Nella linea di confronto-scontro tra la Conferenza Episcopale Italiana e il governo sul ddl Cirinnà, la legge dalle mille discussioni che è in voto al Parlamento – martedì ci saranno forse le prime vere votazioni della norma Cirinnà – arriva la contro replica del segretario della Cei Nunzio Galatino. Dopo le parole di Bagnasco, la contestazione di larga parte della maggioranza con anche l’intervento di Renzi questa mattina, Galantino prova a “ricucire” interpellato dall’Ansa poco fa. «Per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare», ha detto il segretario Cei liquidando così le polemiche sulle unioni civili dopo le affermazioni del presidente Angelo Bagnasco. Sembra però che in questo modo anche nella Cei non ci sia una visione totalmente univoca ma che, come giusto che possa essere difronte ad una tematica spinosa, nel contenuto la chiesa sia tutta da una parte ben precisa – la stepchild adoption non è condivisa da nessuno – nel metodo e nella forma ci sono alcune distanze, come appena evidenziato. Nei prossimi giorni la querelle sulla legge Cirinnà continuerà, ma cosa faranno i cattolici, specie quelli nella maggioranza, rispetto allo “spettro” di una approvazione con l’articolo sulle adozioni integrale?



E alla fine il ddl Cirinnà potrebbe risolversi davvero con quello che quasi tutti alla vigilia volevano evitare: la cosiddetta mossa “canguro”, ovvero l’emendamento Marcucci alla legge sulle Unioni civili che, una volta votato, si porterebbe dietro tutti gli articoli contendenti nello stesso ddl. Insomma, un modo giù usato in passato per liberare l’empasse in aula facendo passare la norma con votazione a favore del governo. Doveva esserci un patto di gentiluomini, la prima cosa promessa dai vari capigruppo nelle prime ore della presentazione in aula della legge, con la Lega pronta a ritirare i 5mila emendamenti se il Pd avesse fatto lo stesso con Marcucci. Poi deve essere successo qualcosa, forse davvero più semplice di quanto si creda: pare che il Pd abbia fatto le pulci sugli emendamenti della Lega che sarebbero rimasti e a quel punto sarebbe scattata la reazione di muro contro muro. Le trattative nella notte si sono arenate e la distanza ad ora che sembra incolmabile tra le due posizioni: e ora? Ipotesi più probabile: martedì al voto in aula il primo emendamento in votazione è proprio quello di Marcucci, con le posizioni che potrebbero determinare la votazione a favore del governo e con la legge blindata così che andrebbe di diritto verso la Camera. Sorprese? Potrebbe intervenire la diplomazia nel weekend, con magari l’ala cattolica del Pd che potrebbe fare pressioni anche con la Lega per tornare al gentleman agreement; ma questo al momento sembra davvero lontano anni luce.



Parla Matteo Renzi, anche sul ddl Cirinnà, e lo fa dopo che in queste ore ci si chiedeva dove fosse finito il premier con la bagarre in corso in Parlamento sulla (sua) legge sulle unioni civili. Parla e come sempre le polemiche vanno di pari passe con le questioni interessanti che solleva: Il voto segreto lo decide il parlamento, e lo dico con stime per il cardinal Bagnasco, e non la Cei», così il premier a Radio Anch’io, dove aggiunge anche che a «piacerebbe molto l’idea che un parlamentare risponda del voto che dà e lo spiega. Dopodiché il regolamento del Parlamento prevede il voto segreto e se ci saranno le condizioni Grasso e non le Cei deciderà». E giù polemiche ovviamente. “Renzi contro la Chiesa”? In questo frangente non me la sento di affermarlo, semplicemente il Premieri richiama la decisione legittima della politica su una quesitone di merito e di metodo politico; detto questo, la richiesta di Bagnasco, che non ha preteso nulla, andava sull’estendere la libertà di coscienza su tematiche che sono molto delicate, e con il voto segreto che rappresenta, possa piacere o meno (a noi non piace), la modalità per incanalare questa libertà in sede di scrutinio. Gli fa eco il senatore “che ha comprato un bambino”, secondo l’accusa di Gasparri, ovvero Sergio Lo Giudice, che tra i principali sostenitori della legge Cirinnà ripete all’Ansa che la Chiesa ha il diritto di intervenire sul dibattito pubblico, ma non sul calendario e sulle procedure di voto. Insomma, tutti contro Bagnasco e la Cei, ma ancora nessuno che risponde, tra i vertici dem, sul contenuto principale della discussione ovvero la stepchild adoption. Renzi la vuole oppure no? Le prossime ore (forse) ce lo diranno.



A guardare la giornata passata ieri, il ddl Cirinnà ha visto un procedere in aula al Senato che ha ricordato tutto meno le unioni civili: tra la guerra sugli emendamenti tra maggioranza e opposizione, con la disputa sulla norma “canguro” di Marcucci che è il vero nodo di tutta la bagarre inscenata. E poi la diatriba tutta interna al Pd con l’ala cattolica dei democratici che, con il senatore Stefano Lepri, ha espresso la contrarierà alla stepchild adoption, norma ancora nella legge Cirinnà di base. Insomma, tra canguri e “lepri” per il Senato è sembrato più uno zoo incontrollato più che un ramo del Parlamento: Mentre Guerini assicura che il Pd è compatto e determinato a far votare la legge, Lepri lo smentisce di fatto sul Mattino di Napoli, dicendo che “noi cattolici del Pd combattiamo la nostra battaglia con serenità, ma con grande fermezza”. La stepchild non la si vuole votare e in “soccorso” della posizione dei cattodem arrivano le parole del Presidente Cei, Sua Eminenza Angelo Bagnasco che ha scatenato ulteriori polemiche: «Ci auguriamo che il dibattito in Parlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi, che le loro obiezioni possano essere considerare e che la libertà di coscienza su temi fondamentali per la vita della società non solo sia rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto». I cattolici insomma chiedono il voto segreto, il capogruppo Zanda ne vuole concedere solo 3, mentre nello stesso tempo scontenta anche le altre forze politiche con il mancato (finora) accordo sugli emendamenti. Il gentleman agreement tra Lega e Pd sta saltando, con il Carroccio che non vuole ritirare i 5mila emendamenti prima che il Pd non faccia altrettanto con la norma canguro di Marcucci: nelle prossime ore si dovrebbe risedersi ad un tavolo per discutere dell’accordo, altrimenti il canguro avverrà con conseguenze politiche di rottura totale del Parlamento. In tutto questo  il premier Renzi ancora tace.