrivare indicazioni per un voto a breve: Renzi infatti pare orientato a non chiedere il voto subito per provare ad attendere le consultazioni con Mattarella e le decisioni urgenti che verranno prese dal Capo dello Stato. Resta da capire cosa ne penserà in primo luogo la base del suo partito e poi ovviamente come si evolveranno gli eventi: quel che certo è che le dimissioni arriveranno, le elezioni invece sono ancora un completo “buco nero”.
Giornata caldissima anche oggi a Roma: le dimissioni di Matteo Renzi si avvicinano sempre di più per due fatti molto semplici. Da un lato domani si dovrebbe avere già il voto di approvazione del Senato sulla Manovra di Stabilità 2017 e dall’altro le ultime notizie che arrivano dal Quirinale riportano di possibili consultazioni da Sergio Mattarella già da giovedì. «Potrebbero iniziare già nella mattina di giovedì, giorno dell’Immacolata, le consultazioni per la formazione del nuovo Governo, dopo l’ufficializzazione delle dimissioni di Matteo Renzi, che – prevedibilmente – arriverà nella giornata di domani, dopo l’ok definitivo alla manovra. Fonti di maggioranza non escludono questa possibilità in ragione anche del ‘fare presto’ dettato dal premier. Mattarella, infatti, ha annullato tutti gli impegni previsti a Milano nella giornata di domani, lasciando presagire di dover ricevere il presidente del Consiglio dimissionario», sono le indiscrezioni riportate dal sito di LaPresse, citando fonti del Colle. Le primissime consultazioni che il Capo dello Stato pare affronterà sono quelle con il suo collega presidente emerito Giorgio Napolitano e i Presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso.
Alle dimissioni di Renzi, annunciate non appena la sconfitta del fronte del Sì al referendum costituzionale è apparsa evidente e poi congelate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in attesa dell’approvazione della Legge di Bilancio, sono seguiti diversi commenti e indiscrezioni su ciò che farà il premier della sua carica di segretario del Partito Democratico. Come riporta Il Post, in queste ore sta prendendo sempre più piede la versione per cui l’ex sindaco di Firenze si dimetterà anche dalla carica di segretario già nella direzione nazionale del Pd prevista per domani alle ore 15. L’ipotesi alternativa è che Matteo Renzi chieda di votare al partito una mozione per chiedere elezioni anticipate. A questa possibilità si oppongono diversi esponenti del Partito Democratico, tra cui Roberto Speranza e Pierluigi Bersani, con quest’ultimo che come riferisce TgCom24 ha chiarito il suo pensiero senza mezzi termini:”Lo dico da tempo: non si vince sulle macerie del Paese”.
Sergio Mattarella potrebbe far partire molto prima del previsto le consultazioni: domani le dimissioni di Renzi potrebbero infatti essere effettive, dopo le ultimissime novità che arrivano dalla Commissione Bilancio del Senato. In sostanza, il voto di fiducia sulla Manovra di Stabilità, che sembrava essere in programma venerdì prossimo, è stato posto invece domani in aula, con la probabile “fiducia tecnica” che potrebbe arrivare già in serata. In questo modo le dimissioni del premier potrebbe divenire effettive, come da accordi con il Capo dello Stato ieri sera al Quirinale; Le dichiarazioni di voto cominceranno alle 12 e la prima chiama è prevista per le 14.30. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accettato di ‘congelare’ le proprie dimissioni in attesa dell’ok alla manovra convinto anche dai tempi strettissimi di approvazione che saranno tali, riporta l’Ansa in una nota. Accelerata dunque dello stesso Pd che con Giulio Santini aveva fatto sapere «chiederemo di fare il più presto possibile» ed è quindi ora presumibile che vada in Aula domani sera.
-Dopo l’annuncio di dimissioni Renzi ha trovato sulla sua strada un “ostacolo” difficile da aggirare: l’invito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a considerare l’opportunità di restare alla guida del governo almeno fino all’approvazione della Legge di Stabilità. Non è la prima volta, però, che un Presidente del Consiglio dimissionario decide di rimandare l’effettiva fine del proprio mandato. Il primo a dover “congelare” le proprie dimissioni su indicazione dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fu nel 2011 Silvio Berlusconi. L’allora Presidente del Consiglio, travolto dai numeri impietosi dello spread e abbandonato dai parlamentari di Gianfranco Fini, rinviò di 4 giorni le sue dimissioni per consentire che la manovra economica venisse approvata prima dell’insediamento di Mario Monti. Il secondo premier a congelare le sue dimissioni, in questo caso di 13 giorni, fu proprio il professore di Economia alla Bocconi, che nel 2012 pose fine all’esperienza del suo governo tecnico a vantaggio dell’esecutivo guidato da Enrico Letta. Adesso la domanda è la seguente: di quanto dovrà rimandare la sua uscita di scena Matteo Renzi?
Dopo le dimissioni congelate di Matteo Renzi, Sergio Mattarella sta iniziando a mettere a punto tutte le ipotesi sul futuro governo da lanciare dopo l’approvazione della Manovra, tra venerdì e l’inizio della prossima settimana. Tra le varie scelte e soprattutto tra i vari nomi che si fanno crescono sempre di più le quotazioni dell’attuale ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, uomo di fiducia di Renzi e candidato ideale per il segretario dem in vista del “traghettamento” verso il rinnovo dell’Italicum. Il problema è sempre il solito, oltre all’accordo con le opposizioni – che però non avendo la maggioranza in Parlamento di fatto al momento hanno limitati poteri di scelta, esclusi interventi di Mattarella – è il Pd il vero nodo della questione: all’interno del Partito Democratico la sconfitta al Referendum ha messo il segretario in un ruolo ancora più isolato con in tanti che rischiano di scendere dal carro del vincitore ora, dopo la sconfitta sulla riforma. Domani in direzione Pd si assisterà probabilmente alla resa dei conti, con l’ala democristiana di Franceschini che potrebbe trovare un accordo con il cattolico Delrio, anche se verrebbe visto come un uomo ancora troppo vicino a Renzi per guidare il Pd verso le primarie o per candidarsi addirittura. Domani se ne saprà di più, intanto oggi Delrio è uscito dal Parlamento dribblando tutti i cronisti ed evitando di rilasciare dichiarazioni; un segnale?
Dopo la sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre, soprattutto viste le proporzioni del risultato, le dimissioni di Renzi sono apparse come un atto dovuto. A congelarle, dopo un paio di colloqui al Quirinale, è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha chiesto al premier di mantenere le redini dell’esecutivo almeno fino all’approvazione della Legge di Bilancio. Il vero desiderio di Matteo Renzi, secondo un retroscena pubblicato su La Stampa di oggi firmato da Francesco Bei, sarebbe un altro: lasciare tutto, anche la guida del Pd, e prendersi un anno sabbatico. “Mi piacerebbe staccare per davvero, prendermi un sabbatico, magari un anno negli Stati Uniti, ma i miei amici del Pd non me lo permettono”, avrebbe confessato alla sua cerchia più ristretta. Renzi avrebbe poi ribadito l’intenzione di lasciare Palazzo Chigi al più presto:”Il mio obiettivo è togliermi subito di qui. Sembra assurdo ma non riesco ad andarmene. Di solito i miei predecessori facevano le barricate per restare, io invece voglio togliermi di torno e non ce la faccio”.
La giornata di ieri ha visto prima le dimissioni di Renzi presentate al Presidente della Repubblica Mattarella e poi il congelamento delle stesse per volontà dello stesso Capo dello Stato: giornata cruciale per capire quale sarebbe l’immediato futuro del governo dopo la sconfitta cocente al Referendum Costituzionale, sul quale si imperniava la politica renziana di questi ultimi due anni e mezzo. Ebbene, il risultato è che tale crisi di governo lanciata da Renzi la sera del voto è stata sempllcemtne congelata, rinviata, rimandata: lo spiega perfettamente nella nota diffusa dal Quirinale appena Renzi ha lasciato il Colle. «Il Presidente della Repubblica ha ricevuto al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, dottor Matteo Renzi. Il Presidente del Consiglio, a seguito dell’esito del referendum costituzionale tenutosi nella giornata di ieri, ha comunicato di non ritenere possibile la prosecuzione del mandato del Governo e ha pertanto manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni». Renzi in effetti le dimissioni le ha presentate “irrevocabili” ma la pressione persuasiva di Mattarella è prevalsa alla fine, per evitare di arrivare all’esercizio provvisorio della Legge di Bilancio, che con la situazione politica già precaria dopo il referendum non avrebbe fatto di certo creato ulteriori problemi allo Stato nei prossimi mesi. «Il Presidente della Repubblica, considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento». A questo punto il rebus resta sempre la Manovra di Stabilità: er questo motivo oggi alle ore 12 è stata convocata in seduta straordinaria la Commissione Bilancio del Senato proprio per accorciare i tempi di approvazione della Legge di Stabilità, alcuni dicono già venerdì prossimo a Palazzo Madama. Al termine dell’approvazione verranno poi formalizzate le dimissioni di Renzi e quel punto la crisi di Governo sarà servita.
Il rebus della sconfitta del Sì al referendum costituzionale ha aperto numerose conseguenze: dimissioni del Premier Renzi e conseguente crisi di governo – congelata fino alla Manovra, ma che comunque entro la prossima settimana vedrà l’esecutivo sciolto – oltre che discussione riaccesa sulla Legge Elettorale. L’Italicum infatti al momento non è la migliore legge per andare ad elezioni subito, dato che non considera il Senato: le alternative in campo sono dunque parecchie, nessuna di immediata decisione e semplice lettura. La più accreditata considera la prossima settimana l’avvio dell’iter di consultazioni al Quirinale con i vari gruppi Parlamentari, in modo da decidere in maniera possibilmente condivisa le prossime mosse politiche. Elezioni anticipate, nuovo governo politico a guida ancora Pd o governo tecnico? Una tripla, almeno, di possibili scelte in mano alla mano di Mattarella, arbitro che si ritrova nella marea elettorale come il suo “doppio” predecessore (in senso della elezione bis di Giorgio Napolitano). Per evitare un ritorno immediato alle urne il Capo dello Stato esplorerà il tentativo di varare un governo di scopo che assicuri stabilità e affronti il nodo della legge elettorale: i nomi che circolano sono sempre gli stessi, da Piercarlo Padoan (e qui il governo sarebbe una via di mezzo tra il Tecnico e il Politico) fino a Carlo Calenda, da Grasso fino a Graziano Delrio. M5s e Lega vogliono però l’elezione subito, immediata, con l’Italicum come legge elettorale e il Consultellum al Senato: resta da capire ora quando scatteranno le consultazioni e cosa partoriranno i prossimi probabili vertici Renzi-Mattarella. (Niccolò Magnani)