È davvero significativo che a dare un’indicazione altamente politica sul futuro dell’Unione europea non sia stato un premier di Stato membro, un leader del  Pse o dei Popolari europei: la proposta l’ha fatta il Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi. Il Presidente della Bce ha proposto di istituire un nuovo potere, il più importante per una qualsiasi istituzione politica nazionale o sovranazionale, ovvero quello di affidare le politiche del tesoro dell’Eurozona a un ministro concordato tra i Paesi facenti parte della stessa area. Si ripartirebbe pertanto dalla cessione di sovranità sul tesoro solo da parte dei 19 Paesi, zoccolo duro dell’Unione, recuperando così l’errore commesso anni fa, con il velleitario allargamento dell’Unione a 28 Stati. Fu infatti una fuga in avanti che bloccò nei fatti l’evoluzione politica continentale con la cristallizzazione delle incompletezze preesistenti.



Draghi, dunque, offre una ricetta alta e seria per affrontare la tempesta che si profila sulle sorti d’Europa, a causa di tanti nodi non sciolti che determinano condizioni di svantaggio per il Vecchio continente di fronte a nuovi e meno recenti competitori, sempre più in cerca di spazi regolarmente lasciati incustoditi dagli europei. Una ricetta alta per mettere mano con più risolutezza e unità di azione a quei nodi rappresentati dalle persistenti, prolungate e precarie condizioni economiche; dall’instabilità delle aree mediorientali e del Nord-Africa; dalla difficoltà europea a progredire come entità politica.



Decidere di darsi una sola entità  di bilancio significa mettere mano al fisco e a politiche monetarie per rafforzare l’euro attraverso la conseguente Unione bancaria. Un balzo in avanti significativo per l’Europa politica che ci proietterebbe finalmente verso quelle dimensioni continentali unitarie, necessarie per contare nella politica mondiale, per progettare grandi opere per la sicurezza e per governare i futuri tempi di grandi esodi di massa soprattutto dall’Africa. In modo da ritornare a essere una grande realtà economica e democratica.

Sulla proposta del governatore della Bce, Germania e Francia si sono dichiarati interessati e possibilisti, ma singolare è stata la freddezza avuta dal nostro Governo e dalla politica italiana. Proprio mentre il nostro Presidente del Consiglio a Ventotene ricordava Altiero Spinelli, uno dei più eminenti e amati europeisti  italiani, si è fatto intendere, da parte di fonti del suo governo, che avere una sola gestione della politica di tesoro limiterebbe la nostra autonomia; la perdita di potestà sulla libertà di spesa. Ma è proprio questo il punto! Abbiamo un debito storico costruito sugli sprechi e ingrossato da altri che si stanno assommando – ancora più sciatti e sfrontati del passato – e si rivendica flessibilità rispetto alle autorità europee? 



È davvero incomprensibile come si chieda continuamente flessibilità rispetto ai trattati, ovvero spazi di manovra non per programmare e realizzare grandi investimenti a sostegno delle produzioni industriali e dei servizi del terziario, ma per poter decidere elargizioni tout court. Tra l’intervento della Troika, inevitabile qualora il debito dovesse continuare a crescere, e una prospettiva concreta di un’Unione europea a tutto tondo – una grande democrazia e una grande entità economica continentale – non credo che ci sia molto da discutere. Gli europei hanno bisogno di nuovi grandi orizzonti che solo attraverso nuovi grandi obiettivi potranno essere ottenuti.