Gli ultimi minuti della relazione di Renzi prende spunto dalle prossime tappe da affrontare: «Propongo una linea politica a questo Pd: non abbiamo paura di niente e di nessuno, se le altre forze politiche vogliono andare al voto subito dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum, allora lo dicano subito e si va alle elezioni. Ma se invece si vuole un nuovo governo che affronti la Legge Elettorale ma anche tutti gli appuntamenti internazionali che vedono l’Italia impegnata nei prossimi mesi. Non possiamo esser i soli a prendere questa responsabilità. Insomma, anche gli altri partiti devono prendersi responsabilità, altrimenti che governo “di solidarietà nazionale” sarebbe? Se vogliamo la responsabilità deve esserci per tutti; propongo una delegazione al Quirinale con Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e i capigruppo. Questa è la nostra strada per arrivare alla Direzione Pd permanente in questi giorni di crisi di governo, in modo che solo qui discuteremo, davanti a tutti, delle importanti decisioni da prendere in modo da dimostrare a noi stessi che la responsabilità è possibile». Renzi rilancia sulla sfida e le prossime tappe lo vedranno ancora in sella come Segretario (non ha indicato ancora modi e termini della sua uscita di scena, ma ci sarà nelle prossime settimane).



Torna poi sul problema delle tasse: «per la prima volta abbiamo scelto di abbassare le tasse come strategia organica e non come spot elettorale; d’altra parte, possiamo essere orgogliosi di aver dato qualche diritto in più a chi ne ha diritto appunto e bisogno. Unioni civili, disabili, bimbi autistici, donne e potrei continuare con tutte le iniziative sul Terzo Settore e altro. Questa è un’impronta organica e completa: meno tasse e più diritto, ancora non basta ma questa è la strada per questo partito e per tutti gli altri che dovranno e vorranno governare nei prossimi anni». Terzo punto sull’emergenza terremoto: «grazie davvero a tutti, l’intervento con tempistica è diversa da molti governi in passato. Dobbiamo esserne orgogliosi, sempre con la direzione puntata verso l’avanti e non il passato». Orfini al termine della Direzione Pd convoca i lavori a dopo le consultazioni da Mattarella, non senza qualche polemica da parte di Walter Tocci, che iscritto a parlare afferma «a me sembra che oggi si sia tentato di togliere la possibilità della discussione». Replica di Orfini: «semplicemente vediamoci tutti insieme con tutte le considerazioni sulla crisi di Governo dopo le Consultazioni». Fine della Direzione Pd, fine della Diretta e forse fine del rapporto di massimo equilibrio all’interno del Pd…



Relazione intensa e con un Renzi allegro: la Direzione Pd è durata molto poco, ma con i temi molto sintetici ed espressi alla platea senza fischi o proteste. «Se il popolo vota No, mi assumo tutte le responsabilità di questo mancato voto della riforma: ma ora come conviveremo in questo sistema? Il bicameralismo paritario resta l’unico in tutta Europa e il rapporto conflittuale di Stato e Regioni: questi due punti sono il mio fallimento, ne dovremo parlare con tutti. Per chiunque dovrà governare la situazione sarà complicata, come mi ha detto Napolitano; ma soprattutto noi dovremo capire come Pd come essere partito a vocazione maggioritario». Secondo Renzi, Pisapia ha proposto un tema interessante: «non ne parleremo qui ma sarà il vero punto chiave dei prossimi anni di governo». La Direzione Pd viene convocata in maniera permanente da Renzi per riferire subito le consultazioni di Mattarella: «si discute qui dentro, si parla qui dentro, si decide qui dentro. E sarà sempre in streaming, noi non fuggiamo dal nostro mondo e popolo».



In leggero ritardo l’inizio della Direzione Pd in diretta da Largo del Nazareno: il premier farà la sua relazione dopo aver da poco pubblicato l’ultima e-news in cui ha riassunto a grandi linee quelle che tra poco affermerà davanti al Partito Democratico convocato d’urgenza dopo la crisi di governo. Presenti alcuni esponenti della minoranza dem, come Bersani e Cuperlo, ma non ci sarà un dibattito reale con le varie ali della segreteria, bensì una sola comunicazione di Renzi sullo stato delle cose del principale partito di maggioranza di governo che da stasera entra ufficialmente in crisi. All’ingresso, poco prima dell’inizio della diretta Direzione Pd, le parole di Gianni Cuperlo: «Oggi non c’è dibattito, anche perché siamo in una crisi di governo aperta, ma un dibattito ci deve essere, e spero anche in un rapido congresso». Molto più chiaro anche Beppe Fioroni che rilancia, «Prima del voto bisogna fare la legge elettorale». Renzi è arrivato alle 18.05, parte adesso la sua relazione.

Scatta in questi minuti la diretta anche in streaming video della Direzione Pd al Largo del Nazareno: sono arrivati tanti esponenti e a breve comincerà la relazione di Matteo Renzi, dopo che su Facebook ha annunciato come «La legge di Bilancio 2017 è stata approvata anche dal Senato. Credo sia un’ottima legge e vi invito a vedere le slide che abbiamo preparato un mese fa all’atto dell’approvazione in Consiglio dei Ministri. Stasera alle 19 sarò al Quirinale per formalizzare le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono stati mille giorni straordinari, grazie a tutti e viva l’Italia». Intanto, uno dei primi a varcare la sede del Pd a Roma è stato il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato che ha ammesso le intenzioni della maggioranza a riguardo delle elezioni: «Vogliamo evitare le elezioni, senza avere una legge elettorale, – ha detto ai giornalisti il capogruppo dem alla Camera – ma se per responsabilità degli altri non si riuscirà a formare un governo, andremo al voto”.  “Noi siamo per evitare il voto, ma se gli altri non saranno altrettanto responsabili, bisogna che emerga con chiarezza».

Come conferma l’Unità, la Direzione Pd alle 17.30 vedrà solo la relazione del Premier Renzi sullo stato di cose post-referendum e sul futuro immediato del governo di maggioranza: non ci sarà però il dibattito né sul futuro della segreteria e neanche sull’ipotesi Congresso 2017, rinviati entrambi questi momenti in un secondo dibattito spostato più avanti, probabilmente ad inizio anno quando la situazione politica sarà meno calda che in questi giorni di cristi istituzionale. «Alla riunione della Direzione del Pd convocata per le 17,30 si terrà la relazione di Matteo Renzi ma non si aprirà il dibattito. Il presidente del Consiglio salirà al Quirinale venerdì per rassegnare le dimissioni, dopo di che si avvierà la macchina istituzionale per gestire una crisi di governo molto difficile. Probabile che questa scelta si spieghi con la necessità di raffreddare un po’ la tensione interna e consentire una riflessione non viziata dal nervosismo di queste ore», si legge da fonti vicine alla Direzione Pd sull’Unità.tv. Anche in termini di tempo, Matteo Renzi ha appena twittato che al termine della Direzione Pd alle ore 19 salirà al Colle per le dimissioni ufficiali del suo mandato da Presidente del Consiglio: non ci sono quindi tempi specifico per il dibattito, lungo e pieno di insidie, con la minoranza dem. Resta la domanda: a quando la decisione su elezioni anticipate?

Attesissima la Direzione Pd di questo pomeriggio: al Senato si sta votando la fiducia alla Manovra e per le 17.30 al Nazareno, salvo imprevisti, si arriverà con la Legge approvata e il clima leggermente meno “urgente”. Qui vi sarà l’ormai noto “bivio” che tormenta i pensieri di Renzi in queste ore pre-Direzione nazionale del Partito Democratico (governo di tutti o elezioni subito), con la minoranza dem che chiede tempo per non andare subito alle urne, richiamando alla responsabilità nazionale. Il premier dimissionario non è per nulla convinto e probabilmente solo un altro colloquio con Mattarella potrebbe far arrivare l’accordo finale. Intanto, oggi Renzi annuncerà le sue dimissioni da premier anche alla platea del Pd, con la chiamata alla distensione che arriva dal “giovane turco” Matteo Orfini, il presidente dem: «Capisco l’amarezza per quanto successo e per scelte che sono apparse incomprensibili ma un grande partito non chiede espulsioni e non organizza contestazioni. Di quanto accaduto discuteremo al congresso e lì ognuno di noi – ed io per primo – avrà modo di dire come la pensa. Oggi chiedo a tutti quelli che verranno di abbracciare e sostenere il nostro partito, lasciando ad altri la rabbia», scrive Orfini sull’Unità.

L’inizio della Direzione Pd è stato slittata alle ore 17.30, invece che le 15: la decisione è stata presa, anche se non ci sono conferme ufficiali, molto probabilmente per attendere l’esito del voto al Senato sulla Manovra di Stabilità, credendo in questo modo che la fiducia possa essere realmente votata già nel primo pomeriggio (il ministro Boschi ha posto questa mattina la fiducia tecnica senza emendamenti). Intanto si agitano ancora di già le acque, di per loro già in burrasca, della maggioranza di governo: come anticipa il sito dell’Unità, Renzi dovrebbe presentare le dimissioni non in serata, come si pensava inizialmente, bensì venerdì prossimo, proprio per aspettare a vedere se ci sono i termini in un accordo con altri partiti. La mossa delle elezioni subito, che resta la preferita dal premier, non viene accettata dalla minoranza del Pd che con forza richiama ali senso di responsabilità e unità con possibili altri partiti, in  modo da scongiurare le elezioni anticipate: Francesco Boccia ha provato a spiegare questa posizione con maggiore chiarezza, alla vigilia della Direzione di oggi: «Se vuole ricandidarsi prima si faccia il congresso del partito”. Poi aggiunge: “Voglio andare a votare subito, ma come partito dobbiamo dire a Lega, Forza Italia e M5s che si può fare in tempi brevi una legge elettorale condivisa. Il voto sulla riforma costituzionale ci dovrebbe insegnare che non si fanno più cose da pochi addetti ai lavori, cose da casta».

Nella Direzione Pd di oggi pomeriggio, come anticipato qui sotto, i temi forti saranno due: Congresso prossimo del Partito Democratico, con la discussione sulla leadership dei dem che dopo la sconfitta nel referendum vede Renzi in posizione di improvvisa minoranza. E poi la questione elezioni: il Pd, come primo partito di maggioranza, pare proporre un ultimatum alle altre forze politiche, e anche a Mattarella: o si trova un accordo subito sulla legge elettorale, altrimenti si va al voto subito, con Matteo Renzi convinto che «Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti», come ha riferito ieri in giornata lo stesso premier dimissionario. In questo caso però spunta ancora più forte l’opposizione interna non solo della “solita” minoranza dem di Bersani e Speranza, ma anche Areadem che fa capo a Dario Franceschini, l’attuale ministro della Cultura. Secondo l’ex segretario l’idea migliore sarebbe quella di prolungare la legislatura ancora di qualche mese, allineandosi con la posizione della sinistra dem che non vuole elezioni subito ma un accordo “lungo” sulla legge elettorale nei prossimi mesi. Come nota Repubblica, Areadem non è un gruppo qualsiasi interno al Pd, visto che ha maggioranza sia nei gruppi parlamentari che nella Direzione Pd. Insomma, grande rebus per Renzi, sia come premier e sia come segretario del maggiore partito di maggioranza di governo.

Alle ore 15 oggi la Direzione Pd forse più attesa di questi ultimi tre anni: Matteo Renzi convoca il Partito Democratico, in consueta diretta streaming video, nella sede del Nazareno per discutere del futuro diretto del principale partito di maggioranza dopo la sconfitta del Referendum e dopo le dimissioni annunciate a tutta Italia dello stesso Premier Renzi. Il segretario Pd ancora non si sa cosa pronuncerà davanti alla segreteria e a tutti gli esponenti dem ma di certo due sono i nodi principali in campo: il futuro del governo, con la possibilità di elezioni anticipate che verrà discussa tra gli addetti del principale partito di maggioranza dell’attuale governo dimissionario. Ma poi sicuramente larga parte prenderà il futuro diretto del Pd: chi alla Segreteria nel 2017? Le ipotesi in campo rimangono molte, e si va sia da un non probabile allentamento immediato anche dalla direzione del Partito Democratico del segretario fiorentino (Luca Lotti su Twitter ha scritto “ripartiamo dal 40% di domenica”, non certo uno intenzione di mollare tutto), ma soprattutto si proverà a vedere una data possibile per convocare il Congresso dem, ormai inevitabile, dove lanciare le primarie per un nuovo segretario. Lo scontro della minoranza, il futuro del governo e le riforme in bilico: per Matteo Renzi la giornata di oggi è l’ennesima, forse decisiva, resa dei conti.

Matteo Renzi e la minoranza dem, ancora questi gli “argini” di una battaglia che la Direzione Pd convocata oggi alle 15 in Largo del Nazareno vedrà di nuovo svolgersi. Dopo la sconfitta fragorosa del referendum costituzionale, la minoranza non si è risparmiata in critica feroce sull’attuale segretario, accusandolo di non aver saputo gestire né la segreteria Pd e neanche la situazione del Paese, portando in una lunga campagna elettorale perdente. «Avevamo visto per tempo che nel paese si muoveva un’onda di disaffezione e di distacco. Non abbiamo accettato di consegnare tutto questo alla destra. Adesso ci impegniamo per la stabilità e per una netta e visibile correzione delle politiche», ha detto dopo il voto del 4 dicembre Pier Luigi Bersani, atteso oggi ad un intervento sicuramente molto critico. Gli fa eco Roberto Speranza e Massimo D’Alema, che non chiedono le dimissioni da segretario ma che impongono un’immediata convocazione del Congresso. La minoranza dem non vuole a tutti i costi le elezioni anticipate, bensì un voto ragionato con una nuova legge elettorale studiata nei prossimi mesi con la stessa maggioranza attuale, Renzi invece sembra sempre più orientato ad indire elezioni subito: chi l’avrà vinta, ovvero a chi darà retta maggiormente il Presidente Mattarella? (Niccolò Magnani)