“La gita romana di Schulz arriva non a caso dopo il monito di Napolitano e Mattarella, che avevano invitato Renzi alla cautela e a evitare polemiche inutili. Con concessioni puramente di facciata e nessuna sostanza, la visita del presidente del Parlamento Ue serve di fatto per rabbonire un premier che grida ma non è capace di cambiare nulla”. Lo afferma Rino Formica, ex ministro del Lavoro e per due volte ministro delle Finanze. Ieri il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, si è incontrato a Roma con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e ha sottolineato che con Palazzo Chigi “c’è una sintonia praticamente su tutte le questioni internazionali”.



Che cosa cambia con questo incontro?

Schulz è venuto in Italia per compiere un’opera di pacificazione tra il governo italiano e l’Ue, e quindi con un valore più simbolico che effettivo: sono soltanto “brodini”. La gita romana di Schulz non sposta di una i la situazione generale.

Renzi ha detto: “Non chiediamo altra flessibilità”. Allora che cosa chiede?

Renzi cambia atteggiamento a seconda dell’interlocutore. Venerdì l’Istat ha pubblicato anche il dato sulla crescita nel quarto trimestre 2015, con un risultato inferiore rispetto a quello previsto dal governo. Su quelle previsioni Renzi aveva fatto il bilancio, e oramai sa che si trova sotto schiaffo. Il tutto con lo spread che sale, con le difficoltà di carattere internazionale, con la Borsa nelle condizioni che sappiamo, con il grande punto interrogativo sulle banche.

Perché la visita arriva proprio adesso?

La visita di Schulz arriva dopo il monito di Napolitano e Mattarella, che avevano invitato Renzi alla cautela e a evitare polemiche inutili. Lo stesso Schulz ha concesso all’Italia che effettivamente il problema dell’Europa è la crescita. E’ un po’ come dire che il problema di un assetato è l’acqua. E se l’acqua non c’è?

Lei vuole dire che il problema che pone Renzi non esiste?

No, ma il suo è un puro sfogo che non ottiene nulla.

La visita di Mattarella negli Usa riposiziona l’Italia anche in sede europea?

La visita di Mattarella è stata enfatizzata più dagli americani che dall’Italia. Nella situazione di incertezza generale in cui si trovano i governi europei, Washington voleva fare vedere che il legame con l’Italia è solido. In questo modo si è svuotato di valore l’incontro tra Obama e Renzi che si terrà in marzo. Obama ha infatti discusso tutti i problemi all’ordine del giorno insieme a Mattarella.

Quali problemi in particolare?

L’interesse degli Stati Uniti è quello di portare il loro messaggio diretto al livello più stabile e responsabile della politica italiana, cioè al presidente della Repubblica. Per la Casa Bianca è importante che si capisca che un eventuale intervento in Libia sarebbe diretto dall’Italia, e che gli Usa non ci metterebbero un solo soldato.

 

Veniamo alla politica interna. Come uscirà Renzi dalla prova di forza sulle unioni civili?

Difficile dirlo, ma il dato di fatto è che quella di Renzi è una posizione di debolezza. Il premier non sa ancora come andrà a finire. A essere in bilico è soprattutto il rapporto tra la maggioranza che sostiene il ddl Cirinnà, composta da Pd, M5s e Sel, e l’attuale maggioranza di governo. Il Pd potrebbe presentare un emendamento-lenzuolo, che sostituisce completamente la legge facendo cadere tutti quanti gli altri. Però ne conseguirebbe un voto di fiducia. Se questo atto di fiducia passa con il voto di Sel e M5s, c’è nei fatti un cambiamento della maggioranza che sostiene il governo.

 

Lei che cosa ne pensa della polemica sulle parole del cardinal Bagnasco?

La posizione assunta dal cardinal Bagnasco era più per forzare la mano e per fare uscire Renzi da una posizione di ambiguità.

 

Perché la Cei vuole che Renzi si schieri?

Perché conosce il suo pollo, cioè l’ambiguità del presidente del Consiglio. Un atto di infedeltà di Renzi sarebbe sempre propedeutico a successivi atti di infedeltà. Le grandi istituzioni, se danno fiducia a qualcuno, lo fanno per un lungo periodo e non a ore. Renzi però è un alleato a ore, un precario della lealtà, ma per una grande istituzione come la Chiesa questo non può andare bene.

 

(Pietro Vernizzi)